Inquinamento marino, la “coda lunga” delle microplastiche. A rischio grandi predatori e Corallo rosso

Pubblicato su Nature Communications Biology, uno studio firmato da ricercatori italiani dimostra i molteplici effetti negativi a livello molecolare, fisiologico, ecologico ed epidemiologico delle microplastiche presenti nei mari. A rischio un’importante porzione della diversità marina, inclusi gli ingegneri ecosistemici e gli organismi di maggior interesse commerciale come i grandi predatori e il Corallo rosso

Corallo e pezzetto di plastica (Circle credits foto Ettore Moretti)

Roma, 30 marzo 2021 – Uno studio svolto da ricercatori italiani e pubblicato sulla prestigiosa rivista di Nature, Communications Biology, ha dimostrato che gli effetti delle plastiche, e in particolare delle microplastiche, sugli organismi marini possono essere molto più importanti e insidiosi di quanto precedentemente immaginato. Lo studio, dal titolo “Multiple impacts of microplastics can threaten marine habitat-forming species” è stato firmato da Cinzia Corinaldesi, Sara Canensi, Antonio Dell’Anno, Michael Tangherlini, Iole Di Capua, Stefano Varrella, Trevor J. Willis, Carlo Cerrano e Roberto Danovaro.

Le microplastiche ingerite dal plancton o direttamente dagli organismi dei fondali marini vengono ulteriormente accumulate dai predatori determinando molteplici effetti negativi a livello molecolare, fisiologico, ecologico ed epidemiologico. Infatti, le plastiche creano micro-escoriazioni sui tessuti degli organismi marini esponendoli a infezioni di batteri patogeni. Inoltre, l’ingestione di microplastiche da parte degli organismi marini riduce la capacità degli organismi di alimentarsi e altera l’espressione di geni che controllano la risposta agli stress.

“Con questo studio – dichiara Cinzia Corinaldesi, docente di Ecologia Marina Applicata presso l’Università Politecnica delle Marche, che ha coordinato la ricerca – abbiamo dimostrato che l’effetto delle microplastiche potrebbe aggravarsi nei livelli trofici superiori ovvero negli organismi predatori che accumulano le microplastiche ingerite dalle loro prede e questo può avere risvolti importanti anche per la salute dell’uomo poiché tendiamo a cibarci soprattutto di predatori”.

“Questi risultati – aggiunge Roberto Danovaro, uno degli autori della ricerca e presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn – Istituto Nazionale di Biologia Ecologia e Biotecnologie Marine – sono abbastanza allarmanti perché la concentrazione delle micro plastiche aumenterà di 4 volte da qui al 2050, nonostante tutti i nostri sforzi per ridurre l’uso della plastica monouso e questo metterà a rischio un’importante porzione della diversità marina, inclusi gli ingegneri ecosistemici e gli organismi di maggior interesse commerciale come i grandi predatori e il Corallo rosso”.

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