Palermo, 16 ottobre 2023 – L’angiofibroma giovanile (JNA) è un tumore benigno di origine vascolare, che origina dalla parete postero-laterale della cavità nasale. Sebbene si tratti di una patologia poco diffusa, che registra in Europa l’incidenza di 4 casi su 100.000, e nonostante sia molto “selettiva” (riguarda principalmente soggetti di sesso maschile dai 7 ai 21 anni di età, con una media dai 14 ai 18 secondo i casi ), questi tumori richiedono un intervento tempestivo perché in alcuni casi, più gravi, possono accrescere anche molto rapidamente, fino a invadere altre strutture del cranio, come ad es. il nervo ottico e l’encefalo.
“La chirurgia rappresenta il gold standard del trattamento del JNA – spiega Salvatore Poma, medico specialista in otorinolaringoiatra – e l’obiettivo chirurgico è volto alla rimozione completa dell’exeresi tumorale. L’asportazione chirurgica è, dunque, la terapia d’elezione ed è quasi sempre risolutiva. Nella maggior parte dei casi l’intervento è realizzato in modalità mininvasiva, utilizzando un endoscopio, che risale dalla narice, e che, attrezzato con speciali pinze o un laser, viene usato dal chirurgo per asportare la massa. Questo tipo di chirurgia senza cicatrici consente un post-operatorio molto più rapido: il paziente, infatti, in assenza di complicazioni, può essere dimesso già 2-3 giorni dopo l’intervento. L’operazione nella maggior parte dei casi coincide con la guarigione, cui seguirà, comunque, un follow up di visite e controlli a scadenze regolari per tenere la situazione sotto stretta sorveglianza”.
“Si tratta – continua Poma – di interventi delicati per via della diffusione sottomucosa del tumore, nonché della complessità anatomica dei distretti coinvolti (distretto testa-collo) che possono generare possibili emorragie in corso dell’intervento chirurgico, oscurando il campo operatorio”.
Un aspetto quest’ultimo che rileva come sia importante in fase pre-chirurgica poter contare su modelli organizzativi assistenziali dotati anche della neuroradiologia interventistica che, in casi come questo, consentono una previa embolizzazione (procedura di neuroradiologia interventistica che si sostanza nell’occlusione selettiva di alcuni vasi sanguigni).
L’approccio chirurgico, infatti, va selezionato oltre che, in base a localizzazione e vascolarizzazione del tumore, età del paziente ed esperienza del team chirurgico, anche in relazione all’efficacia dell’embolizzazione, favorendo quest’ultima la successiva chirurgia selettiva di pertinenza otorinolaringoiatrica, al fine di massimizzare la precisione dell’area anatomica di intervento chirurgico e riducendo così il rischio di sanguinamenti intraoperatori, con conseguente aumento del comfort e della sicurezza del paziente ed un miglioramento degli outcome (esiti).
“L’embolizzazione – sottolinea Marco Filizzolo, medico specialista in neuroradiologia interventistica – viene preceduta da un’angiografia, per avere una “mappa” dei vasi sanguigni che irrorano il tumore, sulla cui base il neuroradiologo interventista “occlude ”(tappa) i vasi che riforniscono di sangue la massa tumorale, in modo da limitare eventuali emorragie durante l’intervento di asportazione”.
L’intervento chirurgico è stato effettuato dal dott. Salvatore Poma e coordinato dal direttore dell’UOC (Unità Operativa Complessa) di Otorinolaringoiatria dott. Giuseppe Mario Galfano, mentre le procedure di competenza anestesiologica sono state condotte dall’anestesista-rianimatore dott.ssa Fabiana Tartamella, dell’UOC di Anestesia e Rianimazione diretta da Paolino Savatteri.
L’intervento chirurgico è stato preceduto appunto dalla cd. embolizzazione, eseguita dal dott. Marco Filizzolo dell’UOSD (Unità Operativa Semplice Dipartimentale) di Radiologia e Neuroradiologia Interventistica diretta dal dott. Fabio La Gattuta, c/o l’UOC di Radiologia, diretta dal dott. Francesco Gioia.
Poma evidenzia altresì l’importanza di centri altamente qualificati ai fini della diagnosi precoce, perché sebbene si tratti di una patologia rara, il fatto che tali tumori non diano spesso segni della loro presenza, e siano pressoché riscontrati in via incidentale, può comportare che sfugga per molto tempo il corretto inquadramento diagnostico.
“Quasi sempre – rileva Poma – il primo campanello d’allarme è l’epistassi (emorragia) dal naso, allorquando la massa particolarmente vascolarizzata si rompe provocando tale sanguinamento. L’epistassi, pertanto, in adolescenti maschi, soprattutto quando si presenta con episodi frequenti ed abbondanti, è un sintomo che non va sottovalutato e che oltre alla visita specialistica richiede un approfondimento diagnostico tramite l’esame endoscopico”.
“È un risultato – afferma Walter Messina, commissario straordinario dell’AOOR “Villa Sofia Cervello” di Palermo – che dimostra le elevate professionalità aziendali, ma anche l’importanza dell’adozione di modelli organizzativo assistenziali in grado di ottimizzare risorse, expertise e professionisti per dare risposte concrete anche alle esigenze dei pazienti affetti da patologie più rare invertendo, così, anche alcuni flussi di mobilità passiva”.
La patogenesi dell’Angiofibroma giovanile (cause che favoriscono l’insorgenza della patologia) è tuttora incerta, ma la diffusione limitata a ragazzi maschi in età adolescenziale avvalora l’ipotesi di una correlazione di tipo ormonale (nb. la teoria ormonale sostiene che il fattore di accrescimento del tumore sia legato ad un’alterazione dell’asse ipofisi-androgeni-estrogeni per inattività dell’ipofisi), infatti, in alcuni casi il tumore può fermare la sua crescita una volta superata l’età adolescenziale. Accanto all’esame obiettivo, la Tac e la Risonanza Magnetica del massiccio facciale completano la diagnosi e identificano un quadro preciso dell’estensione del tumore.
L’otorinolaringoiatria dell’ospedale Villa Sofia già da tempo rappresenta un importante punto di riferimento in generale per i tumori del cd. Distretto Testa-Collo tra i quali appunto rientra anche il cd. “JNA”.