Glaucoma, attenzione ai colliri a base di cannabis. Laser a bassa energia come primo approccio terapeutico

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In arrivo nuovi farmaci che promettono un’ottima capacità di abbassamento della pressione oculare

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Roma, 4 ottobre 2019 – Il glaucoma, definito il ‘ladro silenzioso della vista’, è una patologia dell’occhio che riconosce nell’ipertono oculare il maggior fattore di rischio. Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha però dimostrato che, oltre al danno del nervo ottico, si assiste anche ad un processo neurodegenerativo che coinvolge alcune strutture cerebrali. Ad esserne colpiti sono circa 1 milione di italiani, ma si stima che oltre 500mila persone non sappiano di averlo. Non solo: il decorso è asintomatico e si manifesta in genere quando è già in uno stadio avanzato, portando il paziente a cecità. Per questa ragione è importante fare una diagnosi precoce e intervenire tempestivamente.

Ma quali sono oggi le principali terapie a disposizione dei pazienti? Tra colliri, anche a base di cannabis, nuovi farmaci in arrivo, trattamenti laser e chirurgici, si è parlato soprattutto di questo a Roma in occasione del corso di formazione sul glaucoma diretto dal dott. Stefano Baiocchi, responsabile del Centro Glaucoma Uoc Oculistica Aou Senese e consigliere di AIMO, organizzato in occasione del 10° Congresso nazionale dell’Associazione Italiana Medici Oculisti in corso a Roma.

“L’impiego di colliri a base di cannabis andrebbe limitato agli stadi terminali del glaucoma cronico ad angolo aperto – ha spiegato il dott. Baiocchi – per quei pazienti che non rispondono bene ad altre terapie. Tali colliri sono tra quelli che hanno maggiore capacità di controllo del dolore e aiutano a ridurre la pressione oculare, ma non in maniera significativamente superiore ad un semplice collirio betabloccante. La percentuale di abbassamento oscilla tra il 5 e 20%, non di più”.

Tra gli effetti ‘supposti positivi’ dei colliri a base di cannabis, anche la neuroprotezione da parte degli endocannabinoidi, quali l’anandamide, un analogo strutturale di uno dei principi attivi della cannabis.

“Ma gli effetti di neuroprotezione – ha tenuto a sottolineare l’esperto – non sono dimostrati da nessuno studio scientifico randomizzato e controllato. Insomma: i colliri a base di cannabis, utilizzati tra l’altro da una cerchia molto ristretta di pazienti con glaucoma, non sono farmaci al di sopra della media, anzi, forse leggermente al di sotto. Ci sono tante aspettative su questo campo legato all’utilizzo della cannabis, ma non è la panacea, non è l’arma letale”.

I colliri a base di cannabis, inoltre, a differenza di altri per cui è sufficiente un impiego da 1 a 2 volte al giorno, vanno somministrati 4 volte al giorno. “Per il paziente è molto pesante seguire una terapia del genere – ha detto Baiocchi- C’è poi un effetto di ‘accumulo’, per cui dopo quattro mesi di terapia si è obbligati a sospendere il trattamento”.

Infine, oltre ad una normativa “estremamente stringente” per la distribuzione in Italia dei colliri a base di cannabis, un altro aspetto non trascurabile è il costo di questi farmaci, per cui, anche qualora un paziente riuscisse a reperirli, sarebbe “costretto a sborsare 50 euro a flacone”, ha fatto sapere l’esperto.

Tra i nuovi farmaci in arrivo contro il glaucoma, intanto, ci sono gli inibitori che fanno parte della famiglia della Rho chinasi (Rho Kinase Inhibitors), già registrati negli Stati Uniti e già in uso da qualche anno in Giappone.

“Questi farmaci hanno potenzialmente un’efficacia molto importante – ha spiegato il dott. Baiocchi – ma come tutti i farmaci di questo tipo non sono scevri da effetti collaterali. In Italia e in Europa ci sono studi clinici di registrazione, quindi in fase III, che stanno dimostrando un’ottima capacità di abbassamento della pressione oculare, a prezzo però di una tollerabilità locale non proprio ottimale”.

Per quanto riguarda le terapie oggi in prima linea per la cura del glaucoma, gli esperti concordano su un fatto: se prima protagonisti erano i colliri, oggi lo sono i laser con la parachirurgia, anche se non è soddisfacente la loro diffusione nelle varie strutture ospedaliere italiane. Di questo ha parlato al corso di formazione organizzato da AIMO il dott. Lorenzo Galli, ex responsabile del Servizio Glaucomi dell’ospedale Valdese di Torino e consigliere dell’Associazione.

“La novità più importante tra i laser, che è a disposizione ormai da anni, ma che solo dopo la pubblicazione dello studio multicentrico LiGHT sulla prestigiosa rivista Lancet ha convinto una popolazione sempre più ampia di oculisti ad impiegarla – ha spiegato Galli – è il Laser Trabeculoplastica Selettiva (SLT) a bassa energia, una variante della classica trabeculoplastica argon laser che consiste nell’esecuzione di stimolazioni termiche a livello del trabecolato, tali da determinare un incremento della sua capacità di deflusso con conseguente calo della pressione intraoculare”.

La lunghezza d’onda di 532 nm è selettiva per le cellule pigmentate del trabecolato e questa caratteristica permette di ridurre i danni ai tessuti circostanti che si verificano per dispersione di calore dopo trabeculoplastica convenzionale. In questo modo è possibile eseguire trattamenti ripetuti anche nei casi in cui la trabeculoplastica classica abbia perso il suo effetto.

“Lo studio LiGHT ha confrontato l’efficacia della terapia medica con i colliri con la trabeculoplastica laser nella gestione di questa patologia – ha spiegato ancora il dott. Galli – Il risultato, ottenuto valutando un campione di 718 persone affette da glaucoma ad angolo aperto, ha dimostrato una maggior efficacia del trattamento laser a 3 anni”.

Gli autori dello studio, però, hanno ipotizzato che la superiore efficacia della SLT sia in larga misura legata ai ben noti problemi di mancata aderenza alla terapia farmacologica da parte di molti pazienti che non rispettano le prescrizioni rilasciate dall’oculista. Ad oggi le linee guida sostengono quindi l’opportunità di trattare i glaucomatosi in prima battuta con una terapia medica a base di colliri.

“Ma questo studio potrebbe suggerire una rivalutazione delle linee guida attuali, proponendo il trattamento SLT, dove indicato, come primo approccio terapeutico – ha concluso l’esperto – soprattutto negli stadi precoci di una patologia potenzialmente fortemente invalidante come il glaucoma”.

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