Medici in pensione richiamati in corsia, OMCeO Udine: “Fallimento delle scelte politiche pregresse”

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Udine, 28 marzo 2019 – Richiamare in corsia i medici in pensione? “Non può di certo essere una soluzione strutturale, bensì una soluzione tampone per evitare di interrompere il servizio pubblico”, dichiara il Presidente dell’Ordine dei Medici di Udine, Maurizio Rocco che formula un appello alla Regione: “Vorremmo che venissero affiancati i giovani medici ai medici in quiescenza richiamati, in modo che i giovani camici possano assimilare esperienze sul campo, del resto ci vogliono anni per prepararli”.

La scelta politica di rimettere in servizio i medici pensionati, che è una risposta emergenziale ad una situazione di crisi, dovrebbe essere accompagnata dalla formazione di medici giovani: “Se non iniziano a lavorare, mai potranno diventare autonomi, capaci ed esperti”, sostiene il Presidente.

All’origine di questa situazione c’è la mancata programmazione sanitaria dei fabbisogni professionali: “Gli Ordini avevano lanciato l’allarme della carenza dei medici già dal 2015, previsione confermata ora dai concorsi che vanno deserti; questa decisione conferma il fallimento nelle scelte politiche pregresse che hanno posto alla base di tutto la Regione e l’Università lasciando ai diretti interessati, cioè i medici, gli operatori sanitari ed i cittadini il ruolo di spettatori passivi ancorché sentiti ma poco ascoltati”.

Sulla questione della mancanza dei medici, Rocco fa una precisazione: “Negli ospedali e sul territorio non mancano medici laureati ma specialisti e medici di medicina generale formati nelle scuole di formazione, cioè laureati specializzati e formati che hanno studiato dai nove (come i medici di medicina generale) agli undici anni (come gli specialisti ospedalieri) rappresentanti le uniche figure professionali che possono essere assunte negli ospedali del Servizio sanitario nazionale. Ci sono moltissimi medici laureati disoccupati o sotto-occupati in quanto non specializzati o formati: molti afferiscono alla continuità assistenziale, alcuni fanno sostituzioni, molti emigrano all’estero dove guadagnano anche tre volte quanto si guadagna da noi”.

Le soluzioni? Raddoppiare le borse di studio portandole come minimo a 13 mila e programmare i posti per le scuole di formazione di Medici di medicina generale, modificare il percorso formativo post-laurea istituendo gli ospedali di insegnamento da affiancare alle cliniche ed agli istituti universitarie per far fronte in maniera efficace alle esigenze formative; inoltre bisogna subito porre mano ad una revisione strutturale del sistema-salute altrimenti ci si troverà sempre in emergenza.

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