Pubblicato su The Journal of Clinical Investigation uno studio italiano nato dalla collaborazione tra Istituto di tecnologie biomediche (Itb) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Nazionale di Genetica Molecolare di Milano (INGM), Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma
Roma, 20 febbraio 2020 – In alcuni tipi di distrofia, i muscoli sono soggetti ad un invecchiamento prematuro e patologico a causa di una alterazione della forma tridimensionale del DNA. Lo hanno mostrato i ricercatori del gruppo Chromatin and Nuclear Architecture, guidato dalla biologa Chiara Lanzuolo (Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche), in uno studio appena pubblicato con i primi nomi dei biologi Andrea Bianchi e Chiara Mozzetta e realizzato con il sostegno di Ministero della Salute, Fondazione Cariplo e AFM-France.
Studiando le cellule staminali muscolari, gli scienziati del team hanno infatti rilevato che nella distrofia l’accelerazione dell’invecchiamento muscolare è dovuto ad un “cambio d’identità” delle stesse cellule che normalmente provvedono al ricambio delle fibre danneggiate.
Ma quale ruolo ha la struttura tridimensionale del DNA? Lo chiarisce la stessa Lanzuolo: “Sappiamo che pur avendo il medesimo DNA, le cellule di uno stesso organismo presentano aspetto e funzioni diverse. Ciò avviene perché in una determinata cellula solo una piccola parte del DNA viene ‘letta’. La diversità di lettura delle informazioni è determinata sia dalla forma tridimensionale del DNA che dal suo orientamento nel nucleo, che dipendono a loro volta da fattori chiamati regolatori epigenetici”.
Durante il differenziamento delle cellule staminali, cioè quando queste acquisiscono le loro caratteristiche distintive trasformandosi in cellule specializzate, il DNA cambia progressivamente forma per permettere la lettura di alcuni suoi specifici segmenti.
Gli studiosi del gruppo della Lanzuolo, afferente alla linea di ricerca di Neuroscienze Sperimentali dell’IRCCS Santa Lucia, hanno dimostrato che, durante la distrofia, le cellule staminali muscolari anche se correttamente attivate, non riescono a generare un muscolo integro.
“Questo è dovuto a una forma tridimensionale del DNA alterata – spiega Lanzuolo – che porta a una lettura di segmenti sbagliati ed a una deviazione dal programma muscolare per andare incontro a destini errati e verso un invecchiamento prematuro. Questi difetti determinano un impoverimento della staminalità e quindi della capacità rigenerativa del muscolo. Una caratteristica descritta anche nell’invecchiamento fisiologico”.
Il lavoro dei ricercatori chiarisce quindi i meccanismi molecolari che sono all’origine della malattia, ma fornisce anche importanti informazioni per la comprensione del normale invecchiamento muscolare (sarcopenia) che spesso è associato alla fragilità senile.
Negli ultimi anni, gli scienziati hanno sviluppato un interesse per lo studio della forma del DNA per le potenzialità di terapie che possano cambiare la funzione del DNA senza modificarne la sequenza.
Lo studio eseguito dai ricercatori guidati da Chiara Lanzuolo potrebbe aprire il campo a possibili terapie che preservino la fibra muscolare mediante la protezione delle cellule staminali negli individui affetti da distrofia muscolare o invecchiamento muscolare patologico.