Infezione congenita da citomegalovirus, al via screening molecolare universale nei neonati

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Rimini, 11 novembre 2019 – In Italia su una popolazione di 450mila nati vivi vengono diagnosticati circa 3.000 casi di infezione congenita da CMV e di questi circa 3/400 viene alla luce con una sintomatologia evidente. Si tratta di sintomi clinici quali ad esempio microcefalia, ventricolomegalia, epatosplenomegalia, ittero e ritardo di crescita etc., tutti gravemente invalidanti la crescita e lo sviluppo psicomotorio del bambino.

Inoltre, la maggior parte di questi neonati vanno incontro allo sviluppo successivo delle sequele tardive quali la sordità, il ritardo mentale e difetti motori. Nei restanti casi, l’infezione da CMV alla nascita si presenta come infezione asintomatica ma nel tempo può progredire (8-15% dei casi) verso la comparsa delle sequele tardive.

In questo contesto diventa fondamentale riconoscere alla nascita i neonati congenitamente infetti, per sottoporli al protocollo e follow up diagnostico-assistenziale attraverso una serie di accertamenti clinici strumentali e laboratoristici per garantire in caso di necessità l’intervento terapeutico precoce.

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Dott. Pierangelo Clerici

Questo il tema discusso a Rimini durante il Congresso Nazionale dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani – AMCLI, nel corso del workshop tenutosi anche con la partecipazione della dott.ssa Agata Calvario, Virologa del Policlinico di Bari. Nel suo intervento la d.ssa Calvario ha esaminato i più recenti studi pubblicati in letteratura circa i costi-benefici relativi all’introduzione nell’attività clinica dello screening universale neonatale.

“I trial clinici eseguiti a livello mondiale hanno dimostrato che il trattamento, eseguito entro il primo mese di vita con farmaci specifici anti CMV, dell’infezione congenita sintomatica citomegalica con coinvolgimento del sistema nervoso centrale è associato ad un miglioramento della funzione uditiva ed una riduzione dei tassi di deficit di neurosviluppo” ha dichiarato Marcello Lanari, Pediatra e Professore di Pediatria dell’Università di Bologna.

“Oggi non avendo terapie preventive primarie, secondarie e terziarie per le donne gravide che vanno incontro ad una infezione da CMV durante la gestazione l’unica possibilità concreta che abbiamo a disposizione per identificare i neonati infetti è sottoporli ad uno screening neonatale universale. Lo screening può essere proposto raccogliendo alla nascita in campione di saliva e/o di urina. Questi campioni sono valutati con test molecolari, con performance elevate sia per quanto riguarda la sensibilità sia la specificità” ha dichiarato Tiziana Lazzarotto, Microbiologa dell’Università di Bologna e Membro del Direttivo AMCLI.
“Questo approccio di screening in Italia è ancora a livello di studio clinico mentre negli Stati Uniti in oltre 10 Stati è stato implementato e adottato con ottimi risultati” ha aggiunto Lanari.

“È importante l’approccio multidisciplinare (microbiologo, ostetrico, neonatologo e pediatra) nell’identificare e seguire questa grave patologia virale, partendo dalla donna in gravidanza al neonato al fine di assicurare l’appropriata cura dei piccoli pazienti infettati congenitamente da CMV” ha concluso Pierangelo Clerici, Presidente AMCLI e Direttore dell’Unità Operativa di Microbiologia dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Ovest milanese.

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