Individuata l’origine della ‘velatura’ dell’olio e i suoi effetti sulla qualità

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Pubblicazione dei ricercatori del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia e dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa su “Food Science & Technology”

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Perugia/Pisa, 11 maggio 2018 – Le proprietà salutistiche e le caratteristiche sensoriali degli oli sono tenute in grande considerazione dai mercati e molti consumatori sono attratti all’acquisto degli oli torbidi o ‘velati’ che ritengono più ‘naturali’ e qualitativamente migliori rispetto agli oli filtrati.

Un livello eccessivo di materiale in sospensione, “torbidità pesante”, è però responsabile della formazione di depositi in bottiglia, aspetto non gradito dal consumatore.

Una ricerca pubblicata sulla rivista internazionale “Food Science & Technology” – coordinata da Maurizio Servili, docente al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia e da Luca Sebastiani, direttore dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna – ha individuato l’origine della ‘velatura’ dell’olio e i suoi effetti sulla qualità.

Durante la ricerca, sono stati sottoposti a un processo innovativo di centrifugazione a temperatura controllata oli di differente origine geografica (Tunisia, Spagna, Grecia e Italia) studiandone le caratteristiche e la stabilità. È stato così dimostrato che “il processo di centrifugazione, rispetto alla filtrazione, rende l’olio ‘velato’ grazie alla presenza di micro gocce di acqua disperse nella fase grassa”, dichiara Luca Sebastiani.

“Inoltre la velatura all’olio – sottolinea Maurizio Servili – è visivamente apprezzabile dal consumatore per tutto il periodo di esposizione allo scaffale e non ha ripercussioni negative sulla stabilità ossidativa degli oli rispetto agli stessi sottoposti a filtrazione. Infine, gli oli velati, sempre rispetto ai corrispondenti filtrati, conservano una maggiore concentrazione in antiossidanti fenolici che ritardano la formazione dei composti responsabili del difetto di ‘rancido’ nel corso dell’esposizione allo scaffale”.

A questa ricerca hanno contribuito Gianluca Veneziani, Sonia Esposto, Agnese Taticchi, Stefania Urbani, Roberto Selvaggini, Beatrice Sordini del gruppo coordinato dal prof. Maurizio Servili del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università di Perugia; Luca Sebastiani e Antonio Minnocci dell’Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

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