Infezioni ospedaliere: il livello di antibiotico-resistenza in Italia è tra i più elevati d’Europa

A cura del prof. Giovanni Rezza, Direttore Dipartimento Malattie Infettive, Istituto Superiore di Sanità

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In Italia in media 500mila pazienti su 9 milioni di ricoverati l’anno sono affetti da un’infezione contratta in ospedale. Polmoniti, setticemie e infezioni da catetere, sono le più diffuse. Su 4mila di queste infezioni, più della metà (2.365) sono causate solamente da 3 specie batteriche: Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus aureus, Escherichia coli, resistenti o refrattarie agli antibiotici di ampio spettro. Per questi pazienti vengono spesi annualmente due milioni di euro dallo Stato.

Causate da microrganismi opportunistici presenti nell’ambiente, le infezioni ospedaliere insorgono frequentemente in pazienti immunocompromessi durante il ricovero e la degenza o, in qualche caso, anche dopo la dimissione del paziente e possono avere diverso grado di gravità, fino ad essere letali.

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Prof. Giovanni Rezza

Non solo: le infezioni ospedaliere possono interessare anche gli operatori sanitari che lavorano a contatto con i pazienti, e per questo devono essere prese misure adeguate non solo per trattare le persone ricoverate ma anche per prevenire la diffusione delle infezioni tra il personale che fornisce assistenza e cura.

I dati recenti relativi alla situazione europea sono allarmanti: se non si riuscirà a invertire la rotta, nel 2050 le morti per infezione batterica supereranno quelle per tumore. In particolare, si rileva una stretta correlazione tra antibiotico-resistenza e infezioni ospedaliere. L’Italia in questo contesto non ha un buon posizionamento, anzi è maglia nera sia per le infezioni sia per i livelli di antibiotico-resistenza elevati.

Il livello di antibiotico-resistenza del nostro Paese è fra i più elevati d’Europa. Al momento non esiste purtroppo un sistema efficiente di rilevazione delle infezioni ospedaliere; esistono però sistemi di rilevazione dell’antibiotico-resistenza abbastanza puntuali e che ci confermano che la situazione non è buona, soprattutto quanto riguarda i germi Gram Negativi.

Il Ministero della Salute ha già varato un piano per la lotta all’antibiotico-resistenza, anche a seguito di osservazioni pervenute da alcuni organismi internazionali. Uno dei maggiori problemi è poter vincolare finanziamenti per il piano di lotta all’antibiotico-resistenza e di riuscire a renderlo operativo.

Ci sono pochi elementi che potrebbero servire a ridurre l’antibiotico-resistenza a livello ospedaliero: per prima cosa è importante lavarsi le mani spesso, cosa che spesso non viene fatta anche per motivi di logistica (visto che operatore sanitario passa da un paziente all’altro con tempi molto ridotti). Altra cosa importante è limitare l’uso frequente degli antibiotici. Inoltre, ogni ospedale dovrebbe avere un centro per le infezioni ospedaliere, ma questo non accade quasi mai.

Attualmente, nel nostro Paese, c’è poca cultura sull’uso degli antibiotici, anche a partire da parte degli addetti ai lavori che dovrebbero essere specialisti del settore. Troppo spesso vengono sottoposti a profilassi antibiotica pazienti che invece non dovrebbero esserlo.

Per tutti questi aspetti, l’Istituto Superiore di Sanità, insieme ad altre istituzioni, negli scorsi anni hanno lanciato vari programmi di ricerca, anche con collaborazioni e partnership industriali, che mirano a conoscere l’entità del fenomeno e la sua evoluzione nel tempo, anche attraverso l’epidemiologia ospedaliera locale, l’approntamento su base scientifica di tutte le necessarie misure di controllo e il contenimento delle infezioni stesse.

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