Psoriasi, malattia multifattoriale. Concorrono sia fattori genetici che ambientali

A cura del prof. Fabio Ayala, Direttore della Clinica Dermatologica dell’Università Federico II di Napoli

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Napoli, 27 dicembre 2017 – La psoriasi è una delle più comuni malattie cutanee, che riveste anche carattere sociale, poiché colpisce in media il 3% circa della popolazione mondiale. In Italia si stima che gli psoriasici siano circa 2 milioni e 400 mila, di cui 400mila affetti da una forma moderata-grave, spesso invalidante. È una malattia multifattoriale, in cui concorrono sia fattori genetici sia ambientali.

Fattori di rischio associati ad essa sono fumo, dieta squilibrata (si potrebbe quasi dire non-mediterranea), alcuni farmaci, l’essere sovrappeso o obeso, grandi eventi stressanti. La forma più comune (80% dei casi) è quella “a placche”, nella quale la malattia si manifesta sulla pelle con macchie rosse di varie dimensioni, quasi sempre ricoperte da squame. Soprattutto nelle forme estese, è una condizione che altera profondamente la qualità della vita.

Si ipotizza che lo stato infiammatorio cronico che caratterizza la psoriasi rappresenti l’anello di congiunzione tra quest’ultima e le altre comorbilità ad essa associate, come obesità, diabete, aumento dei lipidi nel sangue e malattie cardiovascolari.

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Prof. Fabio Ayala

In particolare, l’infiammazione cutanea (e anche alcune delle comorbilità associate), è stata ricondotta ad aumentati livelli, nella pelle, del cosiddetto TNFα (Tumor Necrosis Factor alfa o Fattore di Necrosi Tumorale alfa) e di alcune interleuchine (IL), come IL17 e IL23, che giocano un ruolo determinante nell’induzione e nel mantenimento dello stato infiammatorio cronico, contribuendo da un lato allo sviluppo delle placche cutanee e dell’artrite psoriasica specifica (che può comparire in un caso su 5), dall’altro alla partecipazione al processo di aterosclerosi, di alterato metabolismo dell’insulina e dell’eventuale ipertensione arteriosa.

Si tratta, quindi, di pazienti che vanno seguiti con attenzione, allo scopo di prevenire e trattare nel modo migliore ed attuale le eventuali associazioni con altre malattie che possono presentarsi, dopo l’inizio della forma cutanea, nel corso degli anni. Non è raro, d’altra parte, che alcune delle altre condizioni morbose siano già presenti quando ha inizio la psoriasi.

Da più di 10 anni, accanto ai trattamenti tradizionali locali e generali della psoriasi, sono stati introdotti nuovi farmaci bio(tecno)logici, primi fra tutti i farmaci diretti contro la suddetta molecola TNFα, responsabile di gran parte della patogenesi della malattia.

Data la complessità dei fenomeni infiammatori alla base delle manifestazioni cutanee, articolari e delle condizioni associate, la ricerca non si è fermata, anzi è particolarmente vivace e tenta di individuare nuovi bersagli da colpire, scelti fra le varie molecole responsabili della malattia.

Sono perciò stati introdotti di recente in Italia, ed è imminente una nuova immissione in commercio, di farmaci diretti non contro il fattore TNFα ma contro l’IL17. In genere, questi farmaci sono iniettati, ciascuno con frequenza differente, per via sottocutanea.

Ma sono molto attesi anche i risultati, nella pratica clinica, di farmaci assunti per via orale, fra i quali quelli denominati “small molecule”, che agiscono con meccanismo diverso dai precedenti, sempre tuttavia avendo come bersaglio uno dei punti cruciali della genesi della malattia.

Vantaggio ulteriore delle nuove scoperte è quello di ridurre drasticamente il numero delle indagini di laboratorio da effettuare all’inizio della cura e durante il trattamento. Ciò consentirà di disporre di più armi non solo per attaccare sin dall’inizio la malattia diffusa ma anche per consentire diverse possibilità nei pazienti in cui altri trattamenti precedenti hanno fallito o determinato qualche effetto collaterale.

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