Shock anafilattico da allergia alimentare: farmaco per l’asma riduce il rischio

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Lo rivela uno studio dei ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Oltre il 70% degli alimenti “proibiti” reintrodotto nella dieta di bambini e ragazzi

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Roma, 7 marzo 2019 – Ridotto in maniera significativa il rischio di shock anafilattico per i bambini affetti da allergie gravi: è l’effetto di un farmaco per migliorare il controllo dell’asma allergico che si è rivelato capace di innalzare una barriera protettiva anche contro l’anafilassi, la forma più grave di allergia alimentare.

La scoperta è stata fatta dai ricercatori allergologi dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che hanno osservato le reazioni a vari allergeni alimentari in un gruppo di bambini durante il trattamento con il farmaco omalizumab. I risultati dello studio sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Allergy and Clinical Immunology: in practice.

Allergia alimentare: colpiti 5 bambini su 100
Le malattie allergiche sono le patologie croniche più diffuse nella popolazione dopo l’artrosi/artrite e l’ipertensione arteriosa. L’allergia alimentare, in particolare, colpisce 5 bambini su 100, con un picco nei primi 3 anni di vita. Questa forma di allergia è scatenata dalle proteine contenute in alcuni cibi che – per un errore del sistema immunitario – vengono riconosciute come minacce, innescando la reazione infiammatoria. In circa il 40% dei casi l’allergia alimentare è associata ad asma allergico grave che pregiudica la crescita dei polmoni e riduce la qualità di vita.

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Lo shock anafilattico
L’anafilassi è la forma più grave di allergia alimentare. In età pediatrica ha una prevalenza compresa tra l’1 ed il 3% dei casi di allergia alimentare ed è 10 volte più frequente tra i bambini che tra gli adulti.

I sintomi della reazione allergica agli alimenti si sviluppano molto rapidamente: basta l’ingestione, il contatto, o la semplice inalazione di minute quantità dell’alimento ‘incriminato’ per creare immediatamente orticaria, edema e gonfiore del volto, prurito e gonfiore delle estremità, rinite, congiuntivite, mancanza di fiato, tosse convulsa.

Altrettanto velocemente, in circa 3 casi su 100, i sintomi di una manifestazione allergica alimentare progrediscono fino ad arrivare alla riduzione della pressione arteriosa e allo shock anafilattico. I bambini con allergia alimentare associata ad asma allergico grave corrono un rischio maggiore di andare incontro allo shock anafilattico.

Lo studio e gli effetti del farmaco omalizumab
I ricercatori del Bambino Gesù, diretti dal prof. Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia dell’Ospedale Pediatrico della Santa Sede, hanno studiato un gruppo di 15 bambini e ragazzi, di età compresa tra i 6 e i 18 anni, affetti da asma allergico grave associato a forme complesse di allergia alimentare (reazione immediata a 2 o più alimenti).

Lo studio è durato quasi 3 anni: in questo periodo sono state osservate le reazioni a vari allergeni alimentari prima e dopo l’avvio del trattamento con omalizumab, un principio attivo utilizzato per la cura dell’asma allergico grave persistente. Il farmaco agisce direttamente contro le immunoglobuline E (IgE), che sono all’origine delle crisi asmatiche, prevenendo l’attacco infiammatorio.

Di documentata efficacia sul fronte dell’asma allergico e dell’orticaria cronica, fino ad oggi gli effetti dell’omalizumab su altre forme di allergia erano stati scarsamente indagati. Lo studio del Bambino Gesù ne ha dimostrato le ricadute positive anche sull’allergia alimentare severa, cioè sul livello di tollerabilità degli allergeni alimentari durante il trattamento per l’asma grave.

I risultati dello studio
I 15 pazienti arruolati nella ricerca manifestavano reazioni allergiche immediate a 37 alimenti. L’80% di loro aveva già affrontato episodi di anafilassi. I ricercatori hanno effettuato il test dei livelli di reattività per 23 diversi alimenti (compresi latte, uova, grano, nocciola) prima e dopo l’inizio del trattamento con omalizumab.

Dal confronto dei dati è emerso un innalzamento della soglia di tolleranza agli allergeni (si è passati da una soglia media iniziale di 460 mg di proteine a 8.192 mg) che ha ridotto sensibilmente il rischio di shock anafilattico in caso di contatto involontario con i cibi ‘proibiti’. Nel periodo di osservazione, infatti, il numero di reazioni all’ingestione accidentale di allergeni è sceso da 47 a 2 episodi registrati.

Grazie all’azione protettiva del farmaco, oltre il 70% degli alimenti testati (15 su 23) è stato reintrodotto in sicurezza nella dieta dei bambini, senza necessità di procedure di immunoterapia orale. I restanti cibi sono stati quasi del tutto tollerati. In base al giudizio di genitori e pazienti, espresso tramite un questionario, la qualità della vita è aumentata mediamente del 40%.

“Lo studio ci ha permesso di capire che con l’omalizumab l’allergia alimentare smette di essere pericolosa e che dosi di cibo prima molto rischiose possono essere tollerate, pressoché azzerando il rischio di shock anafilattico – spiega Alessandro Fiocchi, responsabile di Allergologia del Bambino Gesù – Con la somministrazione del farmaco il bambino guadagna uno stato di tolleranza che gli permette di respirare, mangiare ed entrare in contatto con gli allergeni, anche i più pericolosi per lui, senza averne danno. I risultati della nostra ricerca aprono ora la strada a studi prospettici sull’opportunità di utilizzare il trattamento anche per casi selezionati di pazienti con allergia alimentare che non abbiano asma”.

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