Toscana, verso lo smantellamento della guardia medica in cambio di un call center. FISMU: “Attacco al diritto alla salute”

Roma, 25 agosto 2022 – In Toscana, si va verso lo smantellamento della guardia medica, a più che un dimezzamento delle sedi e del servizio: un grave taglio, un errore gravissimo. Questa la denuncia di Francesca Muti, segretario regionale Fismu e Marco Bruni, Responsabile nazionale Fismu Continuità Assistenziale (guardia medica) e responsabile assistenza primaria dell’Asl sud-est: “Secondo quanto riportato da molti media, fra qualche settimana partirà il 116117, un call center a cui chiedere consulenze telefoniche dalle 20 alle 8 e nei giorni festivi , cioè quando sono chiusi gli ambulatori dei medici di famiglia”.

“Questo nuovo call center – spiegano amaramente i dirigenti Fismu – però sarà accompagnato dallo smantellamento della continuità assistenziale, con un taglio di oltre il 50% delle sedi di guardia medica: si parla di mantenere circa 50/70 postazioni sull’attuale copertura di 160 postazioni e ci saranno 3/4 medici per area vasta che risponderanno al telefono. Quindi non più il medico di guardia che ciascun territorio è abituato ad avere per eventuale accesso diretto per visite ambulatoriali, per le visite domiciliari e per la richiesta di ricette mediche e certificazioni, ma una consulenza telefonica e di conseguenza il ricorso (improprio) al 118 o al Pronto soccorso (PS)”.

“Eppure il servizio di continuità assistenziale – sottolineano Muti e Bruni – non è un surrogato del 118 ma costituisce a livello territoriale un filtro imprescindibile agli accessi impropri per i Pronto Soccorso e il sistema di emergenza territoriale 118. Il servizio di continuità assistenziale ha anche, e appunto, la finalità di intervenire in tutte quelle patologie per cui il 118 non è indicato e che ugualmente hanno lo stesso diritto di essere assistite al pari di quelle che mettono il paziente a rischio della vita, soprattutto mantenendo il principio della prossimità della relazione medico-paziente (elemento che non può essere mantenuto con il consiglio telefonico!). Insomma un salto nel buio!”.

Discutibili anche le giustificazioni con le quali la Regione spiegherebbe la necessità di questo “involuzione” nel servizio, tra queste in modo particolare ci sarebbe la mancanza di medici. “Carenza – ribattono i dirigenti Fismu – che con i dovuti incentivi verrebbe sicuramente superata, basti pensare alle soluzioni adottate con l‘emergenza Covid, modelli specifici (utilizzati per le USCA), e che per esempio altre Regioni stanno riproponendo per la copertura ordinaria del servizio. Perché in Toscana no?”.

“Molti medici – aggiungono – stanno uscendo dal sistema volontariamente dimettendosi e palesando una insofferenza ed un profondo disagio professionale. Ma le proposte concrete avanzate da FISMU per ovviare questa situazione sono state respinte, perché la regione Toscana invece di incentivare un’assistenza territoriale che è in estrema difficoltà, e che avrebbe bisogno di investimenti, cerca disperatamente di fare le nozze con i fichi secchi: un modello che si basa fondamentalmente su un incremento del carico di lavoro a parità o con minor forza lavoro. Questo non potrà che creare il peggioramento dell’assistenza territoriale e un’ulteriore disaffezione alla professione”.

“È questo il cavallo di Troia che verrà proposto ai cittadini toscani a partire dal rientro delle ferie estive – concludono Muti e Bruni – un contenitore infiocchettato bene dalla politica regionale, e venduto addirittura come un miglioramento dell’attuale organizzazione dell’assistenza territoriale, che offrirà ai cittadini addirittura un servizio in più: cioè il call center! Ma nessuno ha posto l’attenzione sul fatto che questo contenitore è privo dell’assistenza medica diretta al cittadino: quella a cui siamo abituati dalla nascita del SSN. FISMU chiede quindi di rivedere radicalmente il progetto e invita la Regione a non modificare l’attuale assetto organizzativo e ad allargare ad una assistenza diurna aggiuntiva utilizzando la semplice via di estendere il contratto della continuità assistenziale a 38 ore/settimana invece che delle attuali 24, previsione già contenuta nell’attuale contratto di lavoro nazionale”.

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