Ipofisi, le neoplasie di questa ghiandola sono il 10% di tutti i tumori intracranici

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Milano, 9 luglio 2018 – Migliorare la cura dei pazienti passa anche attraverso l’adozione di criteri condivisi per i centri che si occupano del trattamento, così la Pituitary Society ha deciso di identificare le caratteristiche dei centri di eccellenza per i tumori ipofisari.

Lo ha fatto dedicando al compito un gruppo di lavoro composto da 10 esperti coordinati dal prof. Andrea Giustina Ordinario di Endocrinologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e Felipe Casanueva Professore di Endocrinologia a Santiago de Compostela che hanno elaborato un documento poi discusso e approvato dal Board esecutivo, presentato nel 2017 al congresso di Orlando della società scientifica.

Una guida che ha l’obiettivo di rappresentare una “cassetta degli attrezzi” per tutti coloro che si occupano di tumori dell’ipofisi, neoplasie più frequenti di quanto precedentemente rilevato.

L’ipofisi, anche chiamata ghiandola pituitaria, è situata alla base del cranio. Pur avendo le dimensioni di una nocciolina il suo ruolo è determinante, in quanto collegata direttamente con l’ipotalamo che comanda la produzione di numerosi e importanti ormoni.

I tumori ipofisari sono il 10% di tutte le neoplasia intracraniche con una incidenza di circa 30 casi ogni 100mila persone. Interessa tutte le età con un picco nella fascia tra i 30 e i 60 anni e la loro insorgenza è legata a doppio filo con alcune malattie come acromegalia, sindrome di Cushing, Carney Complex e sindrome di McCune-Albright. Negli ultimi anni si è riscontrato un loro aumento che ha reso necessario un approccio più organico è strutturato alla diagnosi e al trattamento,con l’esigenza di prevedere team composti da endocrinologi, neurochirurghi esperti, neuroradiologi, neuropatologi e radioterapisti. Un gruppo di lavoro che possa incrementare le diagnosi precoci e la definizione del piano di trattamento più adatto tra farmaci, chirurgia o radioterapia.

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Prof. Andrea Giustina

L’approccio chirurgico ha lo scopo di rimuovere la massa tumorale tentando di preservare il tessuto ipofisario e le strutture adiacenti, eliminare l’ipersecrezione ormonale e i suoi effetti, prevenire le recidive e riconoscere eventuali complicanze come l’ipopituitarismo grazie a controlli a lungo termine.

In Italia vi è una importante tradizione nella cura delle malattie ipofisarie ed il nostro Paese è all’avanguardia sia sul piano scientifico che clinico in questo campo. Negli ultimi anni abbiamo anche impostato programmi di collaborazione inter ateneo per la diagnostica e la terapia degli adenomi ipofisari tesi a superare il nostro annoso limite di scarsa comunicazione e sinergia tra i centri specialistici.

Ma quali sono le caratteristiche che definiranno i centri di eccellenza? “Ad esempio la promozione degli studi e la condivisione delle ricerche, formazione quindi ma anche educazione dei pazienti e dei cittadini” prosegue il Presidente Giustina.

“Occorre sviluppare una specializzazione Specifica in chirurgia dell’ipofisi, con neurochirurghi esperti in microchirurgia anche per il trattamento di acromegalia, malattia di Cushing, adenomi TSH secernenti e prolattinomi. Nonostante definire gli obiettivi di questo tipo di chirurgia sia relativamente semplice, almeno sulla carta, definire i criteri di eccellenza individuale risulta più complesso: faranno la differenza le ore di pratica dedicate al trattamento delle malattie dell’ipofisi che per ragioni epidemiologiche sono in alcuni casi estremamente limitate: in assenza di un adeguato numero di procedure l’anno, Il rischio è una diminuzione della performance – afferma Giustina – Eppure numerose ricerche hanno evidenziato che i migliori risultati si hanno al crescere delle procedure eseguite, con una riduzione significativa del numero è della severità delle complicanze”.

La soglia di affidabilità per i chirurghi dell’ipofisi che è identificata, secondo vari studi pubblicati a livello internazionale, in più di 500 casi trattati durante la carriera con almeno 100 trattati ogni anno. I risultati ottenuti da questi chirurghi mostrano una elevata percentuale di successo con minime complicanze endocrinologiche. L’esperienza consente in una cura sicura ed efficace con costi estremamente contenuti per il sistema sanitario nazionale.

“Anche in Italia abbiamo la necessità di individuare centri specializzati per la cura dei tumori ipofisari (Cushing, Acromegalia) per dare le migliori cure ai pazienti e assicurare ottimizzazione delle risorse. Il fatto che si tratti di patologie relativamente frequenti o francamente rare non deve far abbassare la guardia, anzi proprio la scarsa frequenza pone il gap di un basso numero di interventi e quindi la necessità di formare super specialisti” sottolinea il prof Andrea Giustina, Presidente del CUEM in corso a Milano.

I parametri/criteri vanno definiti dagli specialisti e devono essere finalizzati a dare i migliori outcome clinici ai pazienti, un lavoro sinora svolto magistralmente dalla Pituitary Society. Ora con l’inizio del processo di accreditamento dei Centri di eccellenza da parte della Pituitary Society inizia una fase nuova che rivoluzionerà l’assistenza ai pazienti con malattie ipofisarie.

Finalmente un riconoscimento oggettivo basato su criteri ben definiti e accettati porrà l’Italia in una situazione felice grazie agli sforzi finora fatti per costituire centri in cui è possibile offrire ai pazienti team multidisciplinari, che prevedano l’azione coordinata di neuroradiologia, neuropatologia, radioterapia oncologica, neuro-oftalmologia, una attività scientifica continua e di rilievo e l’essere punto di riferimento per i centri endocrinologici non specializzati.

Il processo di accreditamento sarà inoltre uno stimolo per unire le forze e creare a livello mondiale ma anche nel nostro Paese importanti sinergie e reti assistenziali sempre più efficienti alle quali i pazienti con malattie ipofisarie potranno fare riferimento.

Non si deve inoltre dimenticare la terapia medica e la conoscenza dell’uso e della gestione di farmaci innovativi come pasireotide. Il pasireotide è un analogo della somatostatina, ormone naturale che inibisce il rilascio di ACTH. I recettori della somatostatina si trovano solitamente in concentrazioni elevate sulle cellule tumorali, compresi i tumori dell’ipofisi che causano l’acromegalia e la malattia di Cushing.

Analogamente alla somatostatina, il pasireotide si lega a tali recettori e blocca la secrezione eccessiva di ACTH (corticotropina). Poiché l’ACTH stimola la produzione di cortisolo, la sua riduzione contribuisce a diminuire i livelli di cortisolo nell’organismo, alleviando così i sintomi della malattia di Cushing.

Tumori dell’ipofisi
Gli adenomi ipofisari vengono classificati, in base alla dimensioni, in micro adenomi (diametro inferiore a 10 mm) e macro adenomi (diametro uguale o superiore a 10 mm) e in base al tipo di ormone prodotto, in adenomi che producono prolattina (prolattinomi, circa 4 adenomi su 10), adenomi che producono ormone della crescita (circa 2 su 10), adenomi che non producono alcun ormone (circa 3 su 10). Infine, i più rari producono corticotropina o ACTH, tireotropina o TSH e gonadotropine (meno di 1 su 10).

I carcinomi sono invece rarissimi e di difficile diagnosi. Gli adenomi ipofisari costituiscono il 10% di tutti i tumori intracranici. Hanno una prevalenza di circa 70-100 casi per 100.000 individui: si tratta quindi di patologie relativamente rare.

Recenti studi hanno inoltre dimostrato che nel 10% circa dei pazienti che si sottopongono a esami radiografici del cervello per altre ragioni si riscontra un piccolo adenoma ipofisario, il che fa supporre che la malattia sia molto più comune del previsto ma a crescita talmente lenta da non dare disturbi per un lunghissimo periodo di tempo.

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