L’abuso intrafamiliare

Child punishment“…L’inganno della seduzione pedofila è proprio la negazione del bambino in quanto soggetto nella sua interezza, che si afferma, perché si può uccidere la mente di un bambino senza toccarlo nel corpo” (G.Levi, A.Haddad, 1993).

Con il tempo e con la maturità ho rimandato sovente la mia attenzione all’immagine della famiglia del Mulino Bianco e, riesaminando questa foto, mi son detta che essa non è altro che uno scampolo dell’immaginario di chi non ha il coraggio di affrontare le difficoltà che la vita a volte ci presenta.

Se qualche anno addietro pensavo che il non parlare era il modo intelligente per esprimersi, con il tempo ho compreso che le persone taciturne, così come le famiglie silenziose, dove il litigio e le offese devono affondare nel divieto assoluto, sono il luogo nel quale, in quel posto e in quella determinata maniera, le emozioni sono necessariamente soppresse.
Eppure l’aggressività che abbiamo dentro in qualche modo va canalizzata.

Secondo un indirizzo etologico, l’aggressività è la diretta conseguenza della selezione naturale per favorire una gerarchia all’interno del gruppo, che assegni le posizioni di più alto rango agli individui migliori. Va da sé che per difendersi dalla violenza l’individuo debba imparare ad essere violento. Qualora il soggetto non incontri uno stimolo scatenante, l’aggressività può accumularsi fino al punto da esplodere spontaneamente.

La frustrazione conduce sempre ad una qualche forma di aggressività e l’aggressività è sempre la conseguenza di una frustrazione. L’esperienza frustrante genera una condizione che stimola l’aggressività mediante la rabbia, la quale crea una condizione interna di preparazione al comportamento aggressivo.

Viviamo nel grande mondo caratterizzato da depressioni e solitudine non dichiarate, non cliniche, non morbose. Da forme di disagio che non derivano da stati psicologici alterati, ma da condizioni esistenziali, d’inutilità, di rabbia e di sgomento. Viviamo, come dice Galimberti, nell’epoca delle passioni tristi, della tristezza e del disagio per un mondo incomprensibile, il cui senso ci è lontano. Viviamo in una giungla, dove per poter sopravvivere non occorre prendersi cura di se stesso; vale solo la regola della sopravvivenza, perché il futuro nella giungla rappresenta sempre una minaccia.

Eppure la nostra vita dovrebbe essere costellata di emozioni. Dovremmo riuscire a piangere, ridere, accettare e comprendere i nostri sentimenti e poi finire con l’accettare quelli degli altri. La sofferenza da privazione di emozioni è oggi più che mai lampante. L’anomalia dell’emozione, che poi sfocia in disturbi depressivi, in suicidi, in atti aggressivi, è in aumento. Cosicché l’atto violento prende il posto della parola perduta, di quelle parole che tracciano i contorni dei nostri sentimenti, e delle quali abbiamo perduto la traccia, per divenire un gesto estremo: freddo, calcolato, razionale, che esplode in contesti insospettabili. Ecco perché molto spesso, dietro l’apparente follia degli abusi, dei delitti, dei maltrattamenti, appare difficile rintracciare un movente.

Il raffreddarsi delle emozioni, che porta o ad un totale disinteresse, o ad atti violenti, o ad un piatto conformismo, è dovuto in gran parte alla mancanza di rapporti emotivi tra i ragazzi e le figure adulte.

“Si può parlare di abuso sessuale nei casi in cui un bambino venga coinvolto in attività sessuali che non è in grado di comprendere, per le quali non è pronto, e alle quali non può prestare consenso e/o che vìolano la legge o i tabù sociali. Le attività sessuali possono includere le forme di contatti oro-genitali, genitali o anali, messe in atto sul bambino o dal bambino o le attività sessuali senza contatto come l’esibizionismo, il voyerismo o l’utilizzazione del bambino nella produzione di materiale pornografico. L’abuso sessuale include una gamma di attività che varia dallo stupro a forme fisicamente meno intrusive di abuso sessuale. L’abuso sessuale può essere differenziato dal “gioco sessuale” valutando se sussiste un disequilibrio nel livello evolutivo dei partecipanti e nel riscontro di un comportamento di natura coercitivo” (Definizione dell’American Academy of Pediatrics).

In questa definizione, gli atti di abuso possono essere distinti da quelli non abusivi per tre fattori, quali: la differenza di potere tra vittima ed autore, la differenza di conoscenze, la differenza nella gratificazione. Pertanto, non è necessaria la coercizione perché si configuri l’abuso sessuale. La maggior parte dei reati sessuali contro i minori spesso si rivelano proprio di natura non violenta, come i toccamenti senza penetrazione, nei quali l’adulto mette in atto pratiche di tipo seduttivo.
Ciò che appare fondamentale è che il bambino non è in grado di comprendere appieno quello che gli sta accadendo non potendo, di conseguenza, fornire il proprio consenso. Tra le figure connotate attraverso il “potere” della seduzione ritroviamo anche le figure parentali.

Gli abusi sessuali vengono distinti comunemente, in relazione al rapporto esistente tra l’abusante e la vittima, in intrafamiliari ed extrafamiliari. Si parla così di abusi sessuali manifesti, cioè di sfruttamento sessuale e/o pornografia, di abusanti, cioè di padri e figure maschili, nonni, zii, conviventi, madri, fratelli e sorelle; di abusi sessuali mascherati, di pratiche genitali inconsuete, ovvero erotizzazione di comportamenti quali pratiche inusitate, lavaggi ed ispezioni genitali, applicazioni di creme, ecc; di abuso assistito, dove i bambini assistono all’attività sessuale tra genitori come precisa richiesta. In forme più complesse vengono fatti assistere alla violenza perpetrata ai danni di un fratello o di una sorella.

Si parla ancora di pseudoabusi o falsi positivi, relativi ad abusi dichiarati ma non concretamente consumati per convinzione errata, talvolta delirante, che il figlio sia stato abusato; fraintendimento delle parole dette da un bambino, consapevole accusa di un coniuge verso l’altro, dichiarazione non veritiera del minore. È difficile cercare di definire quali siano i modelli familiari in cui avvengono o che costituiscono fattore di rischio per abusi sessuali. È importante ribadire che non esistono vere e proprie tipologie definibili ma, in considerazione della variabilità, si tenta di rilevarne alcune caratteristiche.

Ogni persona, in una famiglia, è parte dell’intero sistema ed è qualcosa di più della semplice somma delle parti. Ciò che dà vita al sistema è l’interazione. All’interno dei confini familiari ci sono i vari membri con i propri ruoli, norme e valori i cui fattori eziologici sono rappresentati dalla struttura familiare e dalle norme della famiglia.

Ciò che sembra caratterizzare, a livello disfunzionale, le strutture familiari in cui è avvenuto l’incesto e altre in cui esso non è avvenuto, è il sistema di credenze familiari rigido, la coalizione genitoriale disfunzionale, la trascuratezza genitoriale, l’incapacità di accettare l’autonomia dei membri della famiglia.

All’interno della famiglia abusante la negazione impone di non credere a ciò che è ovvio, ma di accettare l’impossibile. Subentrano anche altri fattori che giocano al non credere: la sfiducia in se stessi e negli altri, l’accondiscendenza (un sistema di protezione familiare), il non chiedere aiuto, non mostrare di avere paura (non ci si può comportare come bambini), non avere bisogni personali.
La parola Amare, in molte di queste situazioni, non è più quel prezioso bene dell’esistenza umana che muove ed arricchisce la vita di ciascuno. Diviene sinonimo di ferita e di usura.

Tina Iannella

Tina Iannella

Neuropsicomotricista dell’età evolutiva. Criminologa forense. Fondatrice e presidente dell’associazione “Il Bambino Incompreso” - onlus

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