HIV, i soggetti sieropositivi in terapia antiretrovirale non trasmettono il virus. I risultati di uno studio

Il vero problema non sono i soggetti con infezione da HIV in terapia (oltre 100mila in Italia), bensì il cosiddetto ‘sommerso’, ossia coloro che sono infetti dal virus ma non ne sono consapevoli

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Milano, 7 giugno 2019 – Le nuove terapie per contrastare l’AIDS stanno mutando drasticamente le caratteristiche del contagio. Chi fa un uso corretto e regolare delle cure antiretrovirali necessarie, infatti, ha un rischio di trasmettere l’infezione da HIV pari a zero. Ciò non implica che si possa abbassare la guardia, anche perché queste terapie non proteggono da altre malattie sessualmente trasmissibili; tuttavia diventa possibile superare lo stigma e affrontare con paradigmi nuovi il tema della prevenzione dell’infezione e dello stop dell’epidemia.

Con la formula U=U, Undetectable=Untransmittable, ossia Non rilevabile=Non trasmissibile, si vuole sintetizzare un’importante evidenza scientifica frutto di una ricerca da poco pubblicata su Lancet, lo studio Partner, durato 8 anni, che vede tra gli autori Andrea Antinori.

“Questo studio ha dimostrato che su un totale di oltre 76mila rapporti senza preservativo tra coppie omosessuali siero-discordanti, ossia con un partner HIV positivo ma con viremia non rilevabile perché controllata da farmaci antiretrovirali e con un partner sieronegativo, la trasmissione dell’infezione è risultata pari a zero, pur senza assumere PrEP” ha spiegato il prof. Antinori.

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Da sx: Rizzardini, Castagna, D’Arminio Monforte, Puoti

Lo studio Partner peraltro non è l’unica ricerca che dimostra questo concetto: “Possiamo pertanto affermare che chi è HIV positivo, ma prende regolarmente la terapia e ha una viremia stabilmente soppressa può avere rapporti sessuali non protetti, sia eterosessuali che omosessuali, con partner sieronegativo, senza avere alcun rischio di infettarlo. Questa notizia è direi rivoluzionaria perché le persone sieropositive in cura non sono più fonte di contagio e possono affrontare più serenamente la comunicazione della loro sieropositività con il proprio partner sessuale” aggiunge la professoressa Antonella D’Arminio Monforte, uno dei quattro Presidenti del Congresso di Milano ICAR 2019.

Il tema U=U costituisce una novità rilevante tanto sotto il profilo epidemiologico quanto sotto quello sociale, poiché stravolge l’impostazione di molte campagne di sensibilizzazione e prevenzione. In termini di sanità pubblica è la dimostrazione più evidente che la TasP (Treatment as Prevention) funziona e che l’estensione della terapia a tutte le persone con HIV è uno strumento ottimale nel controllo dell’epidemia.

Non solo: dato che “non rilevabile è non trasmissibile”, la paura, lo stigma, le discriminazioni, l’emarginazione possono essere finalmente archiviati come cose del passato. Nonostante la portata rivoluzionaria di questo studio, le precauzioni, prima tra tutte l’uso del profilattico rimangono uno strumento imprescindibile per  ridurre il rischio di trasmissione di HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili con un partner che non si conosce.

Il vero problema dunque non sono i soggetti con infezione da HIV in terapia (oltre 100mila in Italia), bensì il cosiddetto ‘sommerso’, ossia coloro che sono infetti dal virus ma non ne sono consapevoli. Un numero di soggetti che nel nostro paese si stima che ammonti a circa 15mila persone: costoro, oltre a essere un problema per se stessi, in quanto non diagnosticati e non in trattamento progrediscono verso la malattia, e sono un problema per la società, in quanto potenziale fonte inconsapevole di trasmissione.

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