L’Alzheimer esordisce decenni prima della comparsa dei primi sintomi cognitivi. Fondamentale la diagnosi precoce

Il punto con il prof. Paolo Calabresi, ordinario di Neurologia all’Università Cattolica e direttore dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia del Gemelli e Camillo Marra, direttore della Clinica della Memoria del Gemelli e Presidente Nazionale della SIN-DEM. La Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e l’Università Cattolica, campus di Roma insieme per la ricerca e la cura della grave malattia neurologica

Prof. Paolo Calabresi

Roma, 21 settembre 2021 – La malattia di Alzheimer rappresenta oltre il 50% delle demenze e i numeri che caratterizzano la malattia sono in continua crescita tanto da rappresentare una vera e propria pandemia per le persone sopra gli 80 anni, fascia di età in cui circa un terzo dei pazienti è affetto da Demenza. Per questa ragione, la richiesta di intervento sta diventando e diventerà sempre più pressante, anche per l’aumento dei costi sociali ed economici connessi alla malattia.

Il processo neuropatologico che conduce alla demenza di Alzheimer esordisce anche decenni prima della comparsa dei primi sintomi cognitivi. Ne deriva che solo la diagnosi precoce permette di attuare interventi preventivi che incidendo su aspetti legati allo stile di vita può rallentare e posticipare l’esordio dei sintomi.

Inoltre il 7 Giugno 2021, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il farmaco Aducanumab, un anticorpo monoclonale diretto contro la β-amiloide, per il trattamento della malattia di Alzheimer. Tale approvazione è stata attuata in via accelerata e sarà soggetta a uno studio di fase 4 allo scopo di valutare gli effetti del farmaco sulle funzioni cognitive che appaiono al momento ancora incerti. Anche in questo caso emerge che l’efficacia della terapia sull’amiloide è tanto maggiore quanto più precoce è l’intervento.

Prof. Camillo Marra

La pandemia da Covid-19 ha purtroppo ulteriormente dilatato i tempi diagnostici a causa delle difficoltà di accesso dei pazienti e della cautela da parte dei familiari a portare pazienti fragili in Ospedale.

La necessità di individuare pazienti a rischio di demenza in fase precoce attraverso metodi di indagine a distanza è diventata quindi una necessità anche prevista dal PNRR attraverso l’implementazione di tecniche di telemedicina e lo sviluppo di nuovi device nella diagnostica precoce della malattia.

In questa linea di interventi la neurologia della Fondazione Policlinico Agostino Gemelli IRCCS diretta dal prof. Paolo Calabresi e il dipartimento di neuroscienze dell’Università Cattolica del Sacro Cuore diretti dal prof. Claudio Grassi sono in prima linea nelle attività di supporto a queste ricerche. In particolare, la Fondazione è promotrice e coordinatrice presso la Clinica della memoria diretta dal professore Camillo Marra di uno studio di validazione sulla popolazione italiana delle versioni telefoniche di test di largo uso (MMSE e MOCA) da utilizzare come indagini di screening sulla popolazione e di un progetto di validazione di test a distanza effettuati con Device (UDS- Uniform Data Set).

Lo studio, che viene svolto sotto l’egida della SINdem (Società Italiana di Neurologia per le demenze), unisce 26 centri in Italia e arruolerà oltre 800 soggetti sani allo scopo di definire i criteri di normalità e permettere di identificare i soggetti a rischio già a domicilio e indirizzare solo i soggetti a rischio alle valutazioni successive.

L’Università Cattolica del Sacro Cuore è inoltre partecipe con il prof. Camillo Marra di uno studio Europeo inserito nell’infrastruttura scientifica dello Human Brain Project. AI-MIND, questo è il nome del progetto, prevede di sviluppare nuovi sistemi per la diagnosi precoce di demenza attraverso un sistema di intelligenza artificiale applicato a test cognitivi computerizzati, EEG di connettività e studio plasmatico della fosfotau 217 (proteina implicata nei meccanismi patogenetici della Malattia di Alzheimer). Tale studio si propone di identificare il rischio di sviluppare disturbi cognitivi nei soggetti ancora in fase preclinica.

La diagnostica precoce delle demenze rimane al momento il primo step per la pianificazione di interventi potenzialmente efficaci e la comunità scientifica internazionale indirizzerà gran parte dei propri sforzi in questa direzione. La nostra Università e la Fondazione svolgono in questo momento un ruolo leader in queste ricerche, pianificando e attuando gli studi che potranno venire incontro nel prossimo futuro alle necessità assistenziali esistenti ed emergenti di questi pazienti.

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