Mobilitazione contro la legge di bilancio 2017. Appello ai medici e dirigenti sanitari

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“Il cuore della sanità pubblica sono i suoi professionisti, e i Medici in particolare, tra i quali i giovani rappresentano una ricchezza da valorizzare prima che invecchino o scappino, un capitale umano insostituibile che il Governo espelle dalle politiche di bilancio, se non come camici nelle cui tasche affondare le mani”

mediciRoma, 3 novembre 2016 – Le 10 sigle sindacali (ANAAO ASSOMED – CIMO – AAROI-EMAC – FP CGIL MEDICI E DIRIGENTI SANITARI – FVM – FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR) – CISL MEDICI – FESMED – ANPO-ASCOTI-FIALS MEDICI– UIL FPL MEDICI) chiamano a raccolta i medici, i veterinari e i dirigenti sanitari del SSN per un contratto che garantisca la qualità dei servizi ai cittadini e per l’occupazione. Sit-in a Roma il 17 novembre e Assemblea Day in tutti gli ospedali venerdì 18 novembre.

Il testo dell’appello

Cari Colleghi,
siamo stati facili profeti a paventare il rischio che i grandi assenti dalla legge di bilancio 2017 fossero i Medici, i Veterinari, i Dirigenti sanitari dipendenti del SSN, ed il loro lavoro.

Lo scampato pericolo di ulteriori tagli, o mancati incrementi, sul fronte del finanziamento di parte corrente del SSN per il 2017, è certo un dato positivo. Il FSN a 113 miliardi, ancora al di sotto della media UE ed all’ultimo posto tra i paesi del G7, appare coerente con il finanziamento dei nuovi LEA e dei farmaci innovativi. Ma non con il necessario ricambio generazionale, lo sviluppo delle risorse umane, la valorizzazione del personale.

L’entità delle risorse messe a disposizione del CCNL per il triennio 2016-2018 rimane, a dispetto delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, ancora simbolica, incapace di arrestare l’impoverimento e la dilagante demotivazione professionale e migliorare condizioni di lavoro incompatibili con livelli retributivi inchiodati al 2010. Ma non peggiorate abbastanza da concederci di anticipare il pensionamento, a differenza di infermiere ed ostetriche che condividono il nostro lavoro negli stessi spazi fisici e con le stesse modalità organizzative.

Per quanto riusciamo oggi a capire, l’incremento medio mensile rimarrebbe al di sotto dei mitici 80 euro, a regime nel 2018. Non sappiamo cosa Governo e Regioni chiederanno in cambio in termini di orario di lavoro, flessibilità organizzativa, relazioni sindacali. Né come sia possibile valorizzare il merito ed incentivare la produttività con tale cornucopia. In assenza, anche, di forme di finanziamento indiretto quali la defiscalizzazione della produttività, che si potrebbe finalizzare alla riduzione delle liste di attesa, o il welfare aziendale, come se le donne impiegate in sanità non avessero bisogno di asili nido o di babysitter per conciliare vita e lavoro.

Intanto, la demolizione dei contratti precedenti, operata ogni anno dalle leggi finanziarie, ha depauperato le risorse accessorie che nel 2016 sono inferiori a quelle pattuite nel 2010, mentre la indennità di esclusività di rapporto è ancora congelata ai valori del 1999. In anni di blocchi e tagli abbiamo pagato un alto prezzo al risanamento dei conti pubblici, in termini di valore assoluto e potere d’acquisto delle retribuzioni, e delle pensioni, di condizioni di lavoro, di riduzione e precarizzazione della occupazione.

Anche le assunzioni e/o stabilizzazioni di precari annunciate con grandi squilli di trombe appaiono incerte nei tempi e nelle procedure, dotate di stanziamenti esigui rispetto al numero degli aventi diritto ed alle necessità delle dotazioni organiche, anche per rispettare le direttive europee. Senza contare che i precari di lungo corso della ricerca sono addirittura dimenticati, sostituiti dai bonus.

Si allontanano, così, le condizioni e i tempi per una uscita reale da 7 anni di blocco contrattuale.

Il Governo finge di ignorare che se il SSN ancora regge, dopo avere perso 7.000 medici e dirigenti sanitari, è perché chi è rimasto in corsia e nei servizi continua a dar prova di grande abnegazione, senso del dovere e professionalità. Nonostante la scure dei tagli lineari sugli organici, sulle strutture semplici e complesse, sui fondi, sui posti letto. Nonostante ritmi e turni di lavoro insostenibili, mancato rispetto delle pause e dei riposi, milioni di ore lavorate non retribuite e non recuperabili, ferie non godute, innalzamento dell’età media dei medici al vertice mondiale, lavoro notturno oltre i 65 anni. Nonostante l’abuso di contratti atipici e la dilagante precarizzazione del lavoro, che privano di certezza di vita personale e professionale una intera generazione, dopo 11-12 anni di formazione. Un terreno di coltura per caporali pubblici e privati che alimenta la fuga dal Paese, sestuplicata negli ultimi 5 anni, un regalo ai vicini europei, visto il patrimonio, anche economico, investito.

Spiegheremo ai cittadini che i LEA non sono auto-erogabili, come se fossimo in un virtuale self service della sanità pubblica, separabili da abilità e competenze professionali che fanno la differenza tra la salute e la malattia e, non di rado, tra la vita e la morte e che il diritto alla cura non è scindibile dal diritto a curare in dignitose condizioni di lavoro e di esercizio professionale.

Il cuore della sanità pubblica sono i suoi professionisti, e i Medici in particolare, tra i quali i giovani rappresentano una ricchezza da valorizzare prima che invecchino o scappino, un capitale umano insostituibile che il Governo espelle dalle politiche di bilancio, se non come camici nelle cui tasche affondare le mani.

Cari Colleghi,
non possiamo subire una ulteriore proroga, di fatto, del blocco contrattuale e il prolungamento dello scippo dei fondi accessori, che servono a valorizzare le carriere e remunerare il disagio. Né rassegnarci al peggioramento dei livelli retributivi, rinunciando a reclamare un diverso valore, anche salariale, del nostro lavoro che riporti i medici, e non chi governa il sistema, a decidere sulle necessità del malato.

Abbiamo richiesto un confronto urgente con il Ministro della Salute e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, perché il problema è politico e il Governo deve farsene carico, come ha fatto per altri settori del pubblico impiego. Saranno convocate Assemblee in tutte le aziende sanitarie il 18 novembre, precedute da una Manifestazione nazionale a Roma a Piazza Montecitorio dalle 11.00 alle 13.00 il 17 novembre, senza escludere la possibilità di uno Sciopero nazionale entro la fine del mese.

Per legittima difesa.

Per un Contratto di lavoro che valorizzi la nostra attività ed il nostro ruolo a garanzia di servizi di qualità per i cittadini.

Per la fine della precarietà e nuova occupazione.

Per una civile e forte difesa delle nostre professioni, della loro autonomia e dei loro legittimi interessi.

Contro le fallimentari scelte politiche riguardanti il SSN ed i nostri destini professionali messe in atto dai Governi degli ultimi anni.

fonte: ufficio stampa

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