Straordinario intervento al Bambino Gesù, separate gemelline siamesi provenienti dal Burundi

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Erano schiena contro schiena, unite per la zona sacrale. 12 ore di camera operatoria e 4 équipe per un totale di 25 persone. Modelli 3D per simulare l’operazione. È il terzo caso nella storia dell’Ospedale. Segue di poche settimane l’intervento sulle bambine algerine

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Roma, 21 dicembre 2017 – Hanno potuto conoscersi guardandosi negli occhi Francine e Adrienne, le gemelline siamesi provenienti dal Burundi separate all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù il 30 novembre scorso. Posizionate schiena contro schiena, erano unite per la zona sacrale (gemelle pigopaghe). Condividevano il midollo spinale e la parte terminale dell’intestino ano-retto.

L’intervento di separazione è durato 12 ore e si è concluso con successo. In camera operatoria si sono alternate 4 diverse équipe per un totale di circa 25 persone, coordinate dal prof. Pietro Bagolan, direttore del Dipartimento di Neonatologia medica e chirurgica. Le piccole, dopo un periodo in terapia intensiva per i controlli post-operatori, sono tornate nella loro cameretta in Neonatologia. La vigilia dell’Epifania festeggeranno 7 mesi di vita.

Per l’Ospedale è il secondo caso di separazione di gemelle siamesi a distanza di poche settimane. È dell’ottobre scorso l’intervento su Rayenne e Djihene, le piccole algerine unite per il torace e per l’addome. L’unica altra operazione di questo tipo al Bambino Gesù risale all’inizio degli anni 80, più di 30 anni fa, e fu eseguita su due gemellini maschi. Il percorso clinico e chirurgico delle neonate burundesi rientra nell’ambito delle attività umanitarie dell’Ospedale pediatrico della Santa Sede. Negli ultimi 2 anni i casi pro bono (interamente a carico del Bambino Gesù) sono stati circa 100, provenienti dai Paesi di tutto il mondo.

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L’intervento di separazione
La preparazione all’intervento, a cui hanno lavorato medici e specialisti di 5 diverse aree (Neonatologia, Chirurgia plastica, Neurochirurgia, Anestesiologia e Rianimazione, Diagnostica per immagini) è durata 3 mesi e ogni fase è stata studiata e pianificata con l’ausilio di stampe 3D, TAC e risonanze tridimensionali.

L’operazione di 12 ore è stata eseguita giovedì 30 novembre 2017. Al tavolo operatorio si sono alternate 4 équipe composte da chirurghi neonatologi, neurochirurghi, chirurghi plastici, anestesisti, strumentisti e infermieri, a cui era stata assegnata una precisa fase dell’intervento.

Le neonate burundesi avevano in comune il midollo spinale, che correva dall’una all’altra senza interruzione, formando una sorta di V all’interno delle vertebre; il sacco durale (la membrana che riveste il midollo); la parte terminale dell’intestino retto, l’ano e lo sfintere.

Tutte queste parti congiunte sono state separate e poi ricostruite dai vari team secondo programma e tempi prestabiliti: i neonatologi hanno iniziato separando ano, retto e sfintere, quindi è stato il momento dei neurochirurghi per la separazione e l’immediata ricostruzione del midollo spinale e del sacco durale.

Successivamente, in due diverse sale operatorie, i chirurghi neonatologi hanno ricostruito l’area sacrale di ciascuna gemella. I chirurghi plastici hanno terminato la complessa procedura occupandosi del ripristino e della chiusura dei tessuti.

“La sfida di questo intervento – spiega il prof. Bagolan – è stata separare il midollo spinale senza sacrificare le varie radici nervose; ricostruire velocemente il sacco durale per evitare perdite di liquido cerebro-spinale e ricreare l’area ano-rettale mantenendo integra la funzionalità dello sfintere. Il nostro obiettivo prioritario – conclude il direttore del Dipartimento di Neonatologia – era garantire alle bambine la migliore qualità di vita possibile tenendo conto che torneranno a crescere in un’area geografica in cui i presidi sanitari sono una rarità”.

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Prof. Pietro Bagolan

Gemelli siamesi pigopaghi: tipologia molto rara
Tra le varie tipologie di gemelli siamesi, i pigopaghi, ovvero quelli congiunti tramite la parte posteriore del corpo, la zona sacrale, sono tra i più rari, circa l’1% del totale. In generale, la nascita di una coppia di gemelli siamesi è un evento inconsueto – in letteratura si conta 1 caso ogni 50-100 mila nati vivi – legato alla divisione tardiva dell’embrione (a 12-14 giorni di età gestazionale), ma i motivi di questo ritardo non sono ancora stati scientificamente accertati. A causa della gravità delle malformazioni, il 75% dei siamesi non sopravvive.

La storia di Gertrude, mamma coraggiosa
È andata a partorire le sue bambine in motorino. Il 5 luglio 2017 Gertrude non ha idea di cosa le capiterà di lì a poco. Ha già due figli di 12 e 4 anni, sa come funziona il suo corpo e capisce che è ora di andare. Così, in sella a un motorino, accompagnata da un’amica, lascia Butihinda, villaggio nel nord del Burundi dove vive, per raggiungere il primo presidio sanitario disponibile, a 40 minuti di viaggio.

Con un parto naturale dà alla luce 3 gemelle: Jezerine – ora accudita dalle suore nel suo Paese – e Adrienne e Francine, bambine congiunte. Lì, nella piccola struttura sanitaria di Buhorana non sono in grado di aiutarle. Viene deciso di trasferire mamma e gemelle siamesi nella lontana Bujumbura, in un centro medico più attrezzato. Ma anche nella capitale burundese Gertrude si sente dire che per le sue bambine non c’è futuro.

La speranza, invece, arriva da una Onlus italiana, Kamar, che prende subito contatto con il Bambino Gesù e si fa carico delle spese del viaggio aereo verso Roma. Gertrude, Adrienne e Francine arrivano nell’ospedale pediatrico della Santa Sede il 30 agosto. Vengono accolte nel reparto di Neonatologia. La mamma è spaesata per l’improvvisa immersione in un mondo tutto nuovo e così diverso dal suo.

Le bambine sono piccolissime. Medici e infermiere si prendono cura di loro. Gertrude, che parla solo il kirundi, viene affiancata da una mediatrice culturale che la accompagna e la sostiene in ogni momento della giornata. Ora va anche a scuola. Sta imparando a leggere, a scrivere e a pronunciare qualche frase in italiano. Fra non molto potrà riportare le sue piccole a casa, nel suo villaggio, per far conoscere loro il resto della famiglia.

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