Influenza, troppi bambini colpiti. Dai 6 mesi ai 6 anni necessitano di immunizzazione

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Roma, 30 gennaio 2018 – L’influenza stagionale anche quest’anno ha interessato soprattutto i giovanissimi. Secondo gli ultimi dati ha colpito il 4% dei bambini con meno di quattro anni e il 2% di quelli d’età compresa tra i 5 e ai 14 anni. In questi giorni mentre la curva dell’incidenza della malattia per gli adulti sta scendendo, per gli under 14 anni ha ripreso a salire.

“E’ la dimostrazione che la strategia adottata finora contro l’influenza in età pediatrica è sbagliata e va modificata – dichiara il dott. Giampietro Chiamenti Presidente Nazionale della Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP) – Un bambino tende ad ammalarsi di più e spesso deve essere ricoverato. Purtroppo, a volte, ha necessità di cure intensive per le complicanze. L’esigenza di cambiare piano anti influenzale è stata evidenziata dalla FIMP fin dal 2006. Oggi è appoggiata anche dalle altre Società scientifiche pediatriche e non solo. Se vogliamo ottenere maggiori successi servono alcuni fondamentali cambiamenti. Come prima cosa va inserita la fascia di età dei bambini sani dai 6 mesi a 6 anni nelle categorie da vaccinare. Si tratta di un obiettivo certamente ambizioso e di non facile realizzazione in una realtà quale la nostra, storicamente poco propensa a considerare l’influenza un problema primario e universale di salute pubblica”.

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Dott. Giampietro Chiamenti

Secondo la FIMP per poterlo raggiungere sono necessarie:

  1. un’azione forte, convinta, congiunta di Istituzioni, Società scientifiche, figure di primo piano del mondo scientifico, culturale, sociale;
  2. un coinvolgimento attivo dei medici territoriali: pediatri e medici di famiglia;
  3. un’informazione non reticente ed orientata a minimizzare i rischi ma improntata alla trasparenza e alla consapevolezza, per ottenere una partecipazione informata ed attiva della popolazione.

“La FIMP – aggiunge Chiamenti – si rende disponibile fin da ora a un confronto propositivo con Ministero, Regioni e l’Istituto Superiore di Sanità. Le politiche di vaccinazione tradizionali, messe in atto dalla maggior parte delle nazioni, stanno dimostrando i loro limiti. In certi Paesi, come in Italia, si registra la difficoltà di raggiungere gli obiettivi preposti. Altre nazioni invece hanno già capito che l’influenza si combatte efficacemente solo con un coinvolgimento dell’intero corpo sociale. Dovrebbe essere considerata un’emergenza di salute pubblica che investe l’intera collettività e non un problema solo per alcune categorie a rischio per pregressa patologia cronica o per età avanzata e una routine per tutti gli altri”.

“La scelta di vaccinare i bambini ha un razionale perché rappresentano un elemento chiave nella diffusione della patologia malattia – continua il dott. Giovanni Vitali Rosati referente vaccini FIMP della Toscana – E poi si ammalano con percentuali elevate, fino al 30%. Diffondono inoltre il virus in misura maggiore e per tempi più prolungati rispetto agli adulti. Ma i bimbi non hanno solo un ruolo di “untori” nei confronti delle altre classi sociali, perché sono loro stessi vittime di complicazioni e perfino di morte, soprattutto i più piccoli, in percentuali non irrilevanti”.

“Recenti studi scientifici hanno valutato l’efficacia della vaccinazione in ambito europeo, in Nord-America e in Australia e hanno messo in luce la resa assolutamente deludente delle campagne vaccinali solo nelle persone in età avanzata – prosegue il dott. Paolo Biasci Vicepresidente Nazionale FIMP – Anche per questo Stati Uniti e Regno Unito hanno intrapreso strade alternative che puntano su un’offerta allargata. In particolare hanno coinvolto i bambini, al fine di garantire una protezione estesa anche a questa categoria e, nel contempo, di ridurre la circolazione dei virus influenzali, con beneficio per le fasce più deboli”.

“Nel nostro Paese – conclude il dott. Giorgio Conforti referente nazionale delle vaccinazioni FIMP – una volta recepita dalle istituzioni l’indicazione ai bambini sani, in parte contenuta nel calendario per la vita del 2016, la sua applicazione dovrà essere graduale e progressiva. La realizzazione renderà indispensabile il coinvolgimento attivo dei pediatri di famiglia in quanto affidatari del rapporto fiduciario, capillarmente presenti sul territorio nazionale e garanti della continuità delle cure”.

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