Dolore post operatorio, importante la rete con i medici di base

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Roma, 10 dicembre 2015 – Si apre per oggi a Napoli, presso il Centro Congressi della Stazione Marittima, il XIV Congresso Nazionale dell’Area culturale del dolore SIAARTI e il XXV Convegno della Sicurezza in Anestesia. Sono centinaia gli anestesisti rianimatori provenienti da tutta Italia che si confronteranno nel capoluogo partenopeo sulle ultimissime novità che prevede il ricco programma scientifico sul quale interverranno oltre cento relatori.

Tanti gli argomenti all’ordine del giorno: dal dolore perioperatorio al dolore cronico non oncologico a quello in età pediatrica e a quello da cancro; dai nuovi farmaci e devices alle tecniche Invasive e mini Invasive; dalle cure palliative ai percorsi sicuri in medicina del dolore; dal risk management in Anestesia e Rianimazione agli aspetti etici e medicolegali. Si parlerà anche di vie aeree difficili e tracheotomia e infezioni in anestesia e rianimazione.

I lavori della prima giornata si concluderanno alle ore 18.30 con la cerimonia inaugurale che prevede la Lettura magistrale del prof. Sabatino Maione sul controllo del dolore neuropatico. I due convegni napoletani sono presieduti, oltre che dal presidente della SIAARTI, Antonio Corcione anche dai professori Gennaro Savoia e Giuseppe Vairo.

Il dolore post operatorio, anche dopo la legge 38 del 2010 che ne ha amplificato la tematica, è sempre più oggetto di studi e proposte innovative. Le realtà regionali sono ancora molto diverse ma l’obiettivo è ambizioso perché ora ci sono le “armi” giuste per combatterlo. È quanto emerge dall’intervista rilasciata oggi da Antonio Corcione presidente SIAARTI e direttore Anestesia e Rianimazione all’ospedale Monaldi di Napoli.

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Prof. Antonio Corcione

Professore, il titolo del suo intervento del prossimo Congresso Acd di Napoli è “Quid novi nel dolore postoperatorio”. Cosa c’è di nuovo?
“Molte novità sono legate ai nuovi farmaci che abbiamo a disposizione ma ricordo che è molto importante disegnare percorsi che rispettino le singole patologie e le realtà degli ospedali”.

Il dolore post operatorio è oggi oggetto di numerose dissertazioni e di proposte terapeutiche innovative rispetto al passato. Secondo lei ci sono nuovi scenari nel futuro per il trattamento del dolore?
“Il dolore post operatorio lo abbiamo sempre trattato, ma dopo la legge 38 del 2010 è nata una maggiore attenzione ed è questa la direzione da seguire per il futuro, coltivando una logica di estremo rispetto per il paziente affetto da dolore acuto e cronico e convergendo i propri sforzi nel tentativo di abolizione di quest’ultimo. È un progetto ambizioso ma abbiamo a disposizione le armi giuste e possiamo avvicinarci moltissimo a quest’obiettivo”.

Quanto è importante l’approvvigionamento degli antidolorifici da utilizzarsi a domicilio e la consegna diretta dei farmaci alla dimissione. Quali sono le realtà regionali a tal proposito?
“Le realtà regionali sono molto diverse. In Campania la consegna dei farmaci ai pazienti, per essere sempre sicuri del corretto trattamento del dolore, è molto diffusa. È importante restare in contatto con i pazienti per sapere se ci sono problemi e quindi se la terapia deve essere modificata. È fondamentale la creazione di una rete con i medici di medicina generale; allo stato attuale numerosi sono gli sforzi in tal senso, finalizzati al coinvolgimento del territorio e delle figure professionali di riferimento per garantire una continuità assistenziale anche al di fuori dell’ospedale nella gestione e nel trattamento del dolore acuto e cronico”.

Professore, in una recente intervista ha affermato che il dolore post operatorio non adeguatamente trattato può portare allo sviluppo di dolore cronico. In che misura avviene oggi questa trasformazione? Ci sono percentuali a tal riguardo e categorie di pazienti più a rischio?
“Le percentuali sono ancora abbastanza alte, e numerosi sono i fattori fisiopatologici responsabili della cronicizzazione del dolore acuto. Fondamentale in tal senso è l’individuazione dei pazienti e del tipo di chirurgia con determinanti a rischio di tale evoluzione”

Quanto gli anestesisti italiani sono aperti all’Europa?
“Gli anestesisti italiani collaborano molto con i colleghi europei e la legge 38 del 2010 è stata un importante fiore all’occhiello”.

fonte: ufficio stampa

 

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