La protesta della Sanità non si ferma. Dopo la manifestazione dei medici, lo sciopero generale

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Roma, 4 dicembre 2015 – La manifestazione di sabato 28 novembre ha rappresentato una straordinaria espressione di senso civico che ha portato in piazza il disagio di una categoria professionale, centrale in tutti i sistemi sanitari, cui è affidato il compito di rendere esigibile il diritto alla salute dei cittadini. E di averlo fatto senza distinzione di stato giuridico o di collocazione spaziale nel sistema delle cure, con la guida della Federazione dell’Ordine professionale, anche per lanciare l’allarme sulla crisi, forse non ancora irreversibile, della sanità pubblica, la cui esistenza nel prossimo futuro non è più scontata. La diminuzione del perimetro della tutela pubblica, infatti, anche a fronte di indicatori economici del Paese che si descrivono in crescita, alimenta una prospettiva di ulteriore taglio dei servizi e limitazione dell’accesso alle cure, lasciando meno personale, e sempre più vecchio, a tenere in piedi quello che resta del SSN.

In assenza di un confronto programmatico con le istituzioni, rimangono senza risposta le criticità sofferte ed evidenziate dai professionisti e dai cittadini, mettendo a rischio la tenuta del sistema. La mobilitazione sfocia, così, nello sciopero generale di 24 ore del 16 dicembre e nelle forme di protesta che seguiranno, declinandosi in richieste chiare anche per il peggior sordo, che poi è quello che, pur dicendo di sentire, non vuole o non sa ascoltare:

  1. apertura dei tavoli di contratto e convenzioni, non a costo zero, per valorizzare, dopo 6 anni di blocco, la fatica e la responsabilità del lavoro professionale, strumenti di governo e innovazione e sedi di cambiamenti;
  2. abolizione del comma 128 della legge di stabilità, che depaupera la contrattazione aziendale di risorse storiche;
  3. approvazione di un piano di assunzioni e di stabilizzazione di precari, che affronti la normativa europea sull’orario di lavoro, evitando il pagamento di pesanti sanzioni alla UE, e la gobba demografica, che vedrà uscire dal lavoro attivo 13000 medici nel prossimo biennio;
  4. avviamento del confronto sull’articolo 22 del patto della salute, per rimediare alle condizioni mortificanti e marginalizzanti di esercizio della professione;
  5. aumento della sicurezza delle cure per cittadini e operatori, attraverso una legge organica, già approvata da non trasformare in spezzatini vaganti nel mare della giurisprudenza italiana;
  6. riforma delle cure primarie, nel rispetto del valore del lavoro e della dignità dei medici, per favorire la integrazione del territorio con l’ospedale e un concreto rilancio della prevenzione;
  7. cancellare la subordinazione della rete ospedaliera e territoriale alle facoltà di medicina, prevista dalla legge di stabilità.

Le categorie professionali sono parte della soluzione alla crisi di sostenibilità del sistema sanitario, per contenere i costi e migliorare efficacia ed efficienza. Se, invece, si vuole cambiare pelle al SSN, noi non ci stiamo, e continuiamo a ritenere necessaria una infrastruttura civile come la sanità pubblica, che non si salva se non insieme a chi ostinatamente continua a tenerla in piedi.

ANAAO ASSOMED – CIMO – AAROI-EMAC – FP CGIL MEDICI – FVM – FASSID (AIPAC-SIMET-SNR) – CISL MEDICI – FESMED – ANPO- ASCOTI-FIALS MEDICI – UIL FPL MEDICI – FIMMG – SUMAI – SNAMI – SMI – INTESA SINDACALE (CISL MEDICI-FP CGIL MEDICI-SIMET-SUMAI) – FESPA – FIMP – CIPE – ANDI – ASSOMED SIVEMP – SBV

fonte: ufficio stampa

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