Fibrosi polmonare idiopatica, dimezzata la progressione della malattia con i nuovi farmaci

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Sulla prestigiosa rivista “The Lancet”, Luca Richeldi, nuovo pneumologo dell’Università Cattolica-Fondazione Policlinico Agostino Gemelli di Roma, in una review fa il punto sull’avanzamento delle conoscenze e sulle opzioni diagnostiche e terapeutiche della rara patologia

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Prof. Luca Richeldi

Roma, 31 marzo 2017 – Tanti passi avanti fatti nella cura della fibrosi polmonare idiopatica, una malattia rara che colpisce i polmoni e per la quale sono da poco disponibili due farmaci che dimezzano la progressione della patologia, caratterizzata dallo sviluppo irreversibile di tessuto fibroso nel polmone, causa di progressiva insufficienza respiratoria.

È quanto emerge da una review scritta dal prof. Luca Richeldi, dal 1° marzo Ordinario di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore dell’ Unità Operativa Complessa di Pneumologia della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, approdato a Roma dopo una brillante parentesi della sua carriera all’estero.
Il professor Richeldi, infatti, dal 2013 al 2017 è stato Professor of Respiratory Medicine (Chair of Interstitial Lung Disease) presso l’University of Southampton (Regno Unito). Nello stesso periodo ha ricoperto l’incarico di Honorary Consultant Physician presso il Southampton General Hospital NHS Trust.

Al Policlinico Gemelli sono seguiti attualmente da una équipe multidisciplinare circa 100 pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF), un numero significativo, che fa del Gemelli uno dei punti di riferimento nazionali per la cura di questa complessa malattia.

The Lancet pubblica regolarmente Seminar, articoli che hanno lo scopo di fare il punto sugli avanzamenti, generalmente nei 5 anni precedenti la pubblicazione, su malattie particolarmente rilevanti o in cui ci siano state particolari novità.

Il precedente Seminar sulla fibrosi polmonare idiopatica è stato pubblicato da autori americani nel 2011 e l’articolo del prof. Richeldi ne rappresenta l’aggiornamento. I motivi per cui The Lancet pubblica questo articolo sono da un lato la crescente rilevanza clinica della malattia, per la quale sono state pubblicate di recente linee guida internazionali (di cui il prof. Richeldi è uno dei co-autori), dall’altro i risultati ottenuti con i nuovi farmaci.

“Attualmente vediamo più casi di questa malattia (un recente studio epidemiologico inglese evidenzia un aumento di incidenza da circa 8 nuovi casi ogni 100 mila persone nel 2004 a oltre 12 casi nel 2012) – spiega il prof. Richeldi – probabilmente perché la patologia è oggi meglio conosciuta e sono disponibili linee guida per la diagnosi. Non si può però escludere che la patologia sia effettivamente in aumento, per l’invecchiamento della popolazione e forse per l’aumento delle esposizioni ambientali, potenzialmente coinvolte nella patogenesi della malattia.
“In meno di dieci anni la comprensione della patogenesi e la gestione di questa malattia si sono radicalmente trasformate – sostiene il professor Richeldi – e due terapie che modificano in modo significativo il decorso della patologia hanno ricevuto l’approvazione delle autorità competenti a livello mondiale”.

La malattia
La fibrosi polmonare idiopatica (meglio conosciuta come IPF, dall’acronimo anglosassone idiopathic pulmonary fibrosis) è una malattia polmonare annoverata tra le patologie rare. La frequenza della malattia è probabilmente sottostimata, in quanto il percorso diagnostico è abbastanza complesso e richiede competenze multidisciplinari. La malattia è caratterizzata dalla proliferazione incontrollata di cellule nel polmone chiamate ‘fibroblasti’ e dall’accumulo di ‘matrice extracellulare’ (fondamentalmente tessuto fibroso al di fuori dalle cellule), che determinano un’alterazione irreversibile dell’architettura del polmone con conseguente riduzione degli scambi gassosi e insufficienza respiratoria.

L’IPF colpisce prevalentemente uomini dopo i 60 anni di età. Dati recenti di uno studio italiano indicano che i casi prevalenti sono 30-40 ogni 100.000 persone. Ciò significa che in Italia si può stimare la presenza di almeno 15.000 malati di IPF, con oltre 5.000 nuovi casi ogni anno.

La causa della malattia resta sconosciuta (per questo si chiama “idiopatica”). Esistono però forme familiari, cioè che colpiscono membri della medesima famiglia, per cui, almeno in una parte dei casi, sono coinvolti fattori genetici.

Le cure
In Italia sono oggi disponibili due farmaci approvati per il trattamento dell’IPF, pirfenidone (Esbriet, dal 2013) e nintedanib (Ofev, dal 2016). Il pirfenidone è un farmaco che si assume per bocca 3 volte al giorno, pleiotropico con molteplici effetti sulla produzione e la deposizione di collagene, che ha dimostrato in studi clinici di fase 2 e fase 3 di ridurre la progressione di malattia, misurata come capacità polmonare, di circa il 50% nel corso di un anno di trattamento.

I principali effetti collaterali del farmaco sono la nausea e la fotosensibilizzazione a livello cutaneo. Il nintedanib è un inibitore delle tirosin-chinasi, somministrato per via orale 2 volte al giorno, che agisce a livello di specifiche molecole coinvolte nella genesi e il mantenimento delle fibrosi. In studi clinici di fase 2 e 3 ha dimostrato di rallentare la perdita di funzione polmonare, riducendo la perdita di circa il 50% nel corso di un anno di trattamento. Il principale effetto collaterale è rappresentato dalla diarrea.

La storia naturale dell’IPF è caratterizzata da una inesorabile progressione nel corso degli anni, con una sopravvivenza media dopo la diagnosi compresa tra 3 e 5 anni dopo la diagnosi. In generale, purtroppo solo circa il 30% dei pazienti sopravvive 5 anni dopo la diagnosi, una prognosi peggiore della maggior parte delle patologie oncologiche.

Anche se vi sono dei farmaci, la malattia non è ancora guaribile; ciò nondimeno con gli attuali trattamenti si stima che mediamente si ottenga nei pazienti una riduzione intorno al 50% della progressione di malattia.

“Da considerare anche che la fibrosi è un meccanismo comune a molte malattie, sia respiratorie sia non respiratorie – conclude il prof. Richeldi – Si stima che la fibrosi (a livello dei vari organi interessati) sia una condizione responsabile di circa un terzo dei decessi nel mondo. In particolare, nel polmone le malattie caratterizzate da fibrosi (le cosiddette interstiziopatie polmonari) sono numerose e al momento senza trattamenti approvati. In questo senso l’IPF rappresenta un modello per tutte queste patologie e i nuovi farmaci sono in corso di sperimentazioni in altra patologie fibrosanti, sia polmonari che extra-polmonari”.

fonte: ufficio stampa

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