Tumore gastrico, 13 mila casi nel 2016. Attenzione alle terapie senza prove scientifiche

Dal primo Convegno Nazionale “Tumore gastrico, una sfida da vincere insieme” l’allarme sui pazienti che abbandonano le cure. Centri di eccellenza e una alleanza oncologo-paziente per evitare che la paura porti via i malati verso terapie senza prove scientifiche di efficacia, causando tragici risultati

medico-paziente-visitaRoma, 4 novembre 2016 – Quasi 13mila nuovi casi di carcinoma gastrico sono attesi nel 2016 in Italia e attualmente questa patologia figura al sesto posto in ordine di incidenza sia tra gli uomini sia tra le donne (4% di tutti i tumori negli uomini e 4% nelle donne). Quasi 73 mila persone (il 55% di sesso maschile) vivono in Italia con una diagnosi di carcinoma gastrico.

Alla luce di questi e vista la necessità di esortare Istituzioni e comunità scientifica sull’importanza di una diagnosi precoce e dei trattamenti clinici più avanzati che l’Associazione “Vivere senza stomaco si può” ha organizzato a Roma, il 4 novembre, il 1° Convegno nazionale sul tema “Tumore gastrico: una sfida da vincere insieme” al quale partecipano clinici, studiosi, rappresentanti delle istituzioni tra cui Ministero della Salute e Regione Lazio e, naturalmente, pazienti e familiari per testimoniare la propria esperienza di malattia.

L’Associazione, con sede a Ferrara e unica sul territorio nazionale, è nata nel 2013 e si rivolge a chi ha subito una gastrectomia totale o parziale per cancro, ai parenti, ai familiari e agli amici delle persone colpite da tumore allo stomaco cercando di dare risposta agli innumerevoli problemi che vengono quotidianamente evidenziati.

Tra i temi più sentiti del convegno il rischio che i pazienti in cura abbandonino le terapie di elezione e in particolare la chemioterapia, a volte suggestionati da invenzioni pseudoscientifiche che purtroppo trovano eco anche sui media di larghissima diffusione. Un rischio denunciato con forza sia dai rappresentanti dell’Associazione che dai clinici presenti all’incontro.

“La mia la percezione è che circa il 50% dei pazienti sia molto attratto da approcci di cura diversi da quelli convenzionali e cerchi attivamente informazioni. Da alcune osservazione poi abbiamo ricavato l’impressione che circa il 20% potrebbe abbandonare la chemioterapia per intraprendere percorsi alternativi – ha sottolineato allarmata Claudia Santangelo, Presidente dell’Associazione – Purtroppo il tumore allo stomaco non offre moltissime possibilità di sopravvivenza, specialmente se non curato adeguatamente. È quindi estremamente importante poter contare su una diagnosi precoce, sulla possibilità di essere presi in carico in centri di eccellenza (dove trovare seri professionisti specializzati nel trattare di tumore allo stomaco: chirurghi, oncologi, nutrizionisti, psiconcologi) e sull’avere accesso alle cure farmacologiche più adeguate”.

“Stiamo assistendo ad un fenomeno che ci preoccupa molto perché i metodi non convenzionali non hanno a che vedere con la lotta al cancro… Ho paura di perdere amici ammalati che potrebbero invece avere speranze di vita – prosegue Santangelo – In una situazione di vita già così difficile, rendersi conto che uno dei pochi strumenti che si ha a disposizione, come la moderna chemioterapia, che oggi, prevedendo l’associazione di più farmaci, riesce a dare risultati molti significativi rispetto al passato, non venga utilizzato mi lascia senza fiato. Per questo è indispensabile ritrovare o trovare una sana alleanza e fiducia con il proprio medico curante”.

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Prof. Carmine Pinto

“La malattia rende più fragili ed è umano che si possa cadere in mani sbagliate – ha spiegato in tal senso Carmine Pinto, presidente Aiom, l’associazione che riunisce gli oncologi e direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS- Arcispedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia – Se da un lato per legge non si può imporre ad un paziente maggiorenne e capace di intendere e di volere di sottoporsi a una determinata cura se non vuole, il ruolo dell’oncologo diventa basilare per evitare queste situazioni, o perlomeno per limitarne i danni. Sta a lui, infatti, instaurare un rapporto di comunicazione e fiducia con il paziente, ascoltarlo e discutere insieme i pro e i contro delle diverse terapie. Perché se il malato si sente ascoltato nei suoi bisogni e anche paure, comprende il perché della terapia che viene proposta così come eventuali cambi di cura in corsa”.

fonte: ufficio stampa

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