Tumore del seno, terapie sempre più innovative. Le nanotecnologie per i casi più gravi

A Cremona si chiude il convegno nazionale sul cancro femminile più diffuso nel nostro Paese. Solo la metà delle italiane esegue regolarmente la mammografia. La Lombardia è una delle regioni più virtuose ma ancora una donna su 3 non si sottopone all’esame. Il prof. Daniele Generali: “La sopravvivenza a 5 anni supera l’80% ma la patologia non va sottovalutata”. Grazie alle nuove cure, come le nanotecnologie, si possono affrontare con successo anche i casi più gravi

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Cremona, 15 marzo 2019 – Ancora troppo poche italiane aderiscono ai programmi di screening per il tumore del seno. Solo il 56% delle donne ha eseguito la mammografia, l’esame salvavita in grado di diagnosticare precocemente la malattia. La Lombardia è una Regione virtuosa e presenta uno dei tassi d’adesione tra i più alti della Penisola (67% di aderenza).

Ciò nonostante ancora una donna su tre non si sottopone agli screening. Un fenomeno che preoccupa dal momento che la neoplasia ogni anno provoca ancora in tutta la Penisola oltre 12mila decessi. E si registrano ancora forti differenze territoriali. Nel Mezzogiorno, dove l’adesione agli screening è inferiore rispetto al Settentrione, la sopravvivenza è leggermente più bassa. Nelle Regioni del Sud si attesta all’85% mentre in quelle del Nord all’88%.

Da qui l’appello degli oncologi affinché tutte le italiane, d’età compresa tra i 50 e 69 anni, si sottopongano una volta ogni due anni al test gratuito organizzato dalle Aziende Sanitarie locali. La sollecitazione degli specialisti arriva dal convegno Breast Journal Club. L’importanza della Ricerca in Oncologia che si conclude oggi. Per due giorni oltre 300 esperti si sono riuniti a Cremona per discutere le ultime novità emerse sulla patologia.

“Il cancro della mammella è una malattia che riusciamo a sconfiggere nell’oltre 80% dei casi – afferma il prof. Daniele Generali, Direttore della UO Multidisciplinare di Patologia Mammaria e Ricerca Traslazionale dell’ASST di Cremona – È un dato positivo ma non si può sottovalutare una neoplasia così diffusa e che interessa una parte del corpo femminile estremamente delicata. Soprattutto i test per la prevenzione secondaria vanno maggiormente incentivati tra tutta la popolazione. Con la mammografia ogni anno individuiamo poco più di 8.000 nuovi casi; purtroppo ancora troppe diagnosi arrivano comunque tardi. Questo determina non poche difficoltà sia alle singole donne che all’intero sistema sanitario nazionale. La diagnosi precoce è l’arma fondamentale nella lotta contro il tumore al seno, permette infatti di aumentare notevolmente le probabilità di guarigione delle pazienti, oltre a consentire interventi più conservativi ed estetici. Proprio per sensibilizzare la popolazione alla prevenzione, le reti oncologiche nazionali insieme alle Istituzioni stanno promuovendo e supportando la costituzione di centri di senologia ovvero Breast Unit, modelli di assistenza specializzati nella prevenzione, diagnosi e cura del carcinoma mammario, caratterizzati dalla presenza di un team coordinato e multidisciplinare in grado di garantire quel livello di specializzazione delle cure, dalle fasi di screening sino alla gestione della riabilitazione psico-funzionale, in grado di ottimizzare la qualità delle prestazioni e della vita delle pazienti e, nel contempo, garantire l’applicazione di percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA) in coerenza con le linee guida nazionali e internazionali. Le donne affette da tumore al seno che si curano presso centri dedicati (Breast Unit) hanno un 18% in più di guarigioni definitive e una migliore qualità di vita”.

Nel convegno scientifico cremonese diverse sessioni sono dedicate ai trattamenti. “Le nuove terapie hanno migliorato la sopravvivenza e presentano tossicità più contenute rispetto al passato – aggiunge il prof. Sabino De Placido, Direttore dell’Oncologia Medica dell’Università Federico II di Napoli – Ciò è avvenuto anche per il carcinoma mammario triplo negativo metastatico, uno specifico sottotipo di malattia che è particolarmente difficile da trattare. Gli specialisti e i pazienti avevano a disposizione, fino a qualche anno fa, solo poche alternative alla chemioterapia tradizionale. Nab paclitaxel, un farmaco che sfrutta le nanotecnologie, ha dimostrato di essere efficace e di aumentare la sopravvivenza globale. Possiede un meccanismo di trasporto innovativo in grado di superare la barriera stromale del cancro. Nuove evidenze cliniche stanno emergendo anche sull’associazione tra Nab-paclitaxel e immunoterapici sempre per il trattamento dei casi più gravi della patologia”.

Il Breast Journal Club è un meeting annuale, giunto nel 2019 alla sua decima edizione. Si pone l’obiettivo di riunire e avviare un confronto, tra i più importanti opinion leader stranieri e italiani, sulle nuove ricerche e metodologie scientifiche.

“Quella al seno è la neoplasia più frequente registrata tra le donne del nostro Paese – sottolinea il prof. Pier Franco Conte, Direttore della Rete Oncologica Veneta e della Divisione di Oncologia medica 2 all’Istituto Oncologico Veneto – Rappresenta un ottimo esempio dei grandi risultati che possiamo ottenere grazie alla ricerca medica. Attraverso tecniche sempre più sofisticate oggi conosciamo meglio i meccanismi biologici delle cellule tumorali. Le terapie risultano più mirate e in grado di agire sul singolo sottotipo di carcinoma. Bisogna proseguire in questa direzione e favorire il più possibile l’innovazione in oncologia. Più della metà delle sperimentazioni sui medicinali svolte in Italia riguarda i farmaci anticancro. Esistono tuttavia degli aspetti che possono essere migliorati anche a livello organizzativo. Per esempio le Reti Oncologiche Regionali devono essere quanto prima attivate su tutto il territorio nazionale. Attualmente solo sette Regioni possiedono queste strutture che hanno dimostrato indubbi vantaggi anche nel garantire a tutti i malati le migliori terapie disponibili”.

“Oltre alle nuove cure e alle diagnosi precoci la patologia può essere sconfitta intervenendo sugli stili di vita – aggiunge il prof. Generali – Cessazione del vizio del fumo, una dieta sana ed equilibrata e un limitato consumo di alcol sono comportamenti che, se messi in atto, possono prevenire il carcinoma. È anche molto importante praticare regolarmente un po’ di attività fisica. La sedentarietà rappresenta, infatti, un fattore di rischio oncologico molto sottovalutato nonché una cattiva abitudine per oltre il 40% delle italiane over 45. Le donne che fanno sport presentano una riduzione del rischio d’insorgenza del carcinoma mammario del 20%. Va quindi promosso e incentivato tra l’intera popolazione femminile”.

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