Tracciata per la prima volta nell’uomo la vita delle cellule staminali del sangue dopo il trapianto

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La ricerca dell’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica chiarisce la vita delle cellule staminali del sangue e conferma la validità dell’impiego delle cellule staminali corrette geneticamente

ricercatori-3Milano, 27 maggio 2016Per la prima volta al mondo uno studio svela il destino, attività e sopravvivenza nell’organismo delle cellule staminali del sangue dopo il loro trapianto nell’uomo. Realizzata da un’équipe dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, una delle 18 strutture di eccellenza del Gruppo San Donato, la ricerca è stata pubblicata sulle pagine della prestigiosa rivista Cell Stem Cell. Il lavoro è stato realizzato nell’ambito della sperimentazione clinica di terapia genica condotta in collaborazione con GlaxoSmithKline (GSK) per la sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS), una rara e grave immunodeficienza congenita.

I risultati
I ricercatori hanno studiato l’evoluzione delle cellule staminali del sangue a seguito del loro trapianto dopo la correzione genetica. I ricercatori hanno individuato come e in quali tempi le staminali ematopoietiche re-infuse si differenziano in cellule mature e ricostituiscono le cellule necessarie per la vita del paziente, quali le cellule del sistema immunitario, i globuli rossi e le piastrine. Lo studio ha anche mostrato che le cellule staminali corrette si sono riprodotte e permangono nel tempo dopo il trattamento.

Lo studio
L’équipe SR-Tiget è riuscita a tracciare la storia delle cellule staminali ematopoietiche grazie a un vero e proprio ‘codice molecolare’ che rimane nelle cellule a seguito della modifica genetica. “Quando le staminali del malato vengono corrette – spiega Luca Biasco, primo autore e coordinatore dello studio insieme al prof. Alessandro Aiuti – il gene terapeutico va a integrarsi nel genoma in un punto diverso da cellula a cellula. Il sito di integrazione diventa quindi di per sé un segno distintivo, in gergo un ‘codice a barre molecolare’, che può essere riconosciuto dopo che le staminali ematopoietiche corrette sono state rinfuse nel paziente anche a distanza di anni dal trapianto. Non solo, ma questo codice a barre viene ereditato dalle cellule figlie, generate cioè per differenziazione dalle cellule staminali che hanno attecchito nel paziente”.

Il primo passo è stato l’isolamento delle cellule staminali e delle altre cellule differenziate dal paziente e l’analisi molecolare del loro DNA, alla ricerca del codice che permettesse ai ricercatori di riconoscerle. Una volta ottenuta l’identità di migliaia di cellule staminali e il loro corredo genetico, i ricercatori hanno ricostruito la loro mappa genealogica con un metodo matematico comunemente usato in ecologia per seguire l’evoluzione delle specie animali nel proprio habitat naturale. Questo lavoro di ‘ecologia cellulare’ ha permesso di scoprire che le cellule staminali ricostituiscono le cellule del sangue in due ondate principali, una più precoce e a breve termine, un’altra più tardiva e stabile a diversi anni di distanza dal trapianto. Lo studio sembra anche suggerire che dei milioni di cellule staminali infuse nei pazienti, poche migliaia sono sufficienti a sostenere una produzione stabile e duratura di cellule del sangue nell’individuo trapiantato.

Mentre questo tipo di analisi era stato condotto finora solo su modelli animali, i ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon sono riusciti per la prima volta a tracciare il destino di migliaia di cellule staminali direttamente nell’uomo, ricostruendo come e quanto una staminale si è riprodotta, quali cellule del sangue ha generato e quanto può sopravvivere.

Spiega il prof. Aiuti, coordinatore area clinica SR-Tiget: “Questo studio dimostra ancora una volta il potenziale di un’efficace sinergia tra ricerca di base e attività clinica, consentendoci di comprendere a pieno le proprietà biologiche e le potenzialità terapeutiche delle cellule staminali ematopoietiche corrette geneticamente. I risultati confermano la validità della strategia utilizzata nel nostro Istituto per curare le malattie genetiche rare e hanno potenziali importanti ricadute anche nel campo dei trapianti di midollo osseo e della cura dei tumori”.

Questo lavoro è stato possibile grazie ai finanziamenti di Fondazione Telethon, Commissione Europea e Ministero della Salute italiano.

fonte: ufficio stampa

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