Malattia di Crohn perianale, risultati eccellenti dall’uso di staminali autologhe

Riccione, 2 dicembre 2022 – Gli ultimi progressi nella gestione chirurgica e medico-farmacologica della malattia di Crohn perianale sono al centro della quarta sessione del XIII Congresso nazionale dell’Italian Group For The Study Of Inflammatory Bowel Disease (IG-IBD), in corso fino a domani a Riccione.

La malattia di Crohn si caratterizza per la formazione di aree d’infiammazione lungo tutto il tratto digerente, dalla bocca all’ano, e non sono escluse possibili localizzazioni perianali e del tratto esofago-gastrico. Essendo una patologia cronica non si può guarire ma grazie alle terapie a disposizione, la malattia può andare incontro a una remissione prolungata.

Le stime più recenti parlano di 130mila persone affette in Italia. Di queste, il 25% manifesta anche la malattia perianale, vale a dire oltre 32mila. La maggior parte sono pazienti giovani, che vivono l’esordio dei sintomi fra i 20-30 anni, con conseguenze invalidanti sulla vita sociale, relazionale e lavorativa. Oggi si registrano dei passi in avanti sia nella chirurgia sia nel trattamento farmacologico, grazie all’uso dei biologici.

“La novità più recente per il trattamento della malattia perianale è rappresentata dall’uso delle cellule staminali autologhe ed eterologhe”, afferma il prof. Gilberto Poggioli, Direttore del Dipartimento Medico chirurgico delle malattie digestive, epatiche ed endocrino-metaboliche dell’IRCCS Sant’Orsola e ordinario dell’Università degli Studi “Alma Mater” di Bologna.

“Le autologhe, che vengono prelevate da tessuto adiposo dell’addome, poi frazionate e iniettate localmente dove ha origine la fistola, ci hanno dato risultati finora eccellenti, confermati da risonanza magnetica, su 90 pazienti e abbiamo già registrato un follow-up di quattro anni in cui le recidive sono limitate – prosegue Poggioli – Per quanto riguarda le eterologhe, invece, abbiamo usato un farmaco ad uso compassionevole (data la mancata autorizzazione) su un numero più ristretto di pazienti che avevano un pregresso di diversi interventi chirurgici non risolutivi. Gli outcome sono buoni in termini di efficacia perché le fistole sono state completamente chiuse nella maggior parte dei casi. Il farmaco appare promettente ma per ottenere un’evidenza tuttavia occorrerà aspettare”.

Al di là di queste ultimissime novità, in generale, negli ultimi due decenni, la chirurgia e la farmacologia hanno apportato dei cambiamenti radicali per la condizione di vita dei pazienti. “Oggi – osserva il prof. Poggioli – è possibile chiudere le fistole e sostenere la formazione di tessuto cicatriziale mentre in passato era possibile solo controllare lo stato dell’infezione. La chirurgia, in particolare nei pazienti che non manifestano malattia a livello del retto, risolve nel 90% delle fistole. Nella malattia del retto, invece, il rischio delle recidive è alto e nel 30-40% dei casi è necessario togliere il retto e procedere con una stomia”.

“La terapia farmacologica della malattia perianale ha l’obiettivo di determinare la chiusura delle fistole complesse dopo bonifica chirurgica della sepsi. Ad oggi, i farmaci che hanno dimostrato maggiore efficacia rimangono gli anti-TNF Alpha, in particolare l’infliximab”, osserva Sara Renna, medico gastroenterologo dell’unità operativa di malattie infiammatorie croniche dell’intestino dell’Az. Ospedaliera Villa Sofia-Cervello di Palermo.

Della necessità di trattare la malattia perianale attraverso un approccio multidisciplinare parla il prof. Paolo Gionchetti, Direttore della SSD Malattie infiammatorie croniche intestinali dell’IRCCS Sant’Orsola e associato di Medicina interna dell’Università degli Studi “Alma Mater” di Bologna.

“La malattia – commenta il prof. Gionchetti – va gestita in primo luogo dal medico gastroenterologo e dal chirurgo, che discutono delle strategie migliori, ma anche dal radiologo, capace di eseguire delle risonanze magnetiche pelviche. La malattia perianale può alterare in maniera significativa la qualità della vita dei pazienti. Possono essere interessati da questa complicanza fino al 25% dei pazienti che presentano dolore anale e spesso fanno fatica a stare seduti e a muoversi, creando grossi problemi ad avere una normale vita sociale e relazionale”.

“Come equipe – continua Gionchetti – seguiamo i pazienti in un ambulatorio congiunto medico-chirurgico. Il primo passo è quello di bonificare l’area perianale con intervento chirurgico che dreni l’infezione e determini l’assenza di infezione residua, successivamente si decide la strategia migliore, che nel caso di una malattia luminale spenta può consistere nel tentativo di riparazione chirurgica diretta (flap mucoso di avanzamento, uso di protesi biologiche etc.), nel caso ci sia malattia luminale attiva allora la scelta cadrà sulla terapia con farmaci biologici che possono controllare sia la malattia perianale che quella luminale. Se anche con i biologici non si ottiene la chiusura delle fistole, allora, si possono utilizzare tecniche innovative con l’impiego delle cellule staminali”.

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