La Neurochirurgia dell’Aou di Ferrara terrà dei seminari all’Università di Cambridge

Prof. Pasquale De Bonis

Ferrara, 22 marzo 2021 – Pasquale De Bonis, Dirigente Medico presso l’Unità Operativa di Neurochirurgia dell’Ospedale di Cona e Professore Ordinario di Neurochirurgia all’Università degli Studi di Ferrara, è stato invitato a tenere alcuni seminari presso la prestigiosa Università di Cambridge.

L’invito è arrivato direttamente dai membri della Divisione accademica di Neurochirurgia di Cambridge, nella persona del prof. Marek Czosnyka, attualmente massimo esponente al mondo di fisica del sistema intracranico (i suoi lavori scientifici hanno ricevuto oltre 60 mila citazioni).
Il primo seminario si terrà il 23 marzo 2021, in diretta streaming, e sarà riservato a Specialisti Neurochirurghi, Fisici ed Ingegneri dell’Università di Cambridge.

Il prof. De Bonis esporrà una sua nuova ipotesi sull’origine della sindrome di Chiari. La sindrome di Chiari è una patologia non infrequente, caratterizzata dalla “discesa” di una parte del cervelletto dalla scatola cranica al canale spinale. Mentre la discesa del cervelletto non è rara (1 caso su 1.000 nati), sono poco frequenti i sintomi della suddetta malformazione, che determinano la sindrome. Quando i pazienti sono sintomatici e possono presentare mal di testa, dolore al collo e, meno frequentemente, debolezza degli arti, alterazione della sensibilità, disturbi dell’equilibrio e visione sdoppiata.

Il trattamento è con un intervento chirurgico, anche se la probabilità di successo è poco soddisfacente in gran parte dei pazienti. Il motivo, probabilmente, è correlato al fatto che non sono ancora chiari i meccanismi che determinano la malattia: i trattamenti si basano, infatti, sulle teorie sull’origine della malattia.

“La patogenesi (origine, ndr) della sindrome di Chiari è sconosciuta – mette in evidenza De Bonis – La mia ipotesi è che diverse cause possano determinare un aumento della pressione nelle vene situate posteriormente fra la testa ed il collo. Questo aumento di pressione determina una difficoltà di una parte del cervelletto di far defluire il sangue e, conseguentemente, un rigonfiamento di una parte del cervelletto. L’ipotesi è stata già da me esposta, poche settimane orsono, ad un convegno monotematico internazionale ad invito, organizzato dalla società mondiale di Neurochirurgia. In quella occasione, colleghi Americani, Sudafricani, Francesi ed Indiani, hanno mostrato entusiasmo nei confronti di questo nuovo modo di vedere la malattia. Il passo successivo è in corso: con il gruppo del prof. Zamboni e dei Fisici dell’Università di Ferrara stiamo elaborando un modello fisico e matematico che possa dimostrare numericamente la bontà di questa idea”.

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