Malattie e antiche migrazioni, nella genetica la storia delle popolazioni pre-Colombiane

Team ricercatori archeogenomica UniPV

Pavia, 17 marzo 2023 – Il premio Nobel recentemente assegnato a Svante Pääbo, leader nel settore dell’archeogenomica che mira a ricostruire la storia genetica delle popolazioni passate a partire dal loro DNA, testimonia l’importanza di questi studi, come già messo in evidenza dai pionieristici lavori di Luigi Luca Cavalli Sforza.

I suoi eredi scientifici hanno dato vita all’attuale gruppo di genomica delle popolazioni umane e animali dell’Università di Pavia, che ha una lunga tradizione di studi volti a ricostruire la storia genetica delle popolazioni indigene Americane. Nell’ultimo mese, uno dei membri di questo gruppo, il prof. Alessandro Achilli, a capo del laboratorio di archeogenomica presso il Dip. di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani”, ha coordinato due lavori pubblicati su importanti riviste internazionali che arricchiscono ulteriormente la storia genetica del Sud America attraverso l’analisi del DNA delle popolazioni indigene.

Nel primo, pubblicato su iScience il 17 febbraio 2023, in collaborazione con il team del dott. John Lindo dell’Emory University di Atlanta, si è andati alla ricerca di segnali di selezione nelle popolazioni indigene degli altopiani ecuadoriani identificandone, inaspettatamente, in geni coinvolti nella risposta immunitaria alla tubercolosi. Questa scoperta testimonia che i gruppi indigeni dell’Ecuador si sarebbero adattati al Mycobacterium tuberculosis migliaia di anni prima dell’arrivo degli Europei.

Nel secondo lavoro, uscito oggi su Current Biology, il team del prof. Achilli ha analizzato, insieme al dott. Marco Rosario Capodiferro del Trinity College di Dublino e ad altri gruppi di ricerca internazionali, il genoma del gruppo indigeno più numeroso della foresta amazzonica peruviana, gli Ashaninka, evidenziando un elevato livello di diversità genetica. Il loro pool genetico mostrerebbe ancora le tracce di un’antica migrazione pre-Colombiana da sud a nord attraverso il Sud America.

Tale migrazione, legata alla diffusione della famiglia linguistica Arawakan, raggiunse i Caraibi contribuendo alla transizione verso la cultura della Ceramica, tra i due e i tremila anni fa. Questo pool genico originario si sarebbe successivamente differenziato grazie a interazioni con i gruppi indigeni delle Ande e del Pacifico.

La ricchezza di variabilità e informatività genetica identificata in questi lavori testimonia la necessità e l’utilità di studi ancora più approfonditi sulle popolazioni indigene americane come quelli attualmente portati avanti dallo stesso gruppo di ricerca non solo sul DNA di individui attuali, ma anche su quello estratto da reperti archeologici, che sono analizzati nel nuovo laboratorio per lo studio del DNA antico del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani”.

Commenti dei principali ricercatori coinvolti

Il prof. Achilli puntualizza che “i segnali di selezione identificati nelle popolazione indigene ecuadoriane, che vivono sopra i 3000 metri, erano attesi per quanto riguarda i geni coinvolti nella risposta all’ipossia, ma sorprendenti per quanto riguarda la resistenza alla tubercolosi. Peraltro questa resistenza si è sviluppata in tempi pre-Colombiani, confermando la presenza di ceppi di Mycobacterium tuberculosis prima dell’arrivo degli europei”.

Il dott. Marco Rosario Capodiferro, Postdoc al Trinity College di Dublimo e alumnus dell’Università di Pavia, sottolinea che “Lo studio della storia genetica pre-Colombiana è stato fortemente influenzato dal tragico impatto che la colonizzazione europea ha avuto sulle popolazioni indigene americane. Inoltre, la regione interna del Sud America e in particolare quella amazzonica è vista come una regione isolata, con poco da svelare a livello continentale, forse anche per questo poco studiata. In questo lavoro abbiamo visto che la regione amazzonica, posta al centro del continente Sud Americano ha vissuto scambi genetici, ed è stata anche al centro di importanti movimenti di popolazioni a livello continentale, che sono ancora da chiarire. Sicuramente un incremento della risoluzione dei dati, e l’aggiunta del DNA di individui antichi di questa zona, sarà fondamentale per dettagliare al meglio cosa è avvenuto in questa regione prima dell’arrivo dei colonizzatori europei”.

Il dott. Nicola Rambaldi Migliore, vincitore della prima borsa di studio L. L. Cavalli-Sforza della Fondazione Adriano Buzzati-Traverso e coautore di entrambi i lavori, afferma che “questi lavori/risultati dimostrano la crescente importanza degli studi microgeografici, incentrati cioè su una particolare regione o sul ricostruire la storia genetica di una popolazione indigena, anche per ottenere informazioni che riguardano un contesto più ampio. Inoltre, sottolineano l’interesse/la rilevanza di studi di selezione in un contesto particolare come quello del continente americano, l’ultimo colonizzato dall’uomo, in cui le popolazioni indigene si sono dovute adattare ad un nuovo ambiente inesplorato prima, e successivamente ad un cambiamento dell’ambiente e delle pressioni selettive repentini e di grande portata a partire dalla colonizzazione europea”.

Il prof. Achilli conclude che “i risultati più significativi di questi due studi, in particolare il segnale di resistenza alla Tubercolosi negli Ecuadoriani e l’alta diversità genetica degli Ashaninka, chiaramente fanno capire quanto il genoma delle popolazioni indigene americane sia ancora ricco di preziose informazioni per capire meglio la loro storia popolazionistica ancestrale, ma anche utili in campo medico ed epidemiologico”.

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