Droni per lo studio di emissioni vulcaniche inaccessibili

Drone ad ala rotante con strumentazione di campionamento (crediti foto: Mattew Wordell)

Roma, 6 novembre 2020 – Un team internazionale guidato dall’University College London (UCL, UK), che ha visto la partecipazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) con il gruppo di ricerca di Vulcanologia del Dipartimento DiSTeM dell’Università di Palermo, ha sviluppato e utilizzato una nuova tecnologia basata sull’uso dei droni per la misura dei gas vulcanici emessi dai vulcani attivi, dimostrando così che anche nei vulcani inaccessibili e pericolosi come il Manam (in Papua Nuova Guinea), i droni rappresentano l’unico modo per realizzare importanti misure per caratterizzarne lo stato di attività in condizioni in sicurezza. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances dell’AAAS (American Association for the Advancement of Science).

Oggi, la tecnologia offre agli scienziati i mezzi per condurre ricerche che prima erano solo un sogno. Ciò che apparentemente era fuori portata nel corso degli anni ora è raggiungibile, come dimostrato nel nuovo progetto internazionale Aerial-based Observations of Volcanic Emissions (ABOVE).

Questo progetto ha utilizzato tecnologie innovative, cioè droni (Unmanned Aerial System – UAS) con a bordo apparecchiature miniaturizzate di campionamento, per raccogliere misure di gas vulcanici presso i vulcani di Manam e Rabaul in Papua Nuova Guinea. Questi sono dei forti emettitori di gas, ma poco si sa su di loro perché i pennacchi sono di difficile accesso usando tecniche terrestri, specialmente in caso di eruzioni.

L’isola di Manam (crediti foto: Mattew Wordell)

ABOVE sta cambiando il modo in cui gli scienziati campionano le emissioni di gas vulcanici attraverso lo studio condotto nell’ambito del Deep Carbon Observatory, una comunità globale di scienziati impegnati in una ricerca decennale che punta a una migliore comprensione del ciclo naturale terreste del carbonio.

Sfruttando i recenti progressi nella tecnologia dei droni, gli UAS sono in grado di acquisire misurazioni aeree di gas vulcanici direttamente dai pennacchi. Questo progetto trascende i tradizionali confini disciplinari, riunendo scienziati, ingegneri e piloti per studiare alcuni dei vulcani più inaccessibili ma fortemente degassanti del mondo.

Nel mese di maggio del 2019, un team internazionale di scienziati ha intrapreso un’ambiziosa campagna di misure presso i due vulcani in Papua Nuova Guinea, entrambi tra i più prodigiosi emettitori di anidride solforosa sulla Terra e tuttavia privi di qualsiasi misurazione della quantità di carbonio emessa nell’atmosfera.

Il team comprende scienziati provenienti da Regno Unito, Italia, Stati Uniti, Papua Nuova Guinea, Svezia, Germania e Costa Rica. Il progetto unisce diversi gruppi che lavorano sulle misurazioni dei gas vulcanici tramite droni in tutto il mondo.

I gruppi hanno schierato vari tipi di drone (ad ala fissa, ala rotante e sistemi combinati) dotati di sensori di gas, spettrometri e dispositivi di campionamento per acquisire misurazioni vicino alle emissioni di anidride carbonica e altri gas. Le diverse metodiche sono state comparate per verificarne gli ambiti di impiego ottimale.

Il team italiano ha messo a disposizione la strumentazione geochimica sviluppata nei propri laboratori, per l’installazione a bordo di droni messi a punto da un team dell’Università di Bristol, sia ad ala fissa, più adeguati a voli su lunghe distanze e per fare misure di composizione attraversando i gas del plume, che ad ala rotante, più versatili per campionamento di gas in punti fissi.

L’integrazione dei sistemi è stata effettuata in stretta collaborazione tra i due team. Già dalle fasi preliminari del progetto un drone ad ala rotante completo di sensoristica geochimica e altra strumentazione portatile, sono stati lasciati a disposizione dell’osservatorio vulcanologico di Papua Nuova Guinea, il Rabaul Volcanological Observatory.

Utilizzando nuovi sensori di gas e spettrometri miniaturizzati, e progettando innovativi dispositivi di campionamento attivabili in maniera automatica, i ricercatori sono stati in grado di far volare droni fino a 2 km di altezza e 6 km di distanza e di raggiungere le inaccessibili aree dove eseguire le misurazioni.

Infatti particolarmente impegnativa è stata la campagna sul vulcano Manam, che ha un diametro di 10 km e un’elevazione di 1800 m sul livello del mare, con gran parte delle zone sommitali totalmente inaccessibili. Si trova su un’isola a 13 km dalla costa nord-orientale della Papua Nuova Guinea.

Questo vulcano era noto da misure satellitari essere uno tra i maggiori emettitori di anidride solforosa (SO2) al mondo, ma prima di questo progetto non si sapeva nulla sulla sua produzione di CO2, molto più difficile da misurare da lontano a causa delle alte concentrazioni nell’atmosfera di background.

Infine, proprio il rapporto di abbondanza tra queste le specie CO2 e SO2 risulta essere fondamentale per determinare la probabilità del verificarsi di un’eruzione, perché correlata con la profondità nella quale il magma risiede, ed entrambe le specie sono state rilevate durante le campagne di misura.

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Drones for the study of inaccessible volcanic emissions

Rome, November 6, 2020 – An international team led by University College London (UCL, UK), which saw the participation of the National Institute of Geophysics and Volcanology (INGV) with the Volcanology research group of the DiSTeM Department of the University of Palermo, developed and used a new technology based on the use of drones to measure the volcanic gases emitted by active volcanoes, thus demonstrating that even in inaccessible, active and dangerous volcanoes such as Manam (in Papua New Guinea), drones are the only way to implement important measures to characterize the state of activity in safe conditions. The research results were published in the American Association for the Advancement of Science (AAAS) journal, Science Advances.

Today, technology offers scientists the means to conduct research that was previously only a dream. What was apparently out of reach over the years is now within reach, as demonstrated in a new international project titled Aerial-Based Observations of Volcanic Emissions (ABOVE).

This project used innovative technologies, i.e. drones (Unmanned Aerial System – UAS) with miniaturized gas sampling equipment to collect volcanic gas measurements at the volcanoes of Manam and Rabaul in Papua New Guinea. These volcanoes are strong emitters of gas, but little is known about them because their plumes are difficult to access using terrestrial techniques, especially in the event of eruptions.

ABOVE is changing the way scientists sample volcanic gas emissions through research conducted by the Deep Carbon Observatory, a global community of scientists engaged in decades of research aimed at a better understanding of Earth’s natural carbon cycle.

Taking advantage of recent advances in drone technology, the UAS are able to acquire aerial measurements of volcanic gases directly from plumes. This project transcends traditional disciplinary boundaries, bringing together scientists, engineers and pilots to study some of the most inaccessible but heavily degassing volcanoes in the world.

In May 2019, an international team of scientists embarked on an ambitious campaign of measurements at the two volcanoes – in Papua New Guinea – both of the most prodigious sulfur dioxide emitters on Earth, yet lacking any measurement of carbon emitted into the atmosphere. The team includes scientists from the UK, Italy, the US, Papua New Guinea, Sweden, Germany and Costa Rica. The project unites several groups working on drone measurements of volcanic gases around the world.

The groups deployed various types of drones (fixed-wing, rotary-wing and combined systems) equipped with gas sensors, spectrometers and sampling devices to acquire measurements near the emissions of carbon dioxide and other gases, and the different methods were compared to verify the areas of optimal use.

The Italian team has made available the geochemical instrumentation developed in its laboratories, for the installation on board of drones developed by a team of the Bristol University, both fixed-wing, more suitable for long-distance flights and to make composition measurements by crossing the plume gases, as well as rotary wing, more versatile for gas sampling at fixed points.

Systems integration was carried out in close collaboration between the two teams. Already from the preliminary stages of the project, a rotary wing drone complete with geochemical sensors and other portable instruments were left at the disposal of the volcanological observatory of Papua New Guinea, the Rabaul Volcanological Observatory.

Using new gas sensors and miniaturized spectrometers, and designing innovative sampling devices that can be activated automatically, the researchers were able to fly drones up to 2 km high and 6 km away, and to reach the inaccessible areas where to perform the measurements.

In fact, the campaign on the Manam volcano was particularly challenging. The volcano has a diameter of 10 km and an elevation of 1800 m above sea level, with most of the summit areas totally inaccessible, and is located on an island 13 km from the Northeast coast of Papua New Guinea.

This volcano was known from satellite measurements to be one of the largest sulfur dioxide (SO2) emitters in the world, but before this project nothing was known about its CO2 production, much more difficult to measure from afar due to the high concentrations in the background atmosphere.

Finally, the abundance ratio between these CO2 and SO2 species turns out to be fundamental for determining the probability of the occurrence of an eruption, because it correlates with the depth in which the magma resides, and both species were detected during the campaigns of measure.

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