Emodialisi domiciliare, nuova opportunità di terapia depurativa. Progetto dell’Aou di Ferrara

Ferrara, 16 ottobre 2020 – Ha preso il via, presso l’Unità Operativa di Nefrologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara (diretta dalla dott.ssa Alda Storari) il progetto di emodialisi domiciliare.

Questo progetto offre ai pazienti dializzati una nuova opportunità di terapia depurativa – da effettuare, appunto, presso il proprio domicilio – che va ad integrarsi con la dialisi peritoneale (un tipo di dialisi che viene definita come la “dialisi che si fa con la pancia” cioè sfruttando la capacità filtrante del peritoneo) da tempo attuata presso la struttura ospedaliera. Presso il Reparto del Sant’Anna è già stato preso in carico il primo paziente in trattamento emodialitico domiciliare.

L’emodialisi domiciliare al Sant’Anna presenta le stesse caratteristiche tecniche dell’emodialisi tradizionale ma più ‘versatile’ rispetto a quella ospedaliera delle durata di 4 ore tre volte alla settimana: è quotidiana, più breve e consente di variare l’orario di inizio della terapia nell’arco della giornata. Il paziente esprime la volontà di avviare questo tipo di terapia domiciliare, ma sarà compito del medico nefrologo valutare le caratteristiche cliniche e attitudinali per poter confermare la fattibilità della richiesta.

I pazienti idonei – insieme al proprio caregiver (marito, moglie, figli, ecc) – seguono un percorso formativo da parte del personale sanitario (medico e infermieristico dell’Unità Operativa) per apprendere la tecnica e quindi raggiungere l’autosufficienza per il trattamento al proprio domicilio. Questa emodialisi risulta equivalente, in termini di efficacia depurativa, a quella effettuata in ospedale.

La possibilità di effettuare la terapia nella propria casa offre benefici per la qualità di vita del paziente, come per esempio gestire più facilmente la propria attività lavorativa e godere meglio del tempo libero. Permette anche vantaggi economici come quelli legati all’ospedalizzazione dei pazienti.

“Ad oggi, la percentuale delle dialisi domiciliari (in particolare dell’emodialisi) – commenta la dott.ssa Alda Storari – resta ancora molto bassa, soprattutto per limiti di tipo tecnico-organizzativo e per i criteri clinici di eleggibilità dei pazienti. L’obietto della Nefrologia è comunque quello di incrementare l’utilizzo di questa tipologia di dialisi, perché noi come nefrologi siamo ben convinti che l’emodialisi domiciliare, come la dialisi peritoneale, non solo siano efficaci come terapie ma incoraggino l’indipendenza e l’autonomia del malato, lo responsabilizzano ed accrescano la fiducia in sé stesso e verso le persone che lo assistono”.

Il progetto in Emilia-Romagna e in Italia. La regione Emilia-Romagna nel “Documento di Indirizzo per la Malattia Renale Cronica” del Ministero della Salute, esorta ad avviare e consolidare percorsi virtuosi, atti a consentire una maggiore delocalizzazione del paziente in dialisi, promuovendo trattamenti sostitutivi della funzione renale di tipo decentrato, in particolare la dialisi peritoneale e l’emodialisi domiciliare.

L’emodialisi domiciliare ha una storia molto lunga, con fasi alterne di interesse ed incremento. Dagli anni 2000 l’attenzione a questo approccio è aumentata grazie allo sviluppo di apparecchiature sempre più “maneggevoli”, ai risultati di numerosi studi che ne hanno attestato i benefici clinici, psico-sociali ed economici, ma anche ad un cambiamento culturale che vede il malato non più come soggetto passivo ma come persona che partecipa attivamente al processo di cura.

Attualmente le dialisi domiciliari – sia peritoneale che emodialitica – sono costituite da sistemi tecnologici sicuri e di alta qualità che consentono alle persone affette da IRC (Insufficienza Renale Cronica) di eseguire la terapia sostitutiva al proprio domicilio in sicurezza. Tutto questo mantenendo alti i risultati clinici e garantendo loro una buona qualità della vita

Molti studi hanno dimostrato che i trattamenti domiciliari migliorano i dati di sopravvivenza, il controllo dei parametri emodinamici e gli indici di adeguatezza dialitica, oltre che la qualità della vita rispetto a pazienti che eseguono la dialisi in ospedale.

La malattia renale cronica è una patologia molto diffusa, con una prevalenza crescente nella popolazione generale e con una stima a livello mondiale di circa il 10%. Le cause principali dell’aumento di questa patologia sono legate prevalentemente:

  • all’invecchiamento della popolazione;
  • all’aumentata prevalenza nella popolazione generale di condizioni cliniche caratterizzate da un elevato rischio di manifestare un danno renale (ad esempio, diabete mellito di tipo II, sindrome dismetabolica, ipertensione arteriosa);
  • all’aumentata sopravvivenza dei pazienti comorbidi e complessi (che presentano non solo la malattia renale ma hanno almeno altre due o tre malattie, come ad esempio ipertensione, cardiopatia, ischemica, diabete, ecc).

Le attività di prevenzione nefrologica, la maggior disponibilità di mezzi diagnostici e terapeutici e la sempre più precoce presa in carico dei pazienti da parte dei nefrologi, hanno migliorato visibilmente la prognosi della malattia renale cronica. Questo consente spesso un rallentamento della sua progressione verso la malattia renale terminale, ritardando quindi l’inizio del trattamento sostitutivo inteso come dialisi e/o trapianto.

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