Intervento ‘sartoriale’ con tecnica operatoria unica all’Istituto di Cura Città di Pavia

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Pavia, 28 novembre 2017 – Ha 57 anni la signora che ha beneficiato di un intervento unico, studiato ad hoc per lei ed eseguito per la prima volta all’Istituto di Cura Città di Pavia. È eccezionale la rarità della patologia di cui era affetta la paziente pavese che ha scoperto, grazie al sospetto sorto durante un’ecografia di controllo ai reni, di avere un aneurisma della vena porta di circa 6 centimetri, che coinvolgeva i tronchi venosi destro e sinistro della vena che arrivano al fegato, ovvero la vena mesenterica e quella splenica.

Questi due grossi vasi interessati dall’aneurisma sono quelli che raccolgono il sangue venoso che proviene dallo stomaco, dall’intestino, dalla milza e dal pancreas. Normalmente confluiscono in un unico tronco venoso, la vena porta, che penetra nel fegato e lo attraversa, dividendosi in una fitta rete di vasi più piccoli.

La vena porta ha quindi il compito di convogliare al fegato il sangue proveniente da tutto l’apparato digerente e con esso tutte le sostanze nutritive assorbite che devono essere metabolizzate dal fegato e messe a disposizione dell’intero organismo.

“Anche se la nostra paziente non presentava sintomi di malassorbimento, ma soltanto una lunga storia clinica di coliche addominali, il rischio di rottura accidentale di un aneurisma di quelle dimensioni la esponeva a una situazione potenzialmente gravissima. Lasciare in sede una malformazione simile è come portare addosso una sorta di ‘bomba ad orologeria’ che forse potrebbe non scoppiare ma che, se innescata, genererebbe un effetto a catena letale”, spiega il dottor Cesare Massa Saluzzo, che ha ideato ed effettuato l’intervento.

“Per ‘disinnescare’ l’aneurisma però, non avevamo a disposizione nessun ‘libretto d’istruzioni’: l’assoluta rarità della patologia, la sua sede così delicata, contigua al fegato e agli altri organi addominali, mi ha imposto di avviare un percorso condiviso di analisi, discussione, studio e revisione di questo caso, durato un paio di mesi, insieme ai chirurghi vascolari, ai chirurghi generali esperti in trapianti di fegato, epatologi clinici e radiologi interventisti; è stato elaborato un trattamento originale, ‘sartoriale’, senza alcun riscontro nella letteratura medica”, prosegue Saluzzo.

L’intervento, durato 6 ore, è stato eseguito da un team multidisciplinare che ha unito le competenze del dottor Cesare Massa Saluzzo, radiologo interventista, di Giuseppe Mazzotta e di Giovanni Bonalumi, chirurghi vascolari e del dottor Guido Bellinzona, anestesista, tutti operanti presso l’Istituto di Cura Città di Pavia. Sotto controllo ecografico e fluoroscopico si sono creati tre accessi percutanei – quindi senza una ferita chirurgica, ma con piccoli fori sulla cute – attraverso i quali lo specialista ha introdotto dei fili guida e dei ‘tubicini’.

Grazie alle tre vie di accesso, è stato possibile condurre in parallelo, all’interno dei vasi della paziente, due stent ricoperti di goretex. Il posizionamento delle due endoprotesi affiancate, durante il contestuale controllo angiografico, ha così permesso di ricostruire la naturale biforcazione della vena porta che si trova in un fegato sano, dimostrando l’esclusione dal circolo sanguigno della sacca dell’aneurisma.

Oggi, dopo un ricovero di 8 giorni e uno stretto monitoraggio, la circolazione segue la sua via naturale all’interno degli stent-graft e la paziente ha potuto riprendere le sue attività quotidiane.

Cesare Massa Saluzzo, radiologo interventista, Istituto di Cura Città di Pavia, che ha eseguito la procedura: “È stata una prova umanamente e professionalmente difficile. La nostra paziente ha perfettamente colto l’unicità della sua patologia e ci ha dato fiducia. Pensare fuori dagli schemi, mettendo insieme specialisti e discipline diverse, collaborando veramente, ci ha portato a questo importante risultato, che con riconoscenza condivido con tutti i colleghi”.

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