Nutrire il cervello. Dieta e malattie neurologiche

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Dal 16 al 22 marzo torna la Settimana Mondiale del Cervello

settimana-mondiale-cervello-2015Milano, 11 marzo 2015 – “Nutrire il cervello. Dieta e malattie neurologiche” al centro della V edizione della Settimana Mondiale del Cervello dal 16 al 22 marzo 2015 in tutta Italia.

In un momento in cui, grazie anche a Expo Milano 2015, l’opinione pubblica è particolarmente sensibile alle questioni concernenti l’alimentazione, la SIN, Società Italiana di Neurologia, intende sottolineare l’importanza della nutrizione nel proteggere il nostro cervello dall’insorgere precoce dei disturbi cognitivi e delle demenze. Se infatti fino a non molto tempo fa si riteneva che il funzionamento della mente dipendesse unicamente dalla dotazione genetica, oggi si può affermare che non solo non è così, ma che al contrario fattori ambientali di tipo alimentare, fisico e cognitivo rivestono un ruolo fondamentale.

“Il ruolo della prevenzione – sostiene il prof. Aldo Quattrone, Presidente della SIN – è cruciale nel caso delle malattie neurodegenerative; in ambito neurologico la prevenzione passa in primo luogo attraverso un corretto nutrimento del cervello, da intendersi tanto in senso stretto, come accorta e sana alimentazione, quanto in senso più ampio, come esercizio fisico e allenamento intellettuale, entrambe buone pratiche per prevenire l’invecchiamento cerebrale”.

Gli esperti puntano poi il dito su quegli alimenti che possono avere un ruolo nella genesi dei disturbi neurologici o che possono incidere negativamente su condizioni preesistenti. La Settimana Mondiale del Cervello fa il punto sulle raccomandazioni alimentari e sui nutrienti con valore terapeutico in presenza di determinate patologie del sistema nervoso.

Di seguito i temi affrontati quest’anno dagli esperti della Società Italiana di Neurologia in occasione della Settimana Mondiale del Cervello.
La levodopa è il più importante farmaco utilizzato per la cura della Malattia di Parkinson. I pasti, specie se ricchi di proteine, possono interferire sia con l’assorbimento della levodopa, sia con il suo ingresso nel cervello contribuendo alla diminuita efficacia del farmaco.

Vi sono numerose ragioni per ritenere importante l’uso di una dieta prevalentemente vegetariana a basso contenuto proteico nella Malattia di Parkinson. La ragione più importante è quella di facilitare l’assorbimento della levodopa contrastando così la diminuita efficacia post-prandiale che si osserva specie nelle fasi avanzate della malattia, causa di disabilità e rischio di cadute.

I prodotti vegetali, inoltre, garantiscono un ricco apporto di fibre e l’elevato contenuto di carboidrati tipico di questo regime alimentare contrasta la perdita di peso corporeo che spesso affligge i pazienti con MP a causa dell’effetto combinato dei movimenti involontari e della difficoltà nella deglutizione. I cibi vegetali sono inoltre più facili da masticare, caratteristica fondamentale per pazienti nello stadio medio-avanzato del parkinsonismo, che presentano problemi di deglutizione. Infine, i minerali e le vitamine di cui i cibi vegetali sono ricchi, sono fondamentali per soddisfare il maggior fabbisogno di tali micronutrienti (soprattutto Vitamina C, D, E, ferro, calcio e magnesio) dei pazienti con MP. Da queste considerazioni nascono alcune indicazioni dietetiche per migliorare la motilità dei malati parkinsoniani in terapia con levodopa seguendo una dieta bilanciata e caloricamente adeguata al mantenimento del “peso salute”.

Un’alimentazione povera di colesterolo e ricca di fibre, vitamine ed antiossidanti presenti in frutta e verdura e di grassi insaturi contenuti nell’olio di oliva (la cosiddetta dieta mediterranea) riducono l’incidenza anche della malattia di Alzheimer come dimostrato in studi di popolazione su ampie casistiche. Alcune carenze vitaminiche, in particolare di folati e vitamina B12, possono facilitare l’insorgenza di demenza, e questo appare mediato da un aumento di omocisteina, sostanza che risulta tossica per i vasi ed i neuroni. Gli antiossidanti presenti nella dieta ricca di frutta e verdura (vitamine C ed E, licopeni, antocianine) contrastano l’accumulo di “radicali liberi” prodotti dalle interazioni della proteina beta amiloide con le strutture cellulari. Anche un moderato consumo di caffè e di vino rosso, con le numerose sostanze antiossidanti contenute, sembrerebbero avere un ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo della demenza e sono in corso attualmente degli studi di popolazione destinati a confermare tali ipotesi.

Oltre ad una dieta sana, un ulteriore meccanismo naturale di protezione è il sonno, che, come recentemente scoperto, faciliterebbe la rimozione di proteine tossiche dal cervello riducendo l’accumulo di beta-amiloide e i suoi meccanismi di tossicità.

Benché il beneficio di una dieta ipocalorica nella prevenzione della Sclerosi Multipla, ipotizzato in passato senza solide basi scientifiche, sia stato smentito, sembra ormai dimostrato come una dieta ricca di grassi insaturi sia in grado di modulare e diminuire l’attività infiammatoria legata a questa patologia, svolgendo una funzione neuro-protettiva. Inoltre, se si considera che uno dei meccanismi causali della SM è il danno ossidativo, appare fondamentale prediligere una dieta ricca di alimenti con proprietà anti-ossidanti, contenenti vitamina A, E, C, e acido lipoico.

Un ruolo di particolare importanza nella SM è svolto dalla vitamina D, con le sue importanti funzioni immunomodulatorie: la patologia sembra infatti più frequente in aree a minore esposizione ai raggi solari. A questo proposito, sono in corso trial randomizzati verso placebo per rispondere al quesito sul possibile effetto benefico della integrazione di vitamina D nella dieta. Va comunque sottolineato che in genere le persone con SM soffrono di osteoporosi, per la immobilità, la frequente terapia con steroidi e la scarsa esposizione ai raggi solari, per cui una terapia con vitamina D e calcio può trovare, in alcuni casi, una sua giustificazione come terapia preventiva del rischio di fratture.

Per quanto riguarda le patologie cerebrovascolari, un’alimentazione ispirata alla dieta mediterranea e con un basso contenuto di sodio è un elemento cardine della prevenzione primaria dell’ictus, dato sottolineato da tutte le più recenti linee guida. Se da un lato vi sono nutrienti da consumare moderatamente, sodio, alcol e grassi saturi, poiché associati a un maggiore rischio vascolare, per altri nutrienti è stato riscontrato un effetto protettivo: Omega 3, fibre, Vitamina B6 e B12, cosi come l’assunzione di Calcio e Potassio, attraverso la mediazione della pressione arteriosa diminuiscono il rischio di ictus cerebrale.

La carenza di determinati macronutrienti e micronutrienti, tra cui soprattutto vitamine del gruppo B e proteine, può provocare danni a carico delle strutture nervose. Basti pensare al caso dell’epidemia di neurite ottica che colpì la popolazione cubana agli inizi degli anni Novanta, quando, a causa delle restrizioni alimentari imposte dall’embargo statunitense, fu impossibile assumere livelli adeguati di proteine, vitamine e minerali. Ma è quanto si può verificare anche nel caso di un regime alimentare vegetariano seguito da quasi 4 milioni di italiani, che se da un lato si è dimostrato in grado di prevenire patologie cardiovascolari o diabete, dall’altro rischia, soprattutto nella sua declinazione vegana (400.000 persone in tutta Italia), di determinare serie carenze di alcuni nutrienti essenziali, come oligoelementi e vitamine. In particolare, la carenza di vitamina B12 determina sia un aumento dei livelli plasmatici di omocisteina, sostanza associata all’incremento del rischio di demenza e di malattie cerebro-vascolari, sia un aumento dei livelli di S-adenosil-metionina, che favorisce l’insorgenza di disturbi di tipo mielopatico e neuropatico.

Altro tema di rilievo, oltre alla nutrizione stricto sensu, è quello dei fattori ambientali di tipo cognitivo, sociale e affettivo intesi come fattori “nutritivi” del cervello durante il corso dell’intera vita.

Appare sempre più evidente come la densità dei contatti sinaptici in grado di generare network cerebrali alternativi, ovvero la cosiddetta Riserva Cognitiva, che dipende da istruzione, rapporti sociali e attività lavorative, sia funzionale a mantenere il cervello attivo e controbilanciare, nel caso delle neurodegenerazioni, la perdita progressiva dei neuroni. Si può mantenere o addirittura migliorare il proprio attuale livello di prestazioni intellettuali attraverso il lifelong learning, il processo di apprendimento permanente, che ha come scopo quello di modificare o sostituire un apprendimento non più adeguato rispetto ai nuovi bisogni sociali o lavorativi, in campo professionale o personale.

In occasione della Settimana Mondiale del Cervello, la Società Italiana di Neurologia prevede, anche per questa edizione, l’organizzazione sul territorio nazionale di incontri divulgativi, convegni scientifici, attività per gli studenti delle scuole elementari e medie, oltre all’iniziativa “Neurologia a porte aperte”, che prevede visite guidate dei reparti e dei laboratori ospedalieri.

Il dettaglio delle iniziative italiane della Settimana Mondiale del Cervello è consultabili online, all’indirizzo www.neuro.it

La Settimana Mondiale del Cervello (Brain Awareness Week, BAW) è promossa a livello internazionale dalla European Dana Alliance for the Brain in Europa e dalla Dana Alliance for the Brain Initiatives e dalla Society for Neuroscience negli Stati Uniti. Ad essa aderiscono ogni anno Società Neuroscientifiche di tutto il mondo – tra cui, dal 2010, anche la Società Italiana di Neurologia – oltre a numerosissimi enti, associazioni di pazienti, agenzie governative, gruppi di servizio ed organizzazioni professionali di oltre 82 Paesi.

Di seguito, la locandina dell’evento:

LocandinaSettimana2015

fonte: ufficio stampa

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