Immunoncologia, dall’ingegneria genetica nuove frontiere terapeutiche per eradicare la malattia

Le nuove possibilità nella cura dei pazienti affetti da alcune forme tumorali del sangue puntano al rafforzamento delle difese immunitarie dei pazienti attraverso terapia genica personalizzata. L’obiettivo è eradicare la malattia, non solo aumentare la sopravvivenza

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Roma, 18 dicembre 2018

L’ingegneria genetica in immunoncologia
Lo sviluppo di nuove tecnologie nel trattamento delle patologie oncologiche ha migliorato notevolmente la prospettiva e la qualità di vita dei pazienti. L’ultima frontiera nel trattamento delle neoplasie è l’immunoncologia, che sta affiancando le classiche chemioterapia, radioterapia e chirurgia.

La nuova frontiera dell’immunoncologia offre opportunità senza precedenti in un futuro non troppo lontano. Il meccanismo consiste nell’utilizzare il sistema immunitario del paziente stesso contro il tumore. Ingenti risorse ed energie sono oggi investite in ricerca e sviluppo in tema di immunoncologia: tra gli obiettivi, quello di offrire un trattamento potenzialmente curativo a quei pazienti per i quali non siano disponibili ulteriori opzioni terapeutiche, andando ben oltre le conosciute terapie convenzionali che si limitano a mandare temporaneamente la malattia in una fase di remissione e ad allungare la sopravvivenza.

Le nuove terapie geniche in campo immunoncologico hanno l’obiettivo ambizioso di eradicare completamente la malattia e quindi far risparmiare una serie di costi diretti ed indiretti che avrebbero impattato il sistema sanitario.
Questi i temi affrontati oggi 18 dicembre, nel Convegno “L’evoluzione dell’ingegneria genetica in Immunoncologia: innovazione e prospettive”, organizzato da MA Provider, presso la Sala degli Atti Parlamentari – Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini.

L’ingegneria genetica ha permesso di raggiungere una forma di medicina di precisione grazie alla quale le cellule del sistema immunitario, prelevate da un paziente affetto da forme tumorali come linfomi o leucemie e senza alternative terapeutiche, potranno essere geneticamente reingegnerizzate e re-infuse allo stesso paziente.

Le terapie geniche in questione, conosciute come CAR-T, sono già una realtà negli Stati Uniti dove si contano più di 600 pazienti trattati, e cominciano ad essere utilizzate in alcuni Paesi europei come la Francia, la Germania e l’Inghilterra dove i rispettivi enti regolatori ne hanno accelerato la disponibilità; in Italia potrebbero essere disponibili dalla seconda metà 2019, presso i principali Centri di riferimento per il trapianto di Cellule Staminali, grazie all’accelerazione da parte di AIFA del processo di prezzo e rimborso.

Le CAR-T sono delle nuove forme di terapia cellulare molto particolari, in cui gli stessi linfociti, ossia i globuli bianchi che difendono dalle infezioni e dai tumori, vengono prelevati dal paziente e vengono mandati in centri specializzati, attualmente presenti negli Stati Uniti, dove vengono modificati geneticamente tramite vettori virali. “Questi linfociti T appartenenti a un paziente con neoplasia, sono cellule diventate incapaci di agire contro la neoplasia stessa – spiega il prof. Paolo Corradini, Presidente della Società Italiana di Ematologia, Direttore della Divisione di Ematologia, Fondazione IRCCS – Istituto Nazionale dei Tumori e Professore di Ematologia dell’Università degli Studi di Milano – Per ripristinare la loro capacità di reagire contro la neoplasia, i linfociti vengono reingegnerizzati geneticamente, in modo tale che possano esprimere sulla loro superficie un cosiddetto «recettore chimerico”: si tratta di una molecola di riconoscimento per individuare nel paziente le cellule malate, si possono legare a loro e ricevono un segnale di attivazione per distruggere la cellula dannosa. Questa terapia consente così di eliminare la cellula tumorale”.

Il valore delle terapie geniche nelle forme resistenti dei tumori aggressivi del sangue
Le novità a livello clinico hanno anche un importante valore economico, con grande giovamento per i sistemi sanitari regionali. “Implementare queste nuove terapie personalizzate, che non hanno la possibilità di godere delle economie di scala dei farmaci non specifici che conosciamo oggi e che per essere disponibili hanno affrontato ingenti costi di anni di ricerca e sviluppo, significa non solo, per la prima volta, offrire la possibilità di guarigione ma anche ridurre, se non eliminare, gli sprechi” dichiara il prof. Americo Cicchetti, Direttore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

“Ad oggi gli sprechi non si limitano al costo della terapia che viene interrotta, ma si riferiscono a recidive, ricoveri impropri, per non parlare dei costi correlati, ad esempio, a giornate di lavoro perse. Di conseguenza, l’implementazione di questi nuovi strumenti e l’ulteriore progresso della ricerca scientifica costituirà un duplice beneficio, tanto per il Sistema Sanitario Nazionale quanto per il paziente”, conclude Cicchetti.

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