Ferite difficili: primi tre casi al mondo curati con tecnica italiana, risultati eccellenti

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Ulcere di diabete, venose e decubiti. Tecnica innovativa per la terapia delle “ferite difficili” usata per la prima volta al mondo negli Emirati Arabi con tecnologia italiana. Se non guariscono costano da 8 a 17 mila dollari l’anno

gruppo-medici-ospedaleDubai, 27 giugno 2016 – È italiana la tecnica che ha guarito i primi tre pazienti al mondo, trattati presso l’Ospedale Governativo Al Qasimi degli Emirati Arabi Uniti, da ferite inguaribili. Si tratta di ferite croniche che non progrediscono nelle fisiologiche fasi di guarigione e che necessitano di lunghi periodi di guarigione e nursing continuo per evitare le complicanze come infezioni e necrosi.

I primi tre pazienti trattati, che manifestavano un quadro clinico particolarmente complesso e critico in quanto affetti da cangrene alle estremità ed esiti di amputazione con complicazioni renali e vascolari, sono stati trattati con una innovativa tecnica, messa a punto da Bioscience Institute, multinazionale italiana che a Dubai ha una delle sue cell factory.

I chirurgi dell’Ospedale Al Qasimi hanno prelevato circa 20 ml di grasso dall’addome dei pazienti per poi inviarlo ai laboratori di Bioscience dove si è provveduto ad estrarre, isolare ed espandere le cellule staminali presenti nel tessuto stesso. La coltura, dopo 14 giorni, ha prodotto circa 100 milioni di cellule staminali mesenchimali del tessuto adiposo che sono state utilizzate sullo stesso paziente da cui è stato prelevato il grasso. Le cellule staminali sono state iniettate direttamente nel letto della ferita e anche poste a copertura della stessa mediante uno scaffold (supporto) di collagene.

Risultati evidenti sono stati visti già nelle prime 48 ore successive alla medicazione, mentre nei giorni successivi si è assistito ad una rapidissima progressione di guarigione che evidenziava l’efficacia della cura.

L’innovazione della cura è rappresentata dalla decisa spinta alla guarigione della ferita che viene apportata dalle cellule staminali e che, invece, non si ottiene con le medicazioni tradizionali che si limitano a mantenere i tessuti in condizioni sterili affinché i naturali processi fisiologici di guarigione non siano ostacolati da infezioni o tessuto necrotico. Le medicazioni tradizionali esprimono grandi limiti quando il quadro clinico del paziente è compromesso da insufficienze funzionali (renale, vascolare, ecc.) tant’è che, non riuscendo a indurre a guarigione la ferita entro un tempo ragionevole, producono una conseguenza devastante che è la cronicizzazione.

Come ha dichiarato il dott. Saqr Al Mulla, primario di Chirurgia Plastica e deputy CEO dell’Al Qasimi Hospital: “L’ospedale ha impiegato più di un anno per ottenere l’approvazione da parte del comitato etico del Ministry of Health degli Emirati Arabi Uniti e questo studio rappresenta un precedente mondiale nel settore della cura delle ferite difficili che sono un processo complesso che coinvolge l’interazione tra cellule, citochine e matrice extracellulare”.

Sono ulcere diabetiche, venose e reumatiche, ferite da ustione, piaghe da decubito, le ‘ferite difficili’ di cui si parla poco nonostante che interessano almeno l’1% della popolazione italiana e mondiale.

Quando la pelle sana subisce una ferita, le proteine e i fattori di crescita presenti in essa, si attivano nel processo di riparazione e provvedono alla rigenerazione di nuova pelle. Ma in presenza di alcune patologie, alcune molto comuni come il diabete o le malattie circolatorie, la pelle perde le sostanze biologiche necessarie a questo processo con il risultato di una mancata guarigione.

Nei soggetti con diabete le ulcere del piede sono responsabili dell’87% delle amputazioni non traumatiche e la mortalità a 3 anni è drammaticamente alta, essendo stimata in una percentuale variabile tra il 20 e il 50%. Inoltre le ulcere diabetiche rappresentano un elevatissimo costo per il sistema sanitario vista la necessità di cure continue e complicazioni.

Il costo annuo di un’ulcera è circa 8.000 dollari che diventano 17mila se la ferita si infetta e arriva a 45mila se diventa necessaria l’amputazione per salvare la vita del paziente. Ma le ferite difficili sono un problema che interessa anche pazienti con malattie cardiache e disturbi del circolo sanguigno, ma anche malattie autoimmuni, intossicazioni croniche, leucemie e malattie mieloproliferative.

Oltre alla nuova tecnica resa possibile dall’innovazione fornita dai laboratori Bioscience Institute, i pazienti possono crioconservare le proprie cellule staminali del tessuto adiposo per un uso futuro. Si è visto, infatti, che il trattamento tempestivo, entro 12 settimane dallo sviluppo delle ulcere, riduce il rischio di una evoluzione sfavorevole della malattia, la cronicità e soprattutto che le complicazioni che portano all’amputazione. In molti studi le staminali derivate da tessuto adiposo (ADSC) hanno mostrato la capacità di guarire le ferite più velocemente ed efficacemente dei trattamenti di routine oltre ad essere efficaci in tutti i casi di ferite resistenti alle terapie standard.

Le attuali terapie cellulari basate sull’utilizzo delle cellule cutanee (cheratinociti e fibroblasti) non sortiscono risultati significativi per la mancanza di matrici extracellulari a livello dei tessuti della ferita, mentre le cellule del tessuto adiposo posseggono proprietà come la capacità di ricostruire la matrice extracellulare che rappresenta il supporto (scaffold) attorno al quale le altre cellule si organizzano, oltre ad un ruolo nel rilasciare cellule vitali nella ferita, proteine e collagene che hanno un ruolo fondamentale nella guarigione.

fonte: ufficio stampa

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