Tumore della prostata in epoca Covid, gli Urologi invitano a non abbandonare i trattamenti

Prof. Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “Per limitare gli accessi in ospedale vanno favorite le terapie trimestrali e semestrali. Garantiscono in piena sicurezza la continuità terapeutica”. Prof. Vicenzo Mirone, ordinario di Urologia dell’Università Federico II di Napoli: “Cure, esami e visite di follow up devono proseguire”

Roma, 21 ottobre 2020 – Il Covid-19 ha reso ancora più difficile l’esistenza degli oltre 564mila uomini che in Italia vivono con un cancro alla prostata. Per il 71% dei pazienti il Coronavirus è fonte di forte preoccupazione, mentre il 37% è convito di essere più esposto al contagio a causa dei trattamenti anti-tumorali. Quattro malati su dieci hanno evitato di andare in ospedale durante i mesi più difficili del lockdown (marzo-maggio 2020), rinviando così cure e visite. E sette malati su dieci auspicano di poter assumere terapie trimestrali o semestrali, per poter così ridurre gli accessi alle strutture sanitarie.

È quanto emerge da un sondaggio svolto su oltre 500 pazienti e presentato oggi in una conferenza stampa virtuale. L’indagine rientra nel progetto educazionale, promosso dalla Fondazione PRO, Gestione del paziente con carcinoma della prostata in era Covid-19.

L’obiettivo è creare maggiore consapevolezza sul cancro della prostata e al contempo dare consigli pratici ai pazienti, in un periodo in cui occuparsi della propria salute non è facile, se si vuole coniugare sicurezza e continuità di cura. Verranno raggiunti tutti gli attori coinvolti nel tumore maschile più frequente nel nostro Paese: malati e loro associazioni, caregivers, istituzioni nazionali e regionali, cittadini e medici (urologi, oncologi, radioterapisti e medici di medicina generale), con attività stampa e approfondimenti su PRO TV e social media.

“La somministrazione di terapie, gli esami diagnostici e le visite di follow up devono proseguire – afferma il prof. Vicenzo Mirone, ordinario di Urologia dell’Università Federico II di Napoli e Presidente di Fondazione PRO – Nelle prime settimane d’emergenza abbiamo assistito a una vera e propria fuga dai nostri reparti a causa della paura del nuovo Coronavirus. È una situazione che non si deve ripetere in questa nuova fase, segnata da un forte aumento dei contagi soprattutto in alcune Regioni. Gli ospedali sono sicuri e dobbiamo incentivare misure complementari come la Telemedicina. Abbiamo perciò deciso di avviare una nuova campagna per ribadire l’assoluta e improrogabile necessità di affrontare a 360 gradi un tumore particolarmente diffuso e frequente”.

Prof. Giuseppe Procopio

Anche secondo i medici il Covid-19 ha determinato complicazioni, preoccupazioni e modificato alcune tendenze nell’approccio al trattamento del carcinoma della prostata. Secondo un altro sondaggio, sempre condotto da Fondazione PRO su oltre 500 uro-oncologi, il 66% dei medici ha dovuto modificare le proprie abitudini prescrittive. Per il 77% la crisi sanitaria del 2020 ha impattato sull’attività clinica e il 51% è convinto che sia peggiorata l’aderenza terapeutica.

“L’invito rivolto a tutti i pazienti è di non abbandonare assolutamente i trattamenti – spiega il prof. Giuseppe Procopio, Responsabile Oncologia Medica genitourinaria della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – C’è il rischio concreto che nei prossimi mesi avremo un forte aumento di nuove diagnosi di cancro in uno stadio più avanzato. Come clinici possiamo incentivare l’assistenza domiciliare e favorire il ricorso a quelle terapie, trimestrali e semestrali, che garantiscono la continuità delle cure in totale sicurezza. Sono trattamenti efficaci, che si adattano soprattutto in caso di carcinoma avanzato e che possono inoltre rappresentare uno strumento utile per ridurre il rischio di contagi. Ne è convito il 59% dei medici specialisti intervistato nella survey”.

Nel 2020 sono previste in Italia 36mila nuove diagnosi di tumore prostatico. “Nel nostro Paese l’età media al momento della diagnosi è di 72 anni – aggiunge il prof. Corrado Franzese, Presidente Nazionale della Società Italiana Urologia Territoriale (SIUT) – Nella grande maggioranza dei casi sono quindi uomini anziani interessati da altre malattie, spesso croniche, come diabete, obesità o ipertensione. È una tipologia di pazienti difficile da trattare e che necessita di particolare attenzione da parte dell’intero Sistema sanitario. L’assistenza è stata decisamente complicata dalla pandemia e il Covid-19 può avere effetti pesanti su pazienti non più giovanissimi, immunodepressi e polipatologici. Con questa nuova campagna vogliamo ribadire anche l’importanza, per chi vive con tumore alla prostata, di seguire le nuove regole imposte dal nuovo Coronavirus. Quindi invitiamo i malati, e i loro familiari, a rispettare con particolare attenzione le norme per il distanziamento sociale, indossare quando previsto la mascherina e lavarsi spesso le mani. Infine bisogna seguire scrupolosamente la terapia anticancro prescritta dal proprio medico curante”.

“Dall’inizio della pandemia si parla sempre più spesso di Telemedicina – conclude il prof. Giuseppe Ludovico, Presidente Nazionale Urologi Ospedalità Gestione Privata (UrOP) – Si tratta di uno strumento prezioso che, in ogni caso, potrà affiancarsi al rapporto medico-paziente in presenza. Quest’ultimo è necessario senz’altro nella prima fase della diagnosi della malattia oncologica e in alcuni momenti del follow-up. Le strutture sanitarie italiane, sia territoriali che ospedaliere, sono sicure e presentano percorsi separati che riducono al minimo il rischio di contagio. Dobbiamo riuscire a superare le paure e imparare a convivere con questo terribile virus. Bisogna proseguire con tutte le attività d’assistenza che il nostro Servizio Sanitario Nazionale mette in campo contro patologie di grande diffusione come il carcinoma prostatico”.

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