Malattie rare: norme del Piano Nazionale recepite a livello generale, ma troppa diversità nei servizi sanitari regionali

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Dalla ricerca condotta analizzando alcune esperienze di Aziende Sanitarie localizzate in Lombardia, Puglia, Toscana e Sardegna emergono tre modelli organizzativi con proprie caratteristiche distintive.
Federsanità-Anci, CREA Sanità e Gruppo Recordati presentano il Secondo Rapporto su Reti Assistenza ai Malati Rari

Roma, 4 novembre 2015 – Una situazione in evoluzione da un punto di vista clinico e terapeutico, grazie alla presenza dei Presidi della Rete Nazionale malattie rare (PRN), ma si conferma critico l’aspetto di presa in carico del malato raro sul territorio. Il Piano Nazionale Malattie Rare (PNMR) è riuscito ad innescare un meccanismo di riorganizzazione, ma procede a velocità diverse e da punti di partenza decisamente differenti. È quanto emerge dal Secondo Rapporto sulle Reti di Assistenza ai Malati Rari, curato da Federsanità-ANCI, CREA Sanità e Gruppo Recordati, presentato oggi a Roma presso la Sala Zuccari del Senato.

L’evento ha visto un confronto aperto fra rappresentanti di istituzioni, associazioni di pazienti, comunità medico-scientifica e industria farmaceutica. Sono intervenuti fra gli altri, Emilia Grazia De Biasi, Presidente Commissione Igiene e Sanità al Senato, ai quali si è unito il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin con una nota inviata a margine dell’incontro.

“In Italia le persone affette da malattia rara sono circa due milioni e più del 70% sono bambini – ha dichiarato Angelo Lino Del Favero, presidente Federsanità ANCI – Questi dati testimoniano quanto le malattie rare non siano un fenomeno marginale del Paese, ma anzi costituiscono una delle sfide più importanti da affrontare prima di tutto attraverso la condivisione delle conoscenze. L’assistenza ai malati rari richiede, infatti, una serie molto complessa e articolata di interventi che coinvolgono l’organizzazione, la programmazione e il finanziamento dell’intero Servizio Sanitario Nazionale. Le difficoltà che i malati rari incontrano, per vedere realmente soddisfatti i loro bisogni di presa in carico, dipendono in parte dalla complessità delle azioni e degli interventi richiesti dalle specifiche tipologie e in parte dalla obiettiva diversità dei servizi sanitari regionali, soprattutto sotto il profilo della qualità”.

“Confermando anche per la seconda edizione il nostro sostegno attivo al progetto – ha sottolineato Corrado Castellucci, vice presidente Gruppo Recordati per i Farmaci Orfani – ci proponiamo di offrire il nostro contributo perché siano sviluppate idee e soluzioni che – in linea con le indicazioni del PNMR – diano risposte appropriate ai bisogni specifici del malato raro e dei suoi familiari. Mettendo a disposizione delle istituzioni pubbliche e di tutti gli stakeholder i risultati di questo sforzo congiunto, ci auguriamo che gli esiti della ricerca possano essere uno spunto per il miglioramento continuo degli aspetti organizzativi e gestionali delle reti di assistenza ai malati rari. Non vogliamo dare indicazioni di principio, ma stimolare azioni concrete”.

La ricerca, condotta con il coordinamento scientifico del prof. Federico Spandonaro di CREA Sanità di Tor Vegata, si è concentrata sullo studio dello stato di attivazione del “Piano Nazionale Malattie Rare 2013-2016”, con l’obiettivo di avviare un monitoraggio di alcune azioni previste dallo stesso all’interno delle Aziende Sanitarie. Quest’anno sono state analizzate alcune esperienze di Aziende Sanitarie localizzate in Lombardia, Puglia, Toscana e Sardegna, rilevando altresì la prospettiva dei pazienti mediante le associazioni che li rappresentano.

“Dalla rilevazione emergono tre modelli organizzativi con proprie caratteristiche distintive – ha sottolineato Spandonaro – inevitabile conseguenza delle logiche federaliste a cui si ispira il Servizio Sanitario Nazionale, e in ossequio alle quali il Piano Nazionale Malattie Rare si ferma alle indicazioni generali lasciando ampio spazio implementativo alle Regioni”.

Il primo modello, identificabile con la ASL di Brescia, prevede un canale preferenziale per il malato raro nella struttura delle risposte assistenziali. Ne è riprova la costituzione di un Centro Territoriale per le Malattie Rare (CTMR) dedicato, che rappresenta un riferimento unico per pazienti e famiglie, svolgendo anche un ruolo di coordinamento locale per gli operatori socio sanitari.

Il secondo, che caratterizza l’esperienza della AUSL 8 di Arezzo, prevede la non separazione dei percorsi assistenziali tra malati cronici affetti da patologia “non rara” e malati rari. L’approccio si basa sull‘assunto che un sistema efficace ed efficiente di risposta alla cronicità sia un riscontro di per sé adeguato alle problematiche dei malati rari, non necessitando di particolari adattamenti o differenziazione dei percorsi.

Il terzo modello è quello che prevede una attivazione di risposte specifiche, gestite tanto a livello regionale che aziendale. A questo possono essere assegnate sia la ASL di Taranto che quella di Cagliari.

“I modelli riportati risultano coerenti con i modelli organizzativi in cui le realtà analizzate si situano: il primo è chiaramente coerente con il modello lombardo, che prevede una chiara separazione fra ruoli di produzione e committenza. Il secondo si lega all’adozione, generalizzata in Toscana, dell’approccio del cosiddetto ‘Chronic Care Model’. Il terzo, riscontrato nelle due Regioni del Sud analizzate, ancora in una fase di sviluppo embrionale del modello di risposta per le malattie rare, è un modello misto, con una forte presenza di ‘corpi intermedi’, che regolano i rapporti fra produttori e committenti”.

Data la complessità della materia e le diverse specificità dei nostri servizi sanitari regionali, individuare un modello organizzativo ottimale di presa in carico risulta essere obiettivo troppo ambizioso – secondo i curatori del Rapporto – ma non si può prescindere dall’individuazione ed introduzione di indicatori specifici, condivisi con tutti gli stakeholder del sistema (clinici ospedalieri, clinici territoriali, care giver, pazienti) che, grazie ad un apposito sistema di rilevazione, consentano di monitorare l’efficacia nel tempo dei diversi modelli in essere.

“Qualsiasi intervento, normativo o organizzativo, deve avere come obiettivo quello di garantire ai cittadini, su tutto il territorio nazionale, una risposta efficiente e appropriata alle esigenze assistenziali, assicurando una presa in carico globale e personalizzata – conclude Del Favero – Federsanità ANCI, attraverso la propria rete sul territorio, intende contribuire alla diffusione delle migliori pratiche, emerse anche dal lavoro di ricerca fatto per il secondo anno consecutivo in collaborazione con il Gruppo Recordati e CREA Sanità. Le malattie rare hanno bisogno di fatti e di certezze: il monitoraggio è un primo passaggio per avviare e gestire al meglio, in tempi brevi, la promozione di percorsi volti alla prevenzione e all’assistenza, in una stagione nella quale le risorse da dedicare ai vari comparti risultano sempre più contratte”.

fonte: ufficio stampa

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