Quando il gioco diventa una malattia

In Italia, come in altri Paesi dell’Occidente, l’offerta di giochi d’azzardo è in continuo aumento ed è sempre più diversificata, tanto che quella che in passato era un’abitudine riguardante una ristretta fascia di persone, è, di fatto, divenuta alla portata di tutti. Ma, in parallelo all’espansione del fenomeno sociale, aumenta in proporzione anche il numero di persone che perdono il controllo del gioco, che non hanno più il senso del limite e che manifestano una vera e propria forma di dipendenza.

Stiamo parlando di ludopatia, ovvero di “gioco d’azzardo patologico”, quando il piacere del gioco diventa un incontrollabile impulso che degenera in una serie di problematiche che incidono non solo sulla salute psicofisica del soggetto giocatore, ma anche sulla sua vita familiare, sociale e lavorativa. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, la ludopatia coinvolge il 3% della popolazione adulta, ovvero un milione e mezzo di italiani.

Il mercato del gioco è un settore in costante ascesa, di conseguenza il numero dei ludopati è destinato a salire in proporzione al fatturato, alla varietà dell’offerta, all’attrattività del gioco, alla sua mediaticità.
Il gioco d’azzardo patologico rappresenta un fenomeno in espansione, con aspetti estremamente delicati e complessi che non devono essere sottovalutati. Ne parliamo con il colonnello Antonio Carideo, Capo Ufficio Logistico presso la Legione Carabinieri Campania di Napoli.

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Col. Antonio Carideo – Capo Ufficio Logistico presso la Legione Carabinieri Campania di Napoli

Colonnello Carideo, come è cambiato, negli ultimi anni, l’approccio al gioco d’azzardo?
Negli ultimi anni, in tutto il mondo, il gioco d’azzardo è diventato un fenomeno in forte espansione, anche per l’ausilio di nuove modalità telematiche (Internet) che ne hanno consentito l’accesso ad un pubblico sempre più ampio.
I giochi che sembrano predisporre maggiormente al rischio sono quelli che offrono maggiore vicinanza spazio-temporale tra scommessa e premio, quali le slot-machines e i giochi da casinò, ma anche i videopoker e il Bingo.
Le fasce più a rischio sembrano invece, tra le donne, le casalinghe e le lavoratrici autonome dai quaranta ai cinquant’anni e, tra gli uomini, i disoccupati o i lavoratori autonomi che hanno un frequente contatto col denaro o con la vendita ed un’età intorno ai quarant’anni.

slot 3È possibile tracciare un profilo del giocatore d’azzardo?
In relazione alle motivazioni che sembrano determinare e accompagnare il gioco d’azzardo, sono state distinte le seguenti tipologie di giocatori: il giocatore sociale che è mosso dalla partecipazione ricreativa, considera il gioco come un’occasione per socializzare e divertirsi e sa governare i propri impulsi distruttivi; il giocatore problematico in cui, pur non essendo presente ancora una vera e propria patologia attiva, esistono dei problemi sociali da cui sfugge o a cui cerca soluzione attraverso il gioco; il giocatore patologico in cui la dimensione del gioco è ribaltata in un comportamento distruttivo che è alimentato da altre serie problematiche psichiche; il giocatore patologico impulsivo/dipendente in cui i gravi sintomi che sottolineano il rapporto patologico con il gioco d’azzardo sono talvolta più centrati sull’impulsività e altre volte sulla dipendenza.

Colonnello, quando si può considerare il gioco d’azzardo come una vera e propria malattia?
Il gioco d’azzardo diventa una malattia quando assume un ruolo di eccessiva rilevanza nella vita quotidiana causando difficoltà economiche, personali e familiari, per reperire il denaro necessario al gioco. La maggiore facilità a partecipare alle lotterie e, in generale, a scommettere hanno incrementato la percentuale di soggetti che sono precipitati nel vortice del Gioco d’Azzardo Patologico (GAP). I sistemi di classificazione diagnostica internazionale lo definiscono un comportamento persistente, ricorrente e maladattativo di gioco che compromette le attività personali, familiari o lavorative.

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schema sul circolo vizioso del gioco patologico

Quali sono i comportamenti dai quali si può desumere che si sta precipitando nel vortice del GAP?
La presenza di alcuni dei seguenti comportamenti-segnale potrebbe significare come il gioco d’azzardo sia diventato o stia diventando un problema:

  • pensi al gioco tutti i giorni;
  • cerchi di rifarti sempre quando perdi;
  • spesso ti senti depresso per colpa del gioco;
  • ti capita di nascondere il tuo vizio del gioco a quelli che ti stanno più vicino;
  • qualche volta ti è capitato di prendere in prestito soldi dagli amici per giocare;
  • ogni tanto litighi con i tuoi familiari per colpa dei soldi o del gioco d’azzardo;
  • spesso ti capita di giocare più a lungo di quanto ti fossi proposto;
  • spesso ti capita di giocare finché rimani letteralmente al verde;
  • qualche volta non riesci a dormire per pensare al gioco d’azzardo;
  • ti succede di non pagare le bollette perché i soldi ti servono per giocare;
  • molte volte ti sei ripromesso di non giocare più senza riuscirci;
  • ti poni dei limiti che poi trovi difficile rispettare;
  • ti accorgi di minimizzare consapevolmente quando parli con qualcuno della frequenza o delle cifre che spendi per giocare;
  • il tuo ruolo di partner, di genitore o il tuo lavoro risentono del fatto che continui a pensare al gioco d’azzardo.

Colonnello Carideo, quale consiglio può dare a chi si riconosce nei suddetti comportamenti?
Se sono presenti alcuni di questi segnali, consiglio innanzitutto di affrontare apertamente il problema in famiglia, chiedendo il sostegno dei propri cari: riconoscere l’esistenza del problema è un primo passo verso la sua risoluzione. Parecchie famiglie, ogni anno, incontrano grandi difficoltà economiche a causa del vizio del gioco. È importante, poi, parlarne con il medico di famiglia che saprà indirizzare in centri specialistici: il gioco d’azzardo patologico è un disturbo che si può curare con trattamenti terapeutici adeguati.
Consiglio inoltre di organizzarsi una attività ricreativa che possa sostituire il vizio del gioco.
È fondamentale convincersi che non serve tentare di risolvere il problema da solo, ma è necessario un aiuto esterno.

Dalila Beatrice

Dalila Beatrice

Ingegnere civile. Giornalista. Editore

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