Migliora la diagnosi del carcinoma della prostata. I nuovi strumenti rivoluzionano l’approccio alle terapie

logo-istituto-di-cura-città-di-pavia    A Pavia esperti da tutto il mondo per sconfiggere il tumore della prostata

uomini-padre-figlioPavia, 8 febbraio 2016 – Dall’11 al 13 febbraio si riuniscono a Pavia, nella splendida cornice della Chiesa dei Santi Giacomo e Filippo, i maggiori esperti della diagnosi e della terapia del tumore della prostata provenienti da tutta Europa e dagli Stati Uniti. A fare gli onori di casa, il dott. Paolo Puppo, responsabile del Polo Urologico degli Istituti di Cura Città di Pavia e Beato Matteo di Vigevano, Gruppo Ospedaliero San Donato.

Al centro dell’attenzione degli specialisti, un cambiamento profondo nelle modalità con cui si diagnostica il tumore della prostata e i suoi effetti nel trattamento dei pazienti.

La diagnosi di questa neoplasia si basa sulla visita dello specialista con un’esplorazione rettale, ma soprattutto sui marcatori tumorali, in primo luogo il PSA, e sul successivo esame del tessuto prostatico. In assenza di sintomi sospetti spesso è il PSA l’unica spia di un tumore e un valore elevato, a giudizio del clinico, dovrebbe indurre ad eseguire una biopsia prostatica. Non esiste un valore “normale” del PSA, in quanto esso va interpretato dal medico tenendo conto dell’età del paziente, del volume della ghiandola, delle eventuali situazioni infiammatorie presenti e della storia clinica e familiare del paziente.

Ad oggi la diagnosi si effettua sempre attraverso la biopsia della prostata, una procedura ambulatoriale che si effettua per via rettale o perineale mediante un ago a scatto che preleva una piccola porzione di tessuto. Indipendentemente dal tipo di accesso, l’ago da biopsia viene posizionato con l’aiuto di una sonda ecografica trans rettale: purtroppo però il tumore ha all’ecografia lo stesso aspetto del tessuto sano. Per migliorare l’attendibilità dell’esame si tende dunque ad aumentare il numero di prelievi, sino agli attuali 18 o persino 24, per realizzare un “mappaggio” della prostata. L’immagine ecografica oggi in uso è tuttavia in due dimensioni e non consente all’urologo né di controllare la reale distribuzione all’interno della prostata dei suoi prelievi né di registrare il tragitto dell’ago – non vi è quindi la certezza di aver eseguito un mappaggio veramente efficace e di non aver tralasciato alcune aree.

“Abbiamo introdotto un nuovo procedimento di diagnosi, basato sulla Risonanza Magnetica e sulla biopsia in tre dimensioni – spiega il dott. Puppo – Siamo cioè finalmente in grado, di fondere in un’unica immagine a disposizione dell’operatore le informazioni che otteniamo dalla risonanza magnetica – che è in grado di identificare la differenza tra tessuto sano e tessuto tumorale – e quelle che otteniamo con un’ecografia tridimensionale. Il risultato è che l’urologo può studiare in anticipo il percorso della biopsia e dirigerla verso i tessuti sospetti evidenziati dalla risonanza. Nel caso di un mappaggio dell’intera prostata, può controllare il tragitto eseguito dall’ago e verificare di aver “colpito” tutte le zone della ghiandola e di non averne tralasciate alcune. Questa metodica ci consente di ottenere sia biopsie mirate e più attendibili, sia di evitare biopsie inutili a quei pazienti che non presentano tessuti sospetti alla risonanza e che possiamo tenere sotto osservazione clinica”.

La rivoluzione della biopsia prostatica stereotassica fusa con la risonanza magnetica comincia ad essere disponibile nei maggiori centri urologici ed è stata introdotta nelle strutture pavesi del Gruppo Ospedaliero San Donato, dove è disponibile tramite il Sistema Sanitario Nazionale.

“La possibilità di vedere il tumore della prostata, ossia di sapere con attendibile precisione il volume e la localizzazione della neoplasia – prosegue il dott. Puppo – consente finalmente di pianificare in casi selezionati una terapia focale, ossia che coinvolge solo il tumore e non tutta la ghiandola”.

Il tumore della prostata
Il tumore della prostata è la più frequente neoplasia dell’uomo, con un’incidenza del 12%, che sorpassa anche quella del tumore al polmone che arriva al 10%.  Il carcinoma prostatico è raro nei soggetti con meno di 40 anni, ma la sua incidenza aumenta progressivamente con l’età: è stato calcolato quindi che un uomo, nel corso della vita, presenta un rischio di sviluppare un tumore della prostata clinicamente evidente pari a circa il 15%. Il rischio risulta aumentato in quei soggetti che hanno una storia familiare in cui si riscontrano neoplasie prostatiche e nei fumatori.

Di seguito la brochure dell’evento: quality-control-in-prostate-cancer-diagnosis-and-focal-therapy

fonte: ufficio stampa

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