Disforia di genere: il percorso delle cure ormonali per riappropriarsi della propria identità

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Pisa, 6 dicembre 2017 – C’è un’equipe multidisciplinare e un lungo percorso assistenziale diagnostico-terapeutico, articolato in più fasi e che può durare anche degli anni, per tutte le persone con disturbo dell’identità di genere che hanno bisogno di una risposta assistenziale adeguata al loro bisogno di salute, sia che decidano di approdare all’intervento chirurgico di cambio sesso, sia che decidano di vivere la loro identità di genere con l’ausilio delle sole cure ormonali, unitamente alla rieducazione vocale e al supporto psicoterapeutico.

In Toscana questo programma è stato strutturato a Pisa in un percorso assistenziale integrato – “disforia di genere”, di cui è responsabile il dottor Girolamo Morelli, urologo – che coinvolge diverse figure professionali e che ha portato, nelle settimane scorse, anche al primo duplice intervento di conversione gino-androide con una tecnica microchirurgica innovativa.

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Dott. Domenico Canale

L’obiettivo, perseguito negli anni, è stato infatti di creare una gestione multidisciplinare della problematica (che coinvolga psichiatra, endocrinologo, chirurgo generale, urologo, anestesista, ginecologo, chirurgo plastico, radiologo, urodinamista, otorinolaringoiatra, chirurgo maxillo-facciale) in modo da garantire elevati standard assistenziali in tutte le fasi del percorso, sia per chi decide di intraprendere la strada chirurgica sia per chi propende per una scelta non interventistica. In tutti i casi per assicurare un adeguato follow-up a tutti i pazienti in carico.

“Il compito di noi endocrinologi – spiega il dottor Domenico Canale, responsabile delle cure ormonali all’interno del percorso – è di comprendere quali siano le reali esigenze dei nostri pazienti che ci vengono inviati dal Consultorio di Torre del Lago e, in base a quelle, offrire la risposta più adeguata. Il primo approccio avviene in genere con lo psichiatra, per inquadrare appunto la tipologia del disturbo e l’eventuale indicazione al trattamento assistenziale. Non tutti poi se la sentono di affrontare il percorso chirurgico, che comporta più interventi, ma anche coloro che decidono di conservare i propri organi genitali e di intraprendere solamente il percorso ormonale, si sottopongono comunque a un ciclo di terapie che dura alcuni anni”.

“Nel caso della somministrazione di ormoni maschili – prosegue Canale – abbiamo notato ad esempio che alcuni pazienti si accontentano della comparsa della peluria e della progressiva trasformazione del fisico dal punto di vista muscolare e rinunciano all’intervento, che garantisce indubbiamente risultati differenti, così come coloro che assumono estrogeni per l’aumento delle ghiandole mammarie e dei fianchi. Si limitano quindi a intraprendere un adeguato programma di allenamento e modellamento fisico e vengono presi in carico dagli specialisti otorinolaringoiatri della foniatria e dai logopedisti, per la rieducazione vocale, che è più complicata nel caso dei pazienti che scelgono la somministrazione di ormoni estrogeni. Indurire il timbro vocale è infatti meno difficile dell’addolcimento, una volta superata la pubertà. Ricondurre una voce maschile su binari più acuti e muliebri non è infatti semplice e occorre un accurato programma di rieducazione fonetica”.

“Ci sono poi – prosegue Canale – gli aspetti legati all’accettazione sul posto di lavoro. Molti dei nostri pazienti subiscono ancora delle forme di mobbing da parte di chi non accetta la loro nuova identità di genere, e in questo caso è fondamentale il supporto psicologico o psichiatrico. La nostra attenzione di endocrinologi tuttavia è rivolta agli effetti collaterali delle terapie ormonali sul lungo termine. E’ nota infatti fra questi l’osteoporosi così come alcune problematiche legati agli aspetti trombofilici”.

“Gli studi attuali sui quali stiamo focalizzando la nostra attenzione sono però gli effetti, sugli organi genitali, della somministrazione di ormoni ‘contrapposti’ in quei soggetti che non optano per l’intervento ma scelgono di conservarli, e la sensibilità periferica degli organi impiantati in termini di conduzione dello stimolo dal punto di vista neurofisiologico, in collaborazione con i colleghi della Sezione di Neurofisiopatologia”, conclude Canale.

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