Produrre combustibile dalla CO2 a impatto zero. Dal Politecnico di Torino, un nuovo dispositivo all-in-one che imita le piante

Torino, 8 giugno 2021 – Un riconoscimento importante è giunto al Politecnico di Torino nel campo della chimica. Il prof. Federico Bella, del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia – DISAT, ha infatti vinto la prima edizione del premio “Environment, Sustainability & Energy Division Horizon Prize” della Royal Society of Chemistry, grazie alla partecipazione a un progetto internazionale che ha visto la collaborazione di colleghi di importanti università quali Sorbonne Université, École Polytechnique, ETH Zürich, Benemérita Universidad Autónoma de Puebla, Collège de France ed École Polytechnique Fédérale de Lausanne.

Il team di ricerca ha progettato e realizzato un nuovo dispositivo all-in-one che imita le piante e utilizza CO2, acqua e luce solare per produrre carburanti sostenibili e prodotti chimici a valore aggiunto, partendo dai concetti base della fotosintesi, il modo in cui le piante convertono anidride carbonica in nutrimento, grazie all’energia solare.

La ricerca, già pubblicata sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America” journal, è stata selezionata dalla Royal Society of Chemistry – istituzione britannica di fama mondiale, fondata nel 1841, che oggi conta oltre 54mila membri in tutto il mondo – come esempio di importante scoperta nel campo dell’ambiente, della sostenibilità e dell’energia.

Questo premio è stato istituito nel 2020 per mettere in evidenza le scoperte più rilevanti e all’avanguardia della ricerca e dell’innovazione nel campo della chimica. Infatti, il riconoscimento è dedicato ai team e alle collaborazioni che stanno aprendo nuove strade e possibilità nel loro campo, attraverso sviluppi scientifici innovativi.

Il cuore della ricerca di Bella e colleghi è l’elettroriduzione dell’anidride carbonica come tecnologia chiave per utilizzare la CO2 per produrre prodotti chimici ad alto valore aggiunto (come gli idrocarburi) e un come modalità per immagazzinare energia solare intermittente in modo durevole. Il progetto punta a sviluppare un sistema a basso costo, sostenibile e altamente efficiente, alimentato grazie al fotovoltaico. I risultati sono stupefacenti: questo sistema è due volte più efficiente di quello utilizzato dai vegetali in natura e il prototipo è stato sviluppato con materiali a basso costo.

Infatti, oggigiorno le altre tipologie di dispositivi di fotosintesi artificiale utilizzano come materie prime metalli molto costosi, come l’iridio e l’argento. I vincitori del premio invece garantiscono il funzionamento del processo con metalli economici e non particolarmente rari, che non provengono da zone di conflitto. Inoltre, i ricercatori sono riusciti a integrare i diversi sistemi necessari durante l’intero processo in un solo dispositivo, aspetto che lo rende facile da produrre.

Nel dettaglio, si tratta di un elettrolizzatore che utilizza lo stesso catalizzatore a base di rame sia all’anodo che al catodo e raggiunge la riduzione di CO2 a idrocarburi (etilene ed etano) con un’efficienza energetica del 21%. Il successivo accoppiamento di questo sistema a un mini modulo fotovoltaico di perovskite all’avanguardia ha dimostrato un’efficienza del 2,3% da solare a idrocarburi, stabilendo un valore di riferimento per i sistemi elettrocatalitici economici alimentati dal sole.

Poiché il dispositivo utilizza l’anidride carbonica come unica fonte di carbonio per produrre combustibili e prodotti chimici, potrebbe costituire una soluzione sostenibile per ridurre l’accumulo di gas serra nella nostra atmosfera.

“Dispositivi come questa ‘pianta artificiale’ ci avvicinano sempre di più a un’economia a ciclo chiuso – commenta Federico Bella, che ha guidato in particolare l’attività legata alle celle solari per alimentare i reattori elettrochimici – immaginate un mondo in cui i combustibili provengono dalla stessa anidride carbonica che produciamo quando li bruciamo. Potenzialmente, potremmo fermare le emissioni di CO2 e limitare gli effetti del cambiamento climatico”.

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