Giornata Mondiale del Donatore in epoca Covid: focus della professoressa Zini, IRCCS Gemelli

Prof.ssa Gina Zini

Roma, 11 giugno 2021 – Che è successo nella trasfusione di sangue durante la pandemia del 2020-2021? È la domanda da cui parte la professoressa Gina Zini, docente di Ematologia all’Università Cattolica campus di Roma e Direttrice dell’Unità Operativa Complessa di Emotrasfusione della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS in occasione della Giornata Mondiale del Donatore, che si celebra lunedì 14 giugno, per fare il punto sulle donazioni di sangue e degli emocomponenti al tempo della pandemia.

“Naturalmente si sono dovute applicare tutte le misure di sicurezza generali, valide per tutto il mondo sanitario, dagli operatori ai pazienti – introduce Zini – Dispositivi di protezione, isolamento e quarantena, distanziamento sociale e approfondito screening dei donatori sono stati applicati in modo rigoroso, e con successo. Non si ha notizia di focolai di COVID-19 insorti e sviluppati tra donatori, medici e personale tutto dei servizi trasfusionali in nessun luogo”.

“Donare il sangue, raccoglierlo, trattarlo secondo le normali procedure di laboratorio per separare in sicurezza plasma, globuli rossi e piastrine: tutto questo è continuato, senza aver rappresentato un elemento di diffusione del virus. Il sangue e gli emocomponenti dei donatori hanno continuato a essere utilizzati senza rischi. Studi iniziali avevano dimostrato che il virus SARS-CoV-2 è brevemente presente nel sangue dei contagiati e il rischio potenziale di trasmissione da donatori positivi asintomatici era temuto: ora sappiamo che, anche a fronte di diversi casi accertati di trasfusione da donatori positivi, nessun caso di trasmissione trasfusionale si è verificato e possiamo affermare, al mese di maggio 2021, il virus del Covid-19 non si trasmette per via trasfusionale. In sintesi, tanto i donatori quanto i riceventi di sangue ed emocomponenti non corrono, in quanto tali, un maggiore rischio di ammalarsi di Covid-19”.

“Le precauzioni imposte dai governi e il rigoroso screening medico pre-donazione hanno da un lato ridotto, in generale e soprattutto nelle fasi iniziali, l’afflusso dei donatori, con cifre stimate tra il 40 e il 70% in diverse aree geografiche. In Italia, i donatori con febbre o qualsiasi sintomo respiratorio non sono accettati come donatori a prescindere dalla pandemia. La valutazione medica pre-donazione si è particolarmente focalizzata sui potenziali contagiati asintomatici, esplorando i contatti e tutte le attività sospette per un contagio nelle due settimane precedenti alla donazione, imponendo in questi casi le generali misure di quarantena e isolamento. I vaccini usati in Italia escludono dalla donazione per 48 ore (o periodi più lunghi nei rari vaccinati con sintomi significativi)”.

“Le necessità di sangue nei pazienti con Covid-19 non sono, d’altra parte, particolarmente aumentate, ad eccezione di alcune forme gravi con sintomatologia emorragica. Nel nostro Paese non si è verificata quindi, salvo isolate situazioni, una indisponibilità generale di sangue durante la pandemia. Il sistema ha retto bene. Non si sono verificate sostanziali carenze di sangue per i pazienti con malattie onco-ematologiche o per grandi interventi chirurgici. In Italia sono state attuate campagne nazionali per sottolineare e diffondere informazioni sulla la sicurezza della donazione e della trasfusione (Mascaretti et a, Blood Transfusion 2020:18:77)”.

“La terapia con plasma raccolto nei Servizi Trasfusionali da pazienti convalescenti (o immune) è stata sperimentata in diversi centri, compreso il Policlinico Gemelli. Non si tratta di un approccio terapeutico originale, essendo già stato usato con esiti variabili in malattie infettive del passato, comprese EBOLA e le malattie da coronavirus SARS-1 e MERS. Presenta alcuni rischi per i riceventi e deve essere riservata a casi selezionati ,arruolati in protocolli ufficiali. Non vi sono, a tutt’oggi, prove definitive e univoche della sua reale efficacia”.

“In conclusione, il sistema trasfusionale ha certamente subito un forte impatto in epoca di pandemia e ha dovuto modificare e adattare molte pratiche e procedure alla nuova situazione. La necessità di approntare e aggiornare piani di emergenza per fronteggiare crisi future si è sentita con molta chiarezza. Questo virus, tuttavia, nei Servizi Trasfusionali e nei prodotti ematici trasfusi ai pazienti è stato tenuto sotto pieno controllo e non ha, fino ad oggi, fatto danni. Quelle trasfusionali sono pratiche mediche sicure. Il rigore delle procedure di selezione dei donatori, anzi, rappresenta uno strumento importante di prevenzione e screening che mostra ancora una volta come donare il sangue rappresenti un atto prezioso tanto per chi generosamente lo compie che per chi ne raccoglie i frutti”.

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