La parola postura è sempre riferita alla forma e all’organizzazione spaziale che, per effetto di continui e costanti compromessi, il corpo raggiunge rispetto all’ambiente che lo circonda. Una posizione che è sempre (e non può essere diversamente) relativa, da contestualizzare o, per meglio dire, adattiva rispetto al contesto in cui quello stesso corpo si inserisce.
Fulcro della discussione, quindi, diviene proprio quel contesto per identificare il quale l’organismo utilizza alcuni strumenti di registrazione (anche noti come recettori) ed uno strumento di elaborazione dei dati raccolti (sistema centrale). Il frutto di questo elaborato, di volta in volta aggiornato, rende al corpo quelle informazioni di ritorno tese a renderne ottimale la collocazione spaziale.
Mantenere una postura stabile (centratura del baricentro), non significa mantenere una postura corretta, ma una postura coerente. La postura eretta è mantenuta per effetto della persistente contrazione di gruppi muscolari la cui funzione primaria, che si sviluppa per via ascendente utilizzando i meccanismi anticipatorio e compensatorio, è quella di opporsi alla forza di gravità.
Le asimmetrie strutturali e le alterazioni meccaniche indotte da stati di ipotrofia e/o rigidità cronica monolaterale di muscoli dinamici pari, rappresentano la rottura di ogni schema, di ogni compromesso. Si parla di disfunzioni in grado di determinare un aumento od una riduzione delle richieste funzionali ovvero un incremento o diminuzione delle richieste relative la secrezione ormonale, in ciò inducendo una varietà di adattamenti cellulari di tipo morfologico e funzionale.
In esito alle alterazioni relative la struttura e la funzione del tessuto, le cellule acquisiscono un nuovo equilibrio: sebbene alterato, questi risulta solido e stabile, tale da consentire comunque la preservazione della vitalità cellulare e la modulazione delle funzioni in risposta agli stimoli. Ciononostante, gli adattamenti intervenuti avviano modificazioni che coinvolgono non solo la dimensione delle cellule, ma anche la relativa capacità di proliferazione oltreché l’aspetto differenziativo.
Limitati a un determinato distretto, il persistere di questi fenomeni può essere preludio all’insorgenza di disfunzioni comportamentali del tessuto, quando non patologie. La muscolatura, la rete neurale ed i recettori subiscono variazioni di tensione meccanica che, parte integrante di in un circolo vizioso, provoca un gravoso processo degenerativo di cui il dolore è solo una naturale conseguenza. La permanenza nello stato di alterazione determina un progressivo aggravio delle lesioni parenchimali che rendono progressivamente ingravescente la sensazione dolorifica.
Quando si punta a inquadrare l’assetto posturale di un individuo, un conto è definire i sottili meccanismi di regolazione che lo governano (componenti ambientali, genetiche, bio-psicoemozionali, ecc.); un conto è definire quale gesto motorio possa essere compromesso nei suoi pattern (fattore meccanico), tale da indurre una limitazione da strategie motorie progressivamente e costantemente ridotte.
Postura diviene quindi adattamento, dove causa e compenso coincidono per sopperire a deficit nati a distanza. Nessun fattore meccanico diretto a limitare il motorio quanto, piuttosto, una fitta serie di condizioni che rendono gli scambi cellulari sempre più difficoltosi e generano un impoverimento fluidico del connettivo accelerandone i processi di invecchiamento (tissotropismo) e irrigididendo i tessuti molli intorno alle articolazioni.
Le ricadute sono tutte riferibili ad alterazioni degli equilibri assiali, strutturalmente evidenziate dal crollo del calcagno e dell’arco plantare, dall’intrarotazione in valgismo o varismo delle ginocchia, slittamento con o senza rotazione del bacino, perdita delle curve fisiologiche tipiche del rachide, disallineamento dell’asse delle spalle.
La rieducazione della funzione consente di avviare i fisiologici processi di riequilibrio strutturale in un processo che può aver luogo solo previa accorta valutazione dei 3 meccanismi a feedback utili al controllo del movimento:
- lunghezza muscolare e tenuta in contrazione;
- forza e affaticamento;
- velocità di contrazione.
Le informazioni raccolte per singoli distretti, consentono di comprendere come gestire le attività di correzione e come indirizzare quelle di rieducazione. Protocolli ormai consolidati, suggeriscono di sfruttare dapprima la mobilizzazione passiva dei tessuti ritenuti cruciali nella lettura delle asimmetrie strutturali, attraverso cui lo sblocco meccanico induce il rilascio tensivo (o contrazione riflessa)dei muscoli di interesse; quindi la capacità condizionale della contrazione isometricautile alla rieducazione del gesto, del movimento e/o dell’azione motoria.
Un intervento ripetitivo condotto con ritmo costante, genera treni di stimoli che:
- attraverso la via Paleo-Spino-Talamo-Corticale, raggiungono le aree sottocorticali e corticali dove, una volta integrate, creano nuove informazioni che inducono reazioni a livello periferico, tali da condizionare la postura;
- stimola il sistema analgesico endogeno utilizzando stimoli sensoriali sugli esterocettori cutanei;
- attiva il sistema Inibitorio-Spinale (Gate Control – Teoria del Cancello) attraverso la stimolazione dei Meccanocettori, recettori sensibili alla deformazione tissutale (Corpuscoli di Merkel, Pacini, Mazzoni, Ruffini, Meissner);
- induce la secrezione di oppioidi endogeni (peptidi secreti dal cervello, encefaline, etc.), e attiva il sistema inibitore discendente;
- sollecita in maniera mirata i meccanocettori muscolari con incremento del tono e dell’attività muscolare (ipomiotrofia, riduzione delle rigidità articolari reversibili e del fattore dolore, regolazione della funzione condrocitaria per normalizzazione del campo elettrico intraarticolare, ecc.).
Approfittando del tempo refrattario del muscolo, la contrazione muscolare condotta nell’esecuzione dell’esercizio mirato, consente di guadagnare una maggiore capacità elastica, correggere la mobilità distrettuale e codificare attività dinamiche complesse.