Covid, tubercolosi, bronchite, polmonite: il punto del prof. Parrella sulle malattie respiratorie

Intervista al prof. Roberto Parrella, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive ad indirizzo Respiratorio presso l’ospedale Cotugno – Azienda Ospedaliera dei Colli di Napoli

Prof. Parrella, come si è attrezzato l’ospedale Cotugno per affrontare la pandemia?
Con la pandemia da SARS-CoV-2 e la Covid insieme a tutti i colleghi dell’ospedale Cotugno ci siamo attrezzati da subito ad affrontare questa criticità con tutta l’esperienza acquisita nel campo delle malattie diffusive e trasmissibili, della prevenzione e del controllo delle malattie infettive e del loro trattamento.

Il Reparto e tutto l’ospedale Cotugno è stato organizzato per la difesa contro il nuovo coronavirus. L’ospedale Cotugno ha una tradizione antica rispetto alle emergenze infettivologiche, è stato così con la SARS, con il periodo del Colera, ci sono state sempre criticità che l’ospedale ha affrontato in prima linea, per cui quando è arrivata la prima notizia e l’allarme dell’epidemia Coronavirus, abbiamo iniziato ad attrezzarci e organizzarci per quelle che erano e che sono le caratteristiche dell’emergenza collegata a questo evento.

Abbiamo formato e allenato tutti i nostri dipendenti, medici, infermieri, operatori sociosanitari e tanti coinvolti nelle attività di reparto, sulle procedure di vestizione e svestizione dei Dispositivi di Protezione Individuali da utilizzare per il pericolo di contagio. Questo è stato il primo aspetto fondamentale. Ci sono stati dei veri e propri incontri di simulazione delle procedure anche per quanto riguarda la gestione del paziente. Poi abbiamo attrezzato tutto l’Ospedale con l’indicazione e la separazione di percorsi “puliti e sporchi”.

Prof. Roberto Parrella

Tutto questo perché esistono una serie di problematiche collegate a quelle che sono le possibilità di trasmissione e di contagio. È necessario utilizzare dei percorsi puliti, cioè non inquinati, e imparare a sanificare e mantenere in sicurezza  tutti quelli che sono i materiali ed i percorsi considerati inquinati. Solo con la rigida osservanza delle procedure si può, infatti, garantire la sicurezza degli operatori elemento fondamentale per la lotta al virus. A cosa serve un esercito se viene decimato ancora prima di combattere?

Al di là del Covid-19, quali altre malattie respiratorie dobbiamo combattere?
Una su tutte attira il nostro interesse e, riteniamo, dovrebbe essere particolarmente considerata anche da parte degli organismi preposti e delle strutture sanitarie soprattutto territoriali, poiché anche questa può trasmettersi e contagiare: la Tubercolosi.

Il nostro reparto è di riferimento per quanto riguarda la gestione della tubercolosi anche per i ceppi multiresistenti, che non sono aggredibili con i farmaci che comunemente utilizziamo per le forme sensibili. Questi ceppi se non opportunatamente individuati, inquadrati e trattati con i farmaci giusti possono costituire un pericolo anche per l’intera comunità, in quanto trasmissibili e potenzialmente in grado di causare seri danni da un punto di vista respiratorio.

Abbiamo ancora le Micobatteriosi polmonari non tubercolari, che da qualche anno, anche grazie alle nuove metodiche, si stanno diagnosticando con maggiore frequenza. Sono patologie che spesso vengono misconosciute e che nel passato venivano considerate come eventi accidentali di difficile inquadramento.

Adesso invece, nei pazienti anziani ma anche nei pazienti che hanno patologie croniche come le Bronchiectasie, la Bronchite Cronica Ostruttiva, l’Enfisema, la Fibrosi Cistica o malattie con particolari deficit immunologici, il riscontro di questi micobatteri non tubercolari viene considerato in maniera diversa dal passato perché possono essere causa di una patologia subdola che si può trascinare per anni con sintomi persistenti o ricorrenti come tosse, febbricola, astenia intensa, e che se misconosciuta può peggiorare la qualità della vita di questi soggetti o addirittura determinare un esito infausto.

Altre patologie respiratorie infettive riguardano le polmoniti, le pleuriti, le bronchiti, le bronchiectasie in fase di riacutizzazione e altre ancora. Sono poi da considerare anche tutte le complicanze respiratorie infettive di altre patologie.

Professore, tra le malattie respiratorie la bronchite è tra le più diffuse. Come va curata?
La bronchite acuta può verificarsi anche in un soggetto senza malattia respiratoria cronica, con sintomi che vanno dalla tosse produttiva o non produttiva e altri sintomi o segnali clinici che possono indicare una infezione delle vie aeree inferiori.

L’incidenza della bronchite acuta negli adulti è alta, la sintomatologia può durare circa due settimane e si autolimita nella maggior parte dei casi. Questo significa che questo tipo di patologia non va ospedalizzata ma in ogni caso può avere un impatto sull’attività giornaliera e lavorativa.

È molto difficile identificare l’agente responsabile della bronchite, in ogni caso dalla letteratura scientifica risulta che la maggior parte dei casi fino all’80-90 % è dovuto a virus.

Oltre alle bronchiti esistono poi patologie più gravi che ovviamente devono essere inquadrate e trattate in ospedale. Tra queste sicuramente la polmonite acquisita in comunità (CAP) è una delle malattie respiratorie più importanti che ha una prevalenza elevata nella popolazione generale e si può presentare con manifestazioni cliniche e livelli di gravità eterogenei.

In questo caso, le polmoniti lievi possono ancora ricevere un trattamento domiciliare mentre quelle gravi o quelle che insorgono in pazienti con fattori di rischio vanno ospedalizzate e, per lo più, trattate con antibiotici mirati, ove possibile, in caso di eziologia batterica accertata considerando sempre la problematica sempre più emergente dei ceppi resistenti.

Tornando al Covid, qual è la soluzione più efficace: il vaccino o la cura?
Le due cose non si escludono a vicenda e hanno due target diversi. La campagna contro il virus deve passare necessariamente per il vaccino poiché dobbiamo immunizzare la maggior parte della popolazione. È chiaro che contemporaneamente alle sperimentazioni sui vaccini, vanno avanti le ricerche per le terapie.

La strategia vaccinale è il primo elemento fondamentale da mettere in campo nel momento in cui c’è una pandemia come quella che stiamo vivendo. Ma le terapie comunque devono andare avanti per quelli che non essendo immunizzati o magari per altre varianti possono essere colpiti dal virus e progredire verso uno stato avanzato di malattia.

Il discorso è questo, non abbiamo attualmente una cura realmente efficace e ufficialmente validata contro il virus. Abbiamo sicuramente una serie di interventi terapeutici che devono essere messi in atto, e che sempre di più abbiamo compreso come fondamentali man mano che si sviluppava la pandemia. Per il paziente c’è bisogno di un supporto di tipo respiratorio che va dall’erogazione dell’ossigeno con i normali presidi all’impiego di vari tipi di ventilatori; bisogna inoltre utilizzare antinfiammatori quando si è innescata la cascata di infiammazione sistemica, e quindi usiamo in questo caso i corticosteroidi e in alcuni pazienti selezionati, con procedura off-label, il Tocilizumab; abbiamo capito che in molti pazienti vi è un rischio tromboembolico elevato e per questo usiamo l’eparina a basso peso molecolare.

Ma proprio all’inizio della malattia abbiamo bisogno di usare gli antivirali. In questo momento, l’antivirale che viene più usato è il Remdesivir. Altre terapie ipotizzate come il plasma iperimmune, le gammaglobuline e altro ancora, sono in fase di valutazione e, allo stato attuale, sono autorizzati solo all’interno di studi clinici.

Adesso si è chiuso uno studio clinico a cui abbiamo partecipato che è lo TSUNAMI che ha utilizzato il plasma di pazienti convalescenti, guariti, allo scopo di evitare la progressione verso una malattia avanzata nei pazienti con Covid-19. In questo momento si stanno esaminando i dati e penso che a breve l’Istituto Superiore di Sanità e l’AIFA ci daranno i risultati che speriamo possano essere positivi.

Gli anticorpi monoclonali sono efficaci nella cura contro il Covid?
Anche qua bisogna fare un po’ di chiarezza. Gli anticorpi monoclonali sono farmaci biologici progettati per riconoscere e legarsi alla proteina Spike di SARS-CoV-2 impedendo così al virus di penetrare nelle cellule dell’organismo. La loro indicazione, almeno secondo le informazioni attuali, è limitata alle fasi iniziali della malattia, per quei soggetti che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di progredire verso la forma severa della malattia.

Esistono solo scarse esperienze e comunque a titolo puramente sperimentale sul loro utilizzo nelle fasi più avanzate della malattia. Sono in sperimentazione anche altri tipi di anticorpi che probabilmente saranno anche più efficaci e con diverse possibilità di utilizzo.

Valentina Busiello

Valentina Busiello

Psicologa

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