Cefalee, un nuovo modo di curare. Rivoluzione nelle terapie del futuro

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A cura del prof. Fabio Frediani, Direttore U.O.C. Neurologia e Stroke Unit, Ospedale “San Carlo Borromeo” di Milano

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Milano, 12 novembre 2018 – Il congresso SIN che si è svolto a Roma è stato un momento fondamentale per le cefalee. Al Congresso Nazionale ANIRCEF (la società scientifica dei Neurologi che si occupa di ricerca sulle cefalee), tenutosi a Milano nella prestigiosa sede dell’Università Statale lo scorso giugno, è stata sottolineata l’importanza delle nuove bioterapie specifiche che stanno affacciandosi proprio in queste settimane sui mercati.

Il congresso di Roma ha rappresentato l’occasione per portare a conoscenza di tutta la comunità neurologica l’importanza di queste nuove possibilità di cura. I nuovi farmaci, anticorpi specifici che bloccano l’attività di una piccola proteina, il CGRP, principale artefice dell’esplosione dell’attacco emicranico, hanno rivelato un’efficacia notevole a fronte di una tollerabilità impressionante: meno effetti collaterali del placebo, praticamente zero, farmaci con un rapporto rischio/beneficio che non ha eguali nel panorama medico.

Ci sono tutti i presupposti perché si possa assistere a una seconda svolta significativa per i pazienti emicranici. Dopo l’era dei triptani, molecole pensate e sviluppate in seguito alla scoperta del sistema trigemino vascolare quale nucleo centrale del momento patogenetico, anche questi farmaci hanno un target specifico, che rende conto della notevole efficacia vista nella fase sperimentale. Ma soprattutto promettono un nuovo modo di curare il paziente emicranico.

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Prof. Fabio Frediani

Oggi a chi soffre di emicrania non è più pensabile proporre un farmaco “preso in prestito” da altre patologie. Già da anni l’offerta terapeutica ha abbandonato i vecchi farmaci, ormai desueti e mal tollerati per i troppi effetti collaterali, per rivolgersi a nuove strategie. Ne sono un chiaro esempio le varie tecniche di neurostimolazione o l’uso della tossina botulinica per le forme croniche, o la ricerca di sempre nuovi integratori che privilegino il “non nuocere” al “far bene”.

Oggi finalmente anche in campo farmacologico assistiamo a una vera rivoluzione, e non solo per la caratteristiche della molecola. Anche le modalità di somministrazione sono completamente nuove: una sola iniezione al mese per tre mesi, che indiscutibilmente favorisce una miglior aderenza alla terapia,condizione basilare per il risultato stesso della cura e per incoraggiare il paziente a non demordere mai.

Nel III millennio ormai avviato, le tradizionali modalità di approccio al problema emicrania – dalla diagnosi al trattamento – sono di fatto superate per lasciar spazio a una visione più globale e articolata delle necessità del paziente.

E non soltanto per le nuove terapie. Basti pensare alle nuove modalità di valutazione, non più centrate sulla sterile conta dei giorni con o senza dolore, che hanno fatto recuperare una visione olistica al cui centro viene posta la qualità di vita e la capacità funzionale dell’individuo,ma anche agli stessi trattamenti, arricchiti di aspetti formativi, educativi e di indicazioni comportamentali in grado di modificare diete e stili di vita.

Tutto per cercare di realizzare un nuovo concetto di terapia, portando il paziente alla consapevolezza di essere il protagonista principale della propria vita, nella quale può portare un significativo cambiamento.

Il risultato di questo cambiamento, che tutti attendiamo ma che soprattutto i pazienti auspicano, è una reale trasformazione della malattia. L’OMS considera l’emicrania una delle peggiori, classificandola al 3° posto, fra tutte le malattie, come disabilità vissuta dal paziente giovane-adulto. Gli anni più produttivi nella vita di un individuo.

La sfida futura sarà quella di vincere questo disagio, facendo scendere l’emicrania da questo triste podio.

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