Diabete di tipo 1: topi guariti grazie a mix di terapia genica e cellule staminali

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Ricercatori del Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università Statale di Milano hanno ottenuto la remissione del diabete di tipo 1 in un modello murino utilizzando cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate. Il lavoro, svolto in collaborazione con il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School, pubblicato su Science Translational Medicine

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Milano, 16 novembre 2017 – I ricercatori del Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università di Milano, in collaborazione con il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School, sono riusciti a ottenere la remissione del diabete di tipo 1 in un modello murino tramite l’infusione di cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate per aumentare la sintesi di PD-L1, una proteina che gli autori hanno dimostrato essere carente nelle staminali ematopoietiche di soggetti affetti da diabete di tipo 1.

Le cellule somministrate hanno fermato la reazione autoimmune in modelli murini di diabete e in modelli ex vivo in cui sono state usate cellule umane.
I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale Science Translational Medicine, una delle più prestigiose in ambito di medicina sperimentale.

“Con la somministrazione di queste cellule il sistema immunitario viene rimodellato – afferma il prof. Paolo Fiorina, Professore Associato di Endocrinologia e Direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi – Lo studio mostra come le cellule staminali, trattate e successivamente iniettate nel topo, siano in grado di migrare nel pancreas, sito in cui sono contenute le isole pancreatiche che producono insulina. In tutti i topi trattati il diabete è stato completamente curato e un terzo di loro ha mantenuto la normoglicemia per una lunga durata. La proteina PD-L1 è stata ripristinata sia tramite terapia genica che usando un approccio farmacologico con molecole di piccole dimensioni”.

Già in studi precedenti si era tentato di utilizzare nuove strategie immunoterapeutiche per fermare l’attacco autoimmune alle cellule insulari e curare così i pazienti affetti da diabete di tipo 1: tuttavia, le terapie utilizzate finora non si sono dimostrate efficaci nel bloccare l’avanzamento della malattia.Il trapianto autologo di cellule del midollo osseo – vale a dire l’infusione di cellule staminali ematopoietiche provenienti dal paziente stesso per ricostituire il proprio sistema immunitario – è stata efficace per alcuni pazienti, ma non per tutti quelli trattati.“Le cellule ematopoietiche hanno effettivamente capacità immunoregolatorie ma sembra che nei topi e negli esseri umani affetti da diabete queste proprietà siano compromesse – continua il prof. Fiorina – Abbiamo scoperto che nel diabete le cellule staminali ematopoietiche sono difettose e ciò contribuisce all’instaurarsi di uno stato infiammatorio, che si associa all’insorgenza della malattia diabetica”.

Il Professore (team leader), la Dottoressa Moufida Ben Nasr e colleghi hanno tracciato il profilo trascrittomico di queste cellule per capire quali proteine fossero coinvolte e hanno scoperto che il set di geni regolatori (microRNAs) che controllano la produzione di PD-L1 risulta alterato nelle cellule staminali ematopoietiche dei topi e dei pazienti diabetici, il che comporterebbe una limitata produzione di PD-L1, favorendo l’insorgenza della risposta autoimmunitaria.

Utilizzando un virus come vettore, i ricercatori hanno introdotto nelle cellule ematopoietiche un gene sano per la sintesi di PD-L1 e le hanno infuse in topi diabetici, determinando la remissione della malattia. Il gruppo ha inoltre ipotizzato che lo stesso effetto potrebbe ottenersi anche trattando le cellule con un ‘cocktail’ di tre molecole: interferone beta, interferone gamma e acido polinosinico-policitidilico.

“Pensiamo che la risoluzione del deficit di PD-L1 possa fornire un nuovo strumento terapeutico per la malattia”, afferma la dott.ssa Ben Nasr, ricercatrice al Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco della Statale di Milano e al Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università di Milano.

“La forza di questo approccio – aggiunge il prof. Fiorina – è la virtuale mancanza di possibili controindicazioni, poiché con questo metodo si andrebbero ad utilizzare cellule provenienti dai pazienti stessi”.

Sarà necessario effettuare ulteriori studi per determinare la durata degli effetti di questa nuova terapia cellulare, nonché la frequenza di somministrazione del trattamento. Il prof. Fiorina e colleghi, in collaborazione con gli scienziati del Fate Therapeutics (San Diego, California), stanno lavorando per ottimizzare il ‘cocktail’ di molecole utilizzato per modulare le cellule staminali ematopoietiche, mentre sono in corso contatti con la Food and Drug Administration al fine di ottenere il sostegno per la conduzione di uno studio clinico per il diabete di tipo 1, che ci si augura di poter portare presso l’Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli-Sacco-Buzzi-Melloni.

“Questo è un successo del Centro per la Ricerca Pediatrica-Romeo ed Enrica Invernizzi – commenta il prof. Gian Vincenzo Zuccotti, direttore del Centro – Vogliamo creare un polo di ricerca all’avanguardia per la diagnosi, il trattamento, la cura e la prevenzione di patologie caratteristiche dell’età pediatrica. Questo grazie all’attiva collaborazione tra l’Università di Milano e i Dipartimenti Clinici del Polo Ospedaliero Luigi Sacco e dell’Ospedale dei Bambini V. Buzzi”.“Il nostro centro rappresenta un polo unico per la ricerca multidisciplinare integrata di base, traslazionale e clinica, principalmente rivolto allo studio delle patologie dell’età pediatrica, che abbiamo potuto realizzare grazie al sostegno fondamentale della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi”, conclude il prof. Zuccotti.

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