Pet Therapy, interventi assistiti con gli animali: un’opportunità per la Sanità. Convegno alle Molinette di Torino

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Torino, 17 novembre 2016 – Una giovane paziente di 16 anni e mezzo, affetta da una grave forma di anoressia nervosa, che inizialmente rifiutava qualunque proposta di terapia, grazie alle sedute di Pet therapy ha accettato un progressivo avvicinamento al luogo di cura ed ai curanti stessi, mediato dai cani, riducendo l’isolamento e l’evitamento relazionale. La paziente ha così potuto sperimentare le proposte di cura gradualmente, mostrandosi via via più disponibile e motivata, presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino.

Un bambino russo di 11 anni, adottato all’età di 7 da genitori italiani, affetto già in Russia da problematiche di tipo neurochirurgico, poi diagnosticate e trattate in Italia, in particolare da una malformazione artero-venosa. Nel 2013 è stato sottoposto ad una embolizzazione cerebrale. Questo ha lasciato, però, nel bambino fobie e paure importanti per tutto ciò che è sanitario: camici bianchi, locali, presidi, e così via.

Da due anni necessitava di intervento odontoiatrico e, nonostante svariati tentativi in diversi studi medici, lui ha sempre rifiutato anche solo di essere visitato. La famiglia, in occasione dell’evento “A tutta coda”, svoltosi al Lingotto dal 13 al 16 ottobre u.s., è venuta a conoscenza del progetto The Dogtor, finanziato dall’Associazione Immagina-To, in particolare del progetto attivo presso la Dental School della Città della Salute (diretta dal prof. Stefano Carossa). È stata prenotata, quindi, la visita odontoiatrica volutamente nella giornata di lunedì per aderire al suddetto progetto come ultimo tentativo di curare il bambino.

L’incontro di Marco con i Dogtors è stato amore a prima vista: con Camilla, Golden Retriever, ha preso confidenza con gli strumenti odontoiatrici ed ha poi scelto Sally, Lagotto romagnolo, per farsi accompagnare ed “assistere” alla poltrona, tenendola direttamente seduta sulle gambe. Il risultato è stato strepitoso: non solo a Marco sono state somministrate tutte le cure, ma al termine della seduta ha, addirittura, abbracciato il medico curante.

Nella nostra società la nozione che anche un animale, al pari di relazioni affiliative umane, possa influire positivamente sulla salute umana (il cosiddetto pet effect) gode di una sempre maggiore credibilità. Ma per capire bene questo fenomeno occorre conoscere gli animali, occorre recuperare quel contatto diretto con la natura, qualità tipica della cultura rurale, che la nostra società un po’ ha perso.

I bambini di oggi, infatti, conoscono Peppa Pig ma non il maiale, Pongo ma non il cane, Bugs Bunny ma non il coniglio, Silvestro ma non il gatto, e così via. Gli animali da compagnia sono presenti nella storia dell’umanità da millenni tanto da essere considerati, a pieno titolo, come parte della famiglia.

Quando si parla di Pet Therapy ci si riferisce, appunto, alla strutturazione metodologica della relazione uomo-animale a fini terapeutici. Gli animali sono in grado di promuovere attività fisiche e ricreative, catalizzano relazioni sociali e comunicazione, riducono il senso di solitudine ed aiutano a fronteggiare situazioni di ansia e stress. Le loro capacità di mostrare totale e incondizionata accettazione senza riguardo alle disabilità e patologie dell’essere umano con cui entrano in contatto, rappresentano uno strumento preziosissimo per il benessere di persone che si trovano in situazioni particolari come, ad esempio, gli anziani istituzionalizzati, i bambini ospedalizzati, i pazienti psichiatrici e chiunque si trovi in una situazione, anche parziale e temporanea, di isolamento sociale. Tutto ciò succede quotidianamente presso gli ospedali della Città della Salute di Torino.

Di tutte queste tematiche si parlerà al Convegno, organizzato dalla Città della Salute di Torino in collaborazione con l’ASL TO5, dal titolo: “Interventi Assistiti con gli Animali: un’opportunità per la Sanità”, che si svolgerà venerdì 18 novembre dalle ore 8.30 alle 18.00, presso l’Aula Magna A.M. Dogliotti dell’ospedale Molinette. In questa occasione i rappresentanti delle Istituzioni, del mondo accademico insieme ai professionisti della salute avranno l’occasione di confrontarsi sul tema e di incontrare tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di Terapie Assistite con Animali ed ai quali, sempre di più, viene richiesta la validazione scientifica dei progetti avviati.

In tale occasione i Responsabili scientifici dell’evento, Laura Odetto della Città della Salute e Paolo Guiso dell’ASL TO5, proporranno alle Istituzioni ed ai professionisti la realizzazione annuale di un Congresso nazionale sul tema a partire dal 2017.

L’anoressia nervosa è il disturbo all’interno dei disturbi del comportamento alimentare che comporta attualmente il rischio di morte più alto tra tutte le patologie psichiatriche, intorno al 5-10 % secondo la letteratura internazionale. La restrizione estrema delle ingesta ed il trend di calo ponderale progressivo sono al contempo un segnale di angoscia profonda ed un tentativo di richiesta d’aiuto e di difesa da quella angoscia stessa.

La resistenza al trattamento nei disturbi del comportamento alimentare rappresenta uno degli elementi di sfida che caratterizza il progetto terapeutico. Curare la resistenza significa comprendere il significato conscio-inconscio dei sintomi in atto: occorre una continua attenzione all’alleanza terapeutica, che non può essere solo ‘negoziata o imposta’, ma necessita di un processo di mentalizzazione e di piena consapevolezza. L’approccio terapeutico è complesso e di tipo multidisciplinare e richiede la messa in atto di un progetto di cura psichiatrico, che, secondo il modello biopsicosociale, metta in campo terapie psico-farmacologiche, nutrizionali-internistiche, psicoterapeutiche.

Il CER (Centro Esperto Regionale) per la cura dei Disturbi del Comportamento Alimentare dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (diretto dal prof. Secondo Fassino) si occupa della cura specifica di tali complesse patologie. Molti studi hanno indagato la correlazione tra ‘stile di attaccamento’ (un complesso modello di regolazione interattiva degli affetti) interiorizzato a partire dai primi mesi di vita e lo sviluppo di un disturbo del comportamento alimentare. Le ricerche hanno evidenziato che i pazienti con DCA hanno più frequentemente uno stile di attaccamento definito insicuro, che compromette le capacità riflessive e di mentalizzazione con una conseguente difficoltà nella gestione delle emozioni, che vengono ridotte al minimo e tenute lontane dal conscio. La relazione terapeutica può ricreare una matrice interattiva di attaccamento nella quale, potenzialmente, il Sé può essere ‘ristrutturato’.

In una cornice psicoterapeutica di tipo psicodinamico si inseriscono anche interventi terapeutici a mediazione non verbale. In particolare da quest’estate è partito un progetto sperimentale che vede l’utilizzo della Pet Therapy con cani, come add-on delle terapie già presenti nel percorso di cura in Day Hospital, per lavorare proprio sul recupero del contatto emotivo, mediato dall’animale, potenziando l’adesione alle cure e contenendo i sintomi ansiosi. Tale opportunità fornisce uno strumento ai terapeuti, che in sede psicoterapeutica individuale e di gruppo si occupano di promuovere l’elaborazione emotiva.

È emblematico il caso di una giovane paziente giunta per una grave forma di anoressia nervosa a pochi mesi dall’esordio, che inizialmente rifiutava qualunque proposta di terapia, mostrando una forte resistenza alle cure ed una marcata difficoltà rispetto alla consapevolezza di malattia che era assente. La partecipazione alle sedute di Pet therapy ha comportato un progressivo avvicinamento al luogo di cura ed ai curanti stessi, mediato dai cani in presenza degli operatori specializzati in questo ambito e sempre alla presenza di uno psicoterapeuta, riducendo l’isolamento e l’evitamento relazionale. La paziente ha così potuto sperimentare le proposte di cura gradualmente mostrandosi via via più disponibile e motivata, iniziando a concedersi lo spazio di un ‘contatto’ con il proprio mondo emotivo interiore a partire da ciò che provava nelle sedute di Pet Therapy.

Tale osservazione clinica sottolinea come vi possa essere uno spazio da dedicare a tecniche terapeutiche di tipo non verbale che possono fornire, in un contesto di cura multidisciplinare, un valido strumento integrativo di supporto per la buona riuscita del progetto terapeutico.

fonte: ufficio stampa

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