Tumore del polmone, nuova terapia mirata migliora la sopravvivenza. I risultati di uno studio su 290 malati

Nel 2019, in Italia, stimati 42.500 casi, il 7% presenta mutazione del gene ALK. Ensartinib ha raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione (25,8 mesi) rispetto a crizotinib (12,7). Il prof. Filippo de Marinis, Direttore Divisione Oncologia Toracica IEO di Milano: “La molecola è molto selettiva e garantisce una migliore qualità di vita”

Roma, 10 agosto 2020 – Una terapia mirata di nuova generazione, ensartinib, migliora in modo significativo la sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule con riarrangiamento del gene ALK. Lo dimostra uno studio internazionale di fase III, presentato sabato scorso, al simposio presidenziale, in forma virtuale, della Conferenza mondiale sul tumore del polmone (WCLC 2020) dell’International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC).

Lo studio eXalt3, che ha coinvolto 290 persone, ha evidenziato una sopravvivenza libera da progressione mediana di 25,8 mesi nei pazienti trattati con ensartinib rispetto a 12,7 mesi con crizotinib (lo standard di cura al momento dell’avvio dello studio). L’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano è uno dei nove centri in Italia che hanno partecipato alla sperimentazione.

Prof. Filippo de Marinis

“Fino al 2011, cioè all’arrivo degli inibitori di ALK di prima generazione, questi pazienti avevano come unica opzione la chemioterapia – spiega il prof. Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica allo IEO – Nonostante i progressi ottenuti, circa la metà dei malati trattati con queste terapie mirate, di cui crizotinib è il capostipite, sviluppava metastasi cerebrali. Da qui la necessità di trovare nuove armi, gli inibitori di ALK di seconda generazione, in grado di rispondere a necessità cliniche ancora insoddisfatte. Ensartinib, come evidenziato nello studio eXalt3, non solo raddoppia la sopravvivenza libera da progressione rispetto a crizotinib, ma garantisce anche una buona qualità di vita grazie all’ottima tollerabilità. Non sono presenti effetti collaterali come diarrea, anemia, astenia e crampi muscolari, registrati invece con farmaci della stessa classe. In questo modo, i pazienti possono condurre una vita normale. Non solo. Ensartinib ha una maggiore capacità selettiva, perché blocca solo il gene ALK, responsabile della proliferazione del tumore, senza colpire altri bersagli molecolari”.

Circa il 70% delle persone con tumore del polmone non a piccole cellule ALK positivo è privo di metastasi cerebrali. “Lo studio – continua il prof. de Marinis – ha anche dimostrato che ensartinib garantisce un’alta protezione contro le nuove metastasi cerebrali. In questi casi, infatti, la sopravvivenza libera da progressione non è ancora stata raggiunta e si stima che possa avvicinarsi a 40 mesi, in base a dati di proiezione. Nelle persone che già presentano metastasi cerebrali, il tasso di risposta globale è stato del 64% rispetto al 21% con crizotinib. Va evidenziato che tutti i pazienti con metastasi cerebrali hanno mostrato una riduzione del tumore che, nel 64%, è stata superiore al 30% del diametro tumorale, riferimento per qualificare la risposta globale”.

Nel 2019, in Italia, sono stati stimati 42.500 nuovi casi di tumore del polmone. Il 5-7% presenta riarrangiamento del gene ALK. “I pazienti ALK positivi di solito sono giovani, di età inferiore ai 55 anni, e non fumatori – afferma il prof. de Marinis – Queste alterazioni contribuiscono alla crescita incontrollata delle cellule tumorali. Nei fumatori, servono alcuni decenni perché il cancro del polmone si sviluppi, cioè perché l’azione cancerogena del fumo di sigaretta determini mutazioni genetiche nelle cellule. Invece, nei pazienti ALK positivi, il processo tumorale non è causato da fumo di sigaretta ed è molto rapido, perché questa mutazione genetica è altamente proliferativa. Le terapie mirate, nell’ultimo decennio, hanno consentito passi in avanti molto importanti, infatti la sopravvivenza mediana in questi malati supera i 7 anni. L’obiettivo è rappresentato dalla cronicizzazione della neoplasia. Per questo è importante offrire ai pazienti armi sempre più efficaci e ben tollerate”.

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