Infezioni sessualmente trasmesse: i primi riscontri post pandemia fanno temere un aumento dei contagi

Nel 2020 si è registrato un calo delle diagnosi delle infezioni sessualmente trasmesse (IST), in buona parte dovuto al minor numero di test. Ma la scarsa consapevolezza preoccupa. Sono inoltre diminuiti i vaccini contro il papilloma, mentre dagli USA emerge una crescente resistenza agli antibiotici del batterio della gonorrea. “Il limitato accesso ai servizi per le IST durante il Covid potrebbe riflettersi in un allentamento dell’attenzione alla prevenzione e, conseguentemente, in un aumento dei casi, che potremo però valutare adeguatamente solo nei prossimi anni” sottolinea Barbara Suligoi, responsabile Centro Operativo AIDS – ISS

Bergamo, 17 giugno 2022 – L’estate e i viaggi implicano un incremento delle relazioni tra individui, tanto più desiderate dopo due anni condizionati dalle restrizioni per la pandemia. Questo contesto può favorire rapporti sessuali occasionali, con il rischio di Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST): in primis l’HIV, ma anche le epatiti virali, il papilloma virus, le infezioni batteriche di clamidia, gonorrea, sifilide. La prevenzione resta fondamentale: eppure, proprio mentre la lotta all’HIV segna dei successi grazie alle nuove strategie terapeutiche, il quadro delle altre IST è composito e preoccupante. Questo uno degli spunti analizzati al Congresso ICAR di Bergamo.

Le anticipazioni dell’osservatorio dell’ISS

Il Notiziario con i dati aggiornati sulle IST verrà pubblicato online sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità nelle prossime settimane. Ciò che emerge dai dati più recenti oggi disponibili, è l’impatto del Covid nel 2020 sulle IST come avvenuto anche per l’HIV. “I dati dei sistemi di sorveglianza sentinella delle IST coordinati dal Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità indicano che, a fronte di un andamento in continuo aumento del numero di casi di IST osservato da oltre 10 anni, nel 2020 si è verificato un calo di casi rilevante, di circa un quarto rispetto all’anno precedente – spiega Barbara Suligoi, responsabile del Centro Operativo AIDS dell’ISS – Anche i test effettuati per le IST si sono ridotti di circa un terzo rispetto all’anno pre-Covid. Una conseguenza della riduzione forzata dell’attività in molti centri specialistici, della diminuita affluenza delle persone ai servizi di diagnosi e cura, e, forse, anche della ridotta esposizione a contatti sessuali a rischio. Quindi, meno visite, meno test e meno persone diagnosticate in tempo”.

“Nonostante questa riduzione nei numeri assoluti, tra i maschi che fanno sesso con maschi si è osservato un aumento del numero di diagnosi, in particolare di clamidia, gonorrea e sifilide – prosegue Suligoi – Il limitato accesso ai servizi per le IST durante il Covid, insieme ai benefici per l’HIV derivanti dallo U=U (chi ha livelli di HIV non rilevabili nel sangue non trasmette il virus) e dalla PrEP (profilassi pre-esposizione con antivirali) potrebbe riflettersi in un allentamento dell’attenzione alla prevenzione delle IST e, conseguentemente, in un aumento dei casi di IST, che potremo però valutare adeguatamente solo nei prossimi anni”.

Clamidia, gonorrea, sifilide: il quadro preoccupante tra alta trasmissibilità e aumento della resistenza nei farmaci

A preoccupare gli infettivologi da circa un decennio è il costante aumento delle IST come clamidia, gonorrea, sifilide. Diverse le cause: una migliorata sensibilità diagnostica, un’elevata trasmissibilità dei virus, la limitata prevenzione. “La clamidia ha un trend globale in aumento a cui l’Italia non fa eccezione – spiega Lucia Taramasso, infettivologa presso IRCCS Policlinico San Martino, Genova – Non è facile da diagnosticare, può essere asintomatica, ma può provocare gravi sequele, se non trattata. Fino al 30% delle donne con infezione da clamidia non trattata può sviluppare la malattia infiammatoria pelvica, che a sua volta può comportare problemi di fertilità o complicanze nella gravidanza. L’infezione si può manifestare con uretrite e cervicite, proctite, faringiti. Inoltre, la trasmissione dell’infezione dalla madre al bambino al momento del parto può comportare l’insorgenza di problemi oculari o polmoniti nel neonato. Esiste un trattamento antibiotico ampiamente disponibile”.

“L’infezione da gonococco è la seconda malattia sessualmente trasmessa nel mondo dopo la clamidia. ed i dati sono in aumento in diverse aree geografiche – prosegue la dott.ssa Taramasso – In Italia, dai 573 casi del 2013 si è passati agli 850 del 2017, 1.4 ogni 100mila abitanti. In Europa, nel 2018 sono stati riportati dall’ECDC 100.673 casi, quindi 26.4 ogni 100mila abitanti. Le conseguenze possono essere gravidanze ectopiche, infertilità, aumento di trasmissibilità di altre IST come l’HIV, uretriti, proctiti, faringiti. La preoccupazione principale però arriva dagli Stati Uniti e riguarda la crescente prevalenza di resistenza del batterio a diverse classi di terapie antibiotiche, con limitazione delle attuali opzioni terapeutiche efficaci”.

“La sifilide è l’infezione batterica sessualmente trasmessa più diffusa in Italia, con 1631 casi segnalati nel 2017, ossia 2.7 ogni 100mila abitanti, con un aumento del 35% rispetto al 2015 – aggiunge Taramasso – La sifilide ha varie fasi: una papula o un nodulo nella zona dove si è avuto il contatto, poi sintomi sistemici, fino a poter colpire, dopo alcuni anni, anche il sistema nervoso centrale. Esiste però un trattamento antibiotico efficace che consente di trattarla evitando le possibili conseguenze a lungo termine”.

I rischi dell’HPV e il calo delle vaccinazioni nel 2020

Il papilloma virus (HPV) è l’infezione a trasmissione sessuale più comune al mondo ma si può prevenire grazie a un vaccino particolarmente efficace, soprattutto se fatto in età preadolescenziale. Dal 2007 è in corso un programma di vaccinazione a livello mondiale, i cui effetti si notano già nel calo delle lesioni preneoplasie provocate dall’HPV nelle donne che hanno eseguito la vaccinazione prima dei 26 anni di età.

Tuttavia, preoccupa il calo dei vaccini in Italia nel 2020: come rilevato dal Ministero della Salute, la copertura vaccinale media per HPV nelle ragazze è al di sotto della soglia ottimale prevista dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (95% nel dodicesimo anno di vita); ancor più lontana quella dei ragazzi.

“Il vaccino contro il papilloma virus è fortemente raccomandato, soprattutto a 12-13 anni – spiega Nicola Squillace, infettivologo presso AO San Gerardo di Monza – Si tratta di un’infezione particolarmente contagiosa, per cui può bastare anche un rapporto intimo non completo. L’importanza della prevenzione si evince dalle possibili conseguenze: il papilloma è un virus oncogeno e, pur contribuendo solo al 5% dei tumori, vi sono associati il 99% dei tumori della cervice uterina, il 90% di quelli del canale anale, il 75% di quelli vaginali e di quelli vulvari, senza dimenticare la forte associazione del 70% dei tumori di testa e collo e il 60% di quelli del pene. In occasione del Congresso ICAR viene presentato uno studio dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro a cui ha collaborato anche il gruppo del San Gerardo di Monza sulla persistenza dei genotipi del virus a maggiore malignità sulle popolazioni più a rischio: è stata riscontrata una maggiore durata dell’infezione da HPV negli MSM e nelle donne con diversi pattern di fattori di rischio”.

La crescita del chemsex

Desta una crescente attenzione la diffusione anche in Italia del fenomeno del chemsex, l’uso di sostanze tossiche per incrementare la durata delle prestazioni sessuali, fino anche a 24 ore consecutive. Studi e dati precisi in Italia sono ancora pochi, anche per le difficoltà nell’individuare l’uso di sostanze proibite. “Il chemsex va indagato, anche perché chi lo pratica talvolta neppure ne è consapevole – commenta Squillace – È un mondo sommerso, più diffuso nelle grosse metropoli. Sicuramente disinibisce e altera la percezione del rischio, esponendo maggiormente alla probabilità di contrarre infezioni sessualmente trasmissibili”.

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