Demenza: intelligenza artificiale per il riconoscimento precoce e la riduzione dei fattori di rischio

L’Università di Perugia partecipa al progetto Lethe, finanziato dalla UE con 6 milioni di euro

Gruppo di Gerontologia e Geriatria

Perugia, 5 febbraio 2021 – La sezione di Gerontologia e Geriatria del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia, diretta dalla prof.ssa Patrizia Mecocci, è partner del progetto europeo Lethe, finalizzato a elaborare un modello personalizzato predittivo e di intervento per il riconoscimento precoce e la riduzione dei fattori di rischio per la demenza, grazie all’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico.

“Scopo di questa ricerca innovativa – spiega la professoressa Mecocci – è quello di creare un sistema di monitoraggio ‘intelligente’ e ad alto contenuto tecnologico in grado di aiutare il soggetto anziano a migliorare il proprio stile di vita attraverso modalità molto personalizzate e per questo più adeguate alle esigenze e ai gusti di ogni persona. Fare prevenzione per impedire l’insorgenza di disturbi cognitivi, quali la perdita della memoria, si può e si deve fare”.

Prof.ssa Patrizia Mencocci

“Oggi – prosegue la scienziata – la tecnologia ci aiuta in maniera efficace, con sistemi poco intrusivi o invasivi, indicandoci quali sono le attività più adatte per il controllo della salute e per impedire la comparsa di patologie gravi”.

“Sono molto felice ed entusiasta che l’Università degli Studi di Perugia faccia parte di questo progetto, che apre prospettive nuove nella lotta contro la demenza – conclude la professoressa Mecocci – e soprattutto apre alla città di Perugia e alla Regione Umbria anche la possibilità di entrare nell’ambito della grande rete internazionale di centri di ricerca e cura per le demenze e la fragilità nell’anziano, il ‘World Wide Fingers’. Mi auguro, quindi, che questo sia solo il primo passo per un’attività molto più ampia, in grado di coinvolgere varie figure istituzionali, al fine di proporre percorsi di salute ad una popolazione sempre più anziana come quella umbra”.

Il progetto quadriennale Lethe, finanziato con sei milioni di euro nell’ambito del programma di ricerca europeo Horizon 2020, vede coinvolti centri clinici specializzati nella prevenzione, diagnosi precoce e cura delle demenze – insieme alla Gerontologia e Geriatria di Perugia, ne fanno parte la clinica Neurologica dell’Università di Vienna, il Karolinska Institutet di Stoccolma e l’Istituto Finlandese per la Salute ed i Servizi Sociali di Helsinki – e centri tecnologici di ricerca avanzata sui modelli di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico.

È ormai noto come, a livello mondiale, con l’invecchiamento della popolazione il numero di persone che si ammala di demenza stia progressivamente crescendo. Attualmente non ci sono ancora terapie farmacologiche efficaci in grado di curare la demenza, una delle malattie più invalidanti nella popolazione anziana, ma da numerose evidenze scientifiche appare sempre più chiara l’importanza di agire precocemente su vari fattori di rischio per poterla prevenire.

Lethe rappresenta l’evoluzione in senso tecnologico dello studio ‘Finger’, nato per individuare le strategie più efficaci di prevenzione della demenza. Il Finger – Finnish Geriatric InterventionStudy), iniziato nel 2009, si propone di individuare soggetti con condizioni di rischio potenzialmente modificabili (come obesità, diabete, ipertensione arteriosa), sottoposti ad attività di stimolazione cognitiva, controllo alimentare, attività fisica, attività sociali.

I risultati, già al primo follow-up a due anni, hanno evidenziato un miglioramento delle funzioni cognitive nei soggetti partecipanti a questi gruppi di lavoro rispetto ad anziani seguiti in maniera standard, mostrando come un’azione costante e mirata a modificare lo stile di vita possa ridurre il rischio di demenza.

Partendo da questi presupposti, lo studio Lethe si propone di individuare i principali fattori predittivi di demenza analizzando, grazie ai sistemi informatici più avanzati, alcuni grandi set di dati clinici raccolti su popolazione anziana per definire dei “biomarcatori digitali” che permettano di riconoscere con grande anticipo e con maggiore precisione i soggetti più a rischio di ammalarsi.

Una volta conclusa questo tipo di analisi verranno proposti a un gruppo di persone reclutate nei quattro centri clinici una serie di sistemi di monitoraggio sia attivi (ad esempio eseguendo ogni giorno attività di stimolazione cognitiva al computer o dettagliando in  programmi informatizzati l’alimentazione seguita) che passivi (registrazione dell’attività motoria o dell’elettrocardiogramma mediante specifici sensori).

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