Emicrania, anticorpi monoclonali e terapie in evoluzione

A cura del prof. Gioacchino Tedeschi, Direttore della Clinica Neurologica, Università della Campania Luigi Vanvitelli

Nuove metodologie diagnostiche

Per introdurre il tema dell’utilizzo di metodiche che vadano a valutare le concentrazioni di CGRP nel liquido lacrimale è necessario sottolineare che la misurazione accurata del CGRP nel sangue periferico è difficile a causa del suo brevissimo tempo di emivita, degradazione e effetti di diluizione dopo il rilascio. Per tale motivo i colleghi tedeschi (Kamm K, Straube A, Ruscheweyh R – Cephalalgia 2019) hanno investigato i valori di concentrazione di CGRP nel liquido lacrimale di pazienti con emicrania rispetto ai controlli non emicranici. Ciò che è stato dimostrato è che i livelli di CGRP nel liquido lacrimale sono stati 140 volte superiori alle concentrazioni plasmatiche.

Le concentrazioni di CGRP del fluido lacrimale nel periodo interictale sono:

  • più elevate nei pazienti con emicrania rispetto ai controlli;
  • non c’era differenza tra i pazienti di emicrania episodica e di emicrania cronica;
  • i livelli di CGRP non correlavano alla frequenza dell’emicrania;
  • il trattamento era capace di ridurre i livelli di CGRP;
  • pazienti con emicrania non trattata avevano livelli di CGRP più elevati;
  • tali differenze identificabili nel liquido lacrimale non erano evidenziabili a livello plasmatico;

Si tratta ovviamente di un metodo esplorativo non invasivo che potrebbe fornire una misura più diretta del rilascio del trigemino CGRP a causa della sua vicinanza “spaziale” al nervo trigemino.

Tale tecnica è stata utilizzata recentemente sempre da un gruppo tedesco (gruppo di Uwe Reuter) per valutare le concentrazioni di CGRP nel plasma e nel liquido lacrimale in donne con emicrania episodica (EM) con ciclo mestruale regolare (RMC); con contraccezione orale combinata (COC) o in post-menopausa. Per il controllo, sono stati selezionati tre gruppi corrispondenti di partecipanti di sesso femminile senza EM (per un totale di 180 partecipanti).

Le pazienti con ciclo mestruale sono state valutate durante i primi giorni di mestruazione e nel periodo periovulatorio; quelle con COC sono state esaminate nei giorni corrispettivi (quando assumevano e quando non assumevano ormoni); quelle in postmenopausa sono stati valutate in un momento casuale. Campioni di plasma e di liquido lacrimale sono stati raccolti ad ogni visita per la determinazione dei livelli di CGRP.

  • Le donne con RMC hanno mostrato concentrazioni di CGRP significativamente più alte nel plasma e nel liquido lacrimale durante le mestruazioni rispetto ai controlli.
  • Al contrario, le pazienti in COC e quelle in postmenopausa avevano livelli simili di CGRP ai gruppi di controllo.
  • Nelle pazienti con RMC, le concentrazioni di CGRP nel liquido lacrimale (ma non plasma) durante le mestruazioni erano superiori rispetto alle donne con emicrania e COC.

Questo studio sottolinea come diversi profili di ormoni sessuali possono influenzare le concentrazioni di CGRP nelle pazienti con emicrania (con capacità attuale o passata di mestruazioni).

Nuove terapie: monoclonali e non solo

Prof. Gioacchino Tedeschi

Non mi soffermo oltre sul meccanismo di azione degli anticorpi monoclonali diretti contro l’attore protagonista del dolore emicranico – il CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina) – come ligando (fremanezumab, galcanezumab e in arrivo eptinezumba ad uso endovenoso) o contro il suo recettore (erenumab), né sulla loro elevata efficacia (tali da indurre una riduzione di almeno la metà del numero di giorni con emicrania al mese in circa il 70% dei pazienti), tollerabilità e sicurezza.

Vorrei allacciarmi al discorso di come gli ormoni sessuali influenzino in maniera significativa l’emicrania e come questo tema abbia delle ripercussioni anche terapeutiche, in particolare per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali.

L’emicrania mostra una prevalenza significativamente maggiore nelle donne (3 donne per ogni uomo affetto), soprattutto durante l’età riproduttiva quando le fluttuazioni ormonali legate alle mestruazioni rappresentano il trigger più comune per emicrania. Infatti, oltre il 50% delle pazienti riferisce una maggiore evenienza di attacchi di emicrania durante la finestra perimestruale (-3 +2 rispetto al primo giorno di mestruo).

Gli attacchi di emicrania mestruale sono costantemente indicati come più invalidanti, meno reattivi ai trattamenti sintomatici, più duraturi e più inclini alla ricaduta rispetto agli attacchi di emicrania non mestruale. L’evidenza suggerisce fortemente che le fluttuazioni degli estrogeni sono coinvolti nel peggioramento degli attacchi di emicrania durante la finestra perimestruale attraverso diversi meccanismi che coinvolgono, direttamente o indirettamente, il pathway del CGRP.

Nel nostro studio (Pain and Therapy, 2021) abbiamo mirato a valutare se mAbs-CGRP bloccando il ligando (galcanezumab e fremanezumab) o il recettore del CGRP (erenumab) (CGRP-mAbs) rappresentino un trattamento preventivo efficace e sicuro per gli attacchi di emicrania mestruale in pazienti con emicrania correlata al ciclo mestruale (MRM) con precedenti fallimenti dei trattamenti preventivi.

A tale scopo abbiamo arruolato 40 pazienti con MRM con almeno tre precedenti fallimenti dei trattamenti preventivi (in accordo alle indicazioni dell’AIFA) ai quali è stato somministrato un trattamento con CGRP-mAbs. Al basale edopo 6 somministrazioni di CGRP-mAbs, i pazienti sono stati sottoposti a estese valutazioni cliniche per indagare la frequenza, la durata, l’intensità e la risposta all’assunzione di pain-killers nel corso degli attacchi di emicrania che si verificano durante la finestra perimestruale.

Dopo sei somministrazioni di CGRP-mAbs (anticorpi abbiamo osservato una riduzione della frequenza dell’emicrania mestruale (da 5 a 2 giorni al mese), intensità del dolore (da 8/10 a 6/10), e durata attacchi (da 24 a 8 h) (tutte con p <0,001). Inoltre, un aumento significativo nella percentuale di risposta agli antidolorifici (pain-free a due ore) è stato osservato dal 42,5% al basale al 95% a 6 mesi (p <0,001).

Il nostro lavoro, pubblicato nel 2021 (con dati raccolti nei due anni precedenti) è tra le prime esperienze di real-life con mAbs-CGRP in generale ed il primo in assoluto sull’effetto dei mAbs-CGRP sugli attacchi di MRM, dimostra che CGRP-mAbs potrebbero rappresentare un strategia terapeutica preventiva sicura ed efficace in grado di ridurre il carico di disabilità correlata alla frequenza, durata, e intensità degli attacchi di MRM, e migliorare significativamente la risposta ai pain-killers. Questi risultati hanno il pregio di dimostrare ulteriormente, sebbene in maniera indiretta, la significativa influenza dei meccanismi ormonali sul CGRP e, di conseguenza, sulla fisiopatologia degli attacchi di emicrania correlati alle mestruazioni.

Prevenzione e fattori di rischio

Bisogna sottolineare che quando si parla di “emicrania” ci riferiamo ad una patologia multifattoriale che risente considerevolmente di fattori in grado di scatenare gli attacchi di cefalea, mediante il raggiungimento di una “soglia emicranica” che dipende strettamente dalla combinazione di una predisposizione geneticamente determinata sulla quale si innestano numerosi fattori ambientali.

Va innanzitutto sottolineato come i fattori scatenanti siano caratterizzati da una certa variabilità interindividuale, per cui un determinato evento può rappresentare un fattore scatenante per un paziente ma non per un altro, ma anche individuale, per cui, nello stesso paziente, un fattore scatenante può indurre lo sviluppo di un attacco di emicrania in un dato momento ma questo può non accadere un’altra occasione. Ciò può dipendere anche dalla possibilità che diversi fattori scatenanti si sommino tra loro agendo così in maniera sinergica.

Infatti è noto che maggiore è il numero dei possibili fattori scatenanti più è facile che si raggiunga la “soglia” capace di indurre lo scatenamento degli episodi emicranici da parte di un cervello predisposto a generare attacchi di emicrania. In altri termini, oggi si è propensi a riconoscere l’emicrania come una patologia da “carico allostatico” laddove l’emicrania (con il suo meccanismo di “malattia”- sickness behaviour) rappresenta un tentativo di ristoro energetico del cervello che consenta di ristabilire quella condizione di equilibrio psicofisico definita omeostasi, ma che può tuttavia diventare “maladattativo” se si attiva troppo spesso o troppo presto.

È essenziale che il paziente emicranico sia educato a studiare e analizzare la propria emicrania per riconoscere i suoi personali fattori scatenanti e adottare delle strategie di difesa personali. Questo significa che non è possibile immaginare una “ricetta” valida per tutti i pazienti emicranici ma soltanto una “ricetta” su misura per ciascun paziente emicranico.

Se questo concetto non viene assimilato dal paziente emicranico il rischio è che possa adottare uno stile di vita caratterizzato da condotte di evitamento tali da inficiare la qualità di vita come, se non di più, rispetto all’emicrania. Recentemente è stato formulato il concetto di “trigger tyranny” o “tirannia dei trigger” per descrivere come la vita del paziente emicranico possa essere frustante e consumarsi nel tentativo di evitare tutto ciò che può scatenare un attacco di emicrania per il timore di incorrere in un nuovo attacco.

Senza dubbio, una volta identificato un trigger in grado di indurre in modo affidabile e ripetuto un attacco di emicrania subito dopo la sua esposizione, si può prendere in considerazione l’elusione definitiva (ad esempio evitare di bere alcolici) ma va sempre considerato l’impatto di tale strategia sulla qualità di vita del paziente, intesa non come mera assenza di episodi emicranici ma nella sua possibilità complessiva di godimento della vita stessa.

È noto che i fattori scatenanti possono essere distinti in non-modificabili e modificabili. Fanno parte del primo gruppo le fluttuazioni ormonali che caratterizzano il ciclo mestruale, e i fattori climatici (vento umidità, caldo o freddo intensi) che non si possono evitare ma dai quali ci si può comunque difendere, alcuni contesti lavorativi o relazionali. Appartengono invece al secondo gruppo lo stress psicofisico, variazioni dei bioritmi del sonno e dei pasti (più o meno lunghi periodi di digiuno), determinati alimenti (glutammato, nitriti, tiramina, alcol) e ancora stimoli sensoriali intensi come luci e rumori forti o odori intensi.

La ricerca

La ricerca nel campo dell’emicrania è molto promettente e gli scenari sono ricchi sia se si valutino gli aspetti della fisiopatologia, sia gli aspetti clinici che terapeutici.

Al momento bisogna ancora capire, in maniera definitiva, quale sia il ruolo di strutture che sembravano essere fondamentali per la fisiopatologia emicranica, come l’ipotalamo e sicuramente studi sempre più raffinati di risonanza magnetica funzionale ci permetteranno di comprendere non solo il suo ruolo ma anche la sua correlazione con aspetti clinici dell’emicrania stessa (ad esempio i sintomi prodromici).

Dal punto di vista clinico, e questo punto è fondamentale per rendere sempre più omogenei i campioni che andremo a studiare per comprendere i meccanismi sottostanti la patologia emicranica, bisogna che il grande capitolo dell’emicrania vada compreso meglio nei diversi sottotipi o meglio sottofenotipi le cui caratteristiche cliniche e putativamente biologiche e molecolari possono dare ragione ad esempio della percentuale di pazienti che rispondono poco o per nulla a farmaci diretti contro il CGRP.

Infine, il campo delle terapie sembra in continua evoluzione, dopo la tossina botulinica, gli anticorpi monoclonali diretti contro il CGRP siamo in attesa che vengano resi utilizzabili i trattamenti con gepanti (le small molecules antagonisti del recettore del CGRP) che alcuni centri come il nostro hanno già utilizzato nel corso delle diverse sperimentazioni e utilizzano al momento per la terapia dell’attacco (ubrogepant per l’attacco – rimegepant e atogepant per l’attacco e per la prevenzioni).

Grande attesa anche per i farmaci diretti contro il recettore della serotonina 5HT-1F (i ditani) che sembrerebbero aprire la strada al trattamento specifico degli attacchi anche in quei pazienti che non possono assumere triptani per patologie cerebro-cardiovascolari (al momento a nostra disposizione solo il Lasmiditan).

Sono necessari ulteriori studi, soprattutto di real-life, che confermino gli ottimi risultati degli studi registrativi e che ci informino su quali pazienti risponderanno meglio ai vari trattamenti, se sarà possibile pensare ad un effetto terapeutico additivo tra i vari farmaci in senso di efficacia ma che si dimostrino allo stesso tempo tollerabili e sicuri.

Infine, e questo è un po’ il sogno di coloro che si occupano di emicrania, questi tre campi (ma ve ne sarebbero molti di più) potrebbero condurre in maniera convergente a risultati relativi all’identificazione di biomarkers da utilizzarsi anche nella pratica clinica, al fine di identificare determinati fenotipi clinici, sottesi da pattern molecolari o neurotrasmettitoriali identificabili anche mediante metodiche di neuroimaging avanzato da utilizzarsi anche nella pratica clinica.

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