Milano, 29 aprile 2022 – La proposta di legge No. 3167 “Disposizioni per la prevenzione del melanoma cutaneo” è stata presentata nella Sala Stampa di Montecitorio il 27 aprile.
“Riteniamo che la proposta, pur nelle buone intenzioni degli estensori, promuova attività d’incerta utilità e, per molti aspetti, anche fuorvianti – così si esprime il dott. Luigi Naldi, presidente del Centro Studi GISED, centro di ricerche da anni attivo in ambito dermatologico e direttore dell’Unità d Dermatologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza – L’articolo 3 della proposta prevede infatti che le Regioni organizzino campagne di screening dermatologico per i soggetti considerati più a rischio (sic) di età compresa tra undici e trenta anni”.
“Il melanoma è un tumore maligno che origina dai melanociti – spiega Naldi – le cellule che producono la melanina. I nevi melanocitici, al contrario, sono lesioni benigne prive di importanza se non per il fatto che il melanoma talvolta può originare da essi e per il fatto che, nelle fasi iniziali di sviluppo, il melanoma può essere scambiato per un nevo”.
“Il numero di nuovi casi di melanoma, tumore un tempo molto raro, è andato crescendo nella seconda metà del secolo scorso, in tutti i Paesi occidentali, in relazione in particolare con i cambiamenti nelle abitudini di esposizione solare e ad altre fonti di radiazioni ultraviolette della popolazione – commenta il prof. Carlo La Vecchia, docente di Statistica Medica e di Epidemiologia all’Università degli Studi di Milano, e membro del Consiglio Direttivo del Centro Studi GISED – Le intense esposizioni solari in soggetti con cute chiara, specie in età infantile-giovanile, sono un importante fattore nello sviluppo del melanoma. Nel bambino e nel giovane adulto il melanoma è comunque molto raro e l’incidenza cresce con l’età dopo i 40 anni”.
La prognosi, cioè la sopravvivenza del melanoma, dipende dallo spessore della lesione primitiva. Quanto più la lesione è spessa tanto più la prognosi peggiora. Questo sembra essere un buon motivo per promuovere una diagnosi precoce.
Tuttavia, non esistono dati convincenti che indichino come interventi di screening nella popolazione così giovane possano ridurre la mortalità del melanoma. I motivi sono molteplici. Ad esempio, i tumori più aggressivi sono a crescita rapida e gli intervalli previsti per il follow-up possono non essere sufficientemente stretti per intercettare precocemente tali lesioni. D’altra parte, gli screening possono aumentare di molto la diagnosi di lesioni sottili con incerta capacità di progressione.
“Per essere efficace lo screening deve concentrarsi sui gruppi a rischio. La proposta di legge promuove uno screening nei soggetti d’età tra 11 e 30 anni. In tale gruppo d’età si intercetterebbero molti nevi e un minimo numero di melanomi (alcuni melanomi per milione di soggetti esaminati)”, commenta La Vecchia.
“Meglio è focalizzarsi sull’educazione a una corretta esposizione solare e sulla promozione di modalità di auto-esame anche attraverso l’impiego di strumenti multimediali come indicato in maniera generica nella proposta di legge che su questo aspetto dovrebbe essere più puntuale”, prosegue Naldi che si augura che la proposta di legge possa andare incontro a una revisione radicale con la collaborazione delle società scientifiche dermatologiche e che si possa capitalizzare su esperienze già in essere come il progetto “Clicca il neo” recentemente promosso dal Centro Studi GISED in collaborazione con la Lega Italiana per la Lotta contro ai Tumori.